Caldo, fa troppo caldo, che caldo! si muore con questo caldo. Si lamentano i clienti in un piccolo ristorante di Milano. I camerieri sono tutti sudati e il titolare cerca di capire come mai l’aria condizionata non rende fresco il locale come gli altri giorni.
Fuori c’è una fila di gente, che aspetta un tavolo per cenare, c’è chi perde la pazienza e va via parlando stentatamente. Ci sono una marea di stranieri che aspettano fuori pazientemente ma qualcuno cerca di capire i tempi d’attesa. Spunta davanti alla casa un uomo alto e robusto con la barba grigia e lunga, vestito in giacca e cravatta, era tutto sudato: sembrava una montagna sotto la pioggia. L’addetto alla cassa alza lo sguardo cercando di guardarlo negli occhi: come posso aiutarla? Lui gira la testa alla sua sinistra, si sente una voce molto dolce e gentile: Do you speak english? (parla inglese?) chiede l’uomo gigante. Non capisco molto risponde l’addetto alla cassa. Parlez-vous français? (parla francese) No, non parlo francese. Tu hablas español? (parli spagnolo?) Capisco ma poco. Il signore scuote la testa in segno di nervosismo e articola parole indecifrabili… sicuramente stava parlando in lingua araba. Ma la sua voce ora era molto più potente. L’uomo alla cassa fa un mezzo sorriso come se volesse scusarsi per non essere stato in grado di capire la sua lingua. La voce dell’uomo si trasforma di nuovo e si sente dire. Ok, ok non si preoccupi io parlo un po’ la sua lingua, ma il mio italiano non è molto corretto. In ogni modo, è più di trenta minuti che aspettiamo un tavolo…. Volevamo sapere se il tavolo era pronto. Siamo stanchi…. Per favore. Ci dica di si. L’addetto alla cassa sembrava sconvolto non sapeva dove girare la testa….. balbettando dice: si, si, si prego, prego signori il vostro tavolo è pronto.
Il vostro tavolo!!! Quindi non era l’uomo gigante che sbagliava l’italiano parlando in plurale, non era da solo. Lui che si sposta verso il tavolo all’angolo della sala e dietro di lui camminava una donna di piccola statura vestita di nero. Un vestito lunghissimo. Cercai di vedere il suo viso ma il mio sguardo si fermò alla luminosità di un gigante diamante che danzava nelle mani della donna. Il viso della quale era completamente coperto da un “burqa” “un velo che ricopre tutto il viso” Non era la prima volta che vedevo una donna con il burqa ma la prima che la vedevo mangiare al ristorante. Da sempre mi sono chiesto: ma come fa una donna che porta il burqa a mangiare fuori casa per esempio al ristorante? E ora era la. Seduta davanti a me ad ordinare spaghetti alle vongole e coca cola light. Per evitare lo sguardo del titolare del ristorante che era in caccia continua di posti liberi per gli altri clienti invitò il cameriere a portarmiun dolce e dopo un caffè. Intanto i signori erano serviti. Lui ringrazia con un lieve movimento della testa mentre Leidice: grazie. Aggiungendo anche la parola mille. Apre la sua borsa (l’ultimo modello, firmata Louis Vuitton), prende una cannuccia abbastanza lunga e senza spostare il suo burqa comincia a bere la sua coca cola light. Dopo aver aggiunto un po’ di formaggio grattugiato l’uomo comincia a mangiare i spaghetti. La donna continuava a girare la forchetta nel piatto colmo di spaghetti. Appena alza la mano sinistra per spostare in avanti di qualche centimetro il burqa, il suo diamante ricomincia a danzare. Con la forchetta era riuscita ad incastrare qualche spaghetto ma appena alza la mano i spaghetti scivolano dalla forchetta e ricadono nel piatto. Lei lascia cadere il burqa alla posizione di prima. Il diamante ferma le danze e lei ricomincia a girare la forchetta tra i spaghetti senza segni di nervosismo. Riprova di nuovo, la mano sparisce dietro il burqa ma i spaghetti ricadono di nuovo nel piatto. Dice qualcosa nella sua lingua e l’uomo alza lo sguardo dal suo piatto ormai vuoto. Sicuramente avrà detto qualcosa sul fatto che gli italiani lasciano i spaghetti interi e sempre un po’ al dente. L’uomo fa un sorriso, che sembrava una smorfia. Prende il suo piatto di spaghetti e comincia a mangiare. Lui alza la mano e lei chiede al cameriere di prepararli il conto. Si alzano. Lui ringrazia con un lieve movimento della testa mentre lei dice grazie mille aggiungendo anche buona notte.
Sbalordito di fronte ad una scena di questo genere in mente mi vengono le parole di una donna musulmana, Shirin Ebadi, avvocato, premio Nobel per la Pace nel 2003. Intervistata da Radio France Info, la dichiarazione del Comitato per l’Islam italiano, il governo italiano e l’esame delle proposte di legge che vorrebbero vietare espressamenteutilizzo inpubblico di veli integrali come burqa e niqab. Èagosto, eppure il mese di settembre mi sembra lontano, molto lontano.