Marta era una ragazza bionda con occhi color del cielo. Aveva dieci anni e le piaceva sognare. Non sognava il principe azzurro sul cavallo che la portava in un grande castello, ma sognava di avere un paio di scarpe decenti per andare a scuola, oppure una maglietta più pesante per far fronte al freddo dell’inverno. Viveva in campagna con i genitori e i suoi tre fratelli più piccoli: Vera che aveva sei anni, Gjin quattro e Drita due.
La loro abitazione era molto piccola, ma in compenso sul davanti si apriva un cortile enorme. Ai due lati del cortile, fino alla porta di casa, si allineavano molti fiori variopinti in “perfetta salute”, nonostante l’arrivo dell’autunno e delle piogge. Le foglie degli alberi stavano cambiando colore e ogni tanto qualcuna si staccava dal ramo e roteando si posava a terra. Marta adorava affacciarsi alla finestra e guardare i cambiamenti che l’arrivo di ogni stagione portava con sé.
Sarebbe stata così, ferma, con il nasino appiccicato alla finestra ore e ore se non fosse stata richiamata ai suoi doveri. Ogni giorno doveva sbrigare i lavori di casa, badare ai suoi fratelli e studiare, perché la scuola era ormai iniziata quasi da un mese. La mamma di Marta era ammalata e non poteva alzarsi dal letto. Era dimagrita molto e mangiava poco. Toccava sempre a Marta prendersi cura di lei, darle le medicine che il medico le prescriveva e aiutarla a cambiarsi quando sudava.
In casa avevano già acceso la stufa a legna perché le due stanze in cui abitavano, con le piogge d’autunno, diventavano sempre più umide e fredde. Una delle stanze, la cucina, dove c’erano due divani e un tavolo, non veniva quasi utilizzata quando iniziava il freddo. Infatti, la camera da letto, dove dormivano tutti insieme, serviva anche da cucina. Di fronte alla porta c’erano quattro letti uniti; quello della mamma era un po’ in disparte per dare la possibilità di passaggio. Vicino alla porta c’era un vecchio tappeto di lana, sdrucito e scolorito, su cui si sedevano tutti i componenti della famiglia formando un cerchio: Lì, il papà e Marta servivano il pranzo o la cena.
Il papà, di nome Fran, non aveva un lavoro fisso e il più delle volte si occupava dei terreni, dove coltivava le verdure di stagione per mantenere l’intera famiglia. Marta si svegliava sempre alle sei del mattino e, prima di andare a scuola, doveva mungere la mucca, far bollire il latte e darne un bicchiere ai suoi fratelli. Tutti in famiglia amavano quella mucca che viveva con loro da quando era nata Marta. L’avevano chiamata Bianca, proprio perché era bianca come il suo latte. Bianca produceva molto latte, tanto che Fran poteva ricavarne il burro, il formaggio e lo yogurt.
Marta ogni mattina, quando andava da Bianca, le parlava: le raccontava come era andata la giornata precedente, come se la cavava a scuola e com’erano orgogliosi di lei i suoi genitori. Nonostante non avesse tanto tempo per studiare, era sempre molto preparata perché stava attenta quando le maestre spiegavano la lezione. Marta, una mattina, aveva persino confidato a Bianca il desiderio di poter avere il paio di scarpe che aveva visto esposto nel negozio del paese. “Oh come sonno belle, sono rosa, lucide e hanno intorno delle meravigliose margheritine bianche… e poi sembrano così calde! Penso proprio che quelle scarpe non lascerebbero filtrare l’acqua che bagna i miei piedini… Tu lo sai Bianca come è la strada del nostro villaggio, non è asfaltata ed è piena di pozzanghere”. Bianca la ascoltava in silenzio e ogni tanto sembrava che avesse le lacrime agli occhi.
Una sera papà Fran tornò a casa con una sorpresa. Teneva fra le mani una piccola e magra pecora. Marta, che insieme ai fratelli, si erano già messi a letto e stavano ascoltando le fiabe che la mamma raccontava loro, saltarono immediatamente giù dal letto entusiasti e presero la pecorella tra le braccia. “Dove l’hai presa papà?”- chiesero i bambini in coro. “Me l’ha regalata un mio amico… si chiama Poli, la sua mamma non riusciva più ad allattarla… Marta, puoi occupartene tu? Tesoro, lo so che devi già sbrigare tante cose e che i tuoi fratelli sono piccoli e non possono aiutarti, forse Vera ti potrebbe dare un piccolo aiuto” – disse il papà – “Se teniamo Poli con noi almeno un anno, la possiamo poi vendere e per il prossimo inverno non dovremo preoccuparci troppo di come guadagnare i soldi per comprare la legna, i libri e i quaderni per te e per tua sorella.
Tu sai che Vera il prossimo anno inizierà il primo anno di scuola” – continuò il padre. “Si papà, stai tranquillo, me la caverò benissimo”- rispose Marta entusiasta. “ Ho comprato un biberon e per un po’ di tempo, almeno finché non si sarà ripresa, le daremo un po’ del latte della nostra Bianca” – aggiunse suo padre. A Marta piaceva occuparsi degli animali. Ma Bianca non era l’unico animale a vivere in quella casa, c’erano anche dieci galline che ogni giorno facevano uova fresche, tre galli che cantavano ogni mattina alle cinque, alcune papere che si tuffavano nelle pozzette d’acqua che il papà aveva scavato per loro e due maialini, sempre sporchi di fango, specialmente quando d’estate Vera bagnava i fiori o gli alberi da frutta. Loro si sdraiavano proprio lì, dove il terreno era più umido e si rotolavano sporcandosi completamente.
Così Marta iniziò ad occuparsi anche della piccola Poli. Il suo compito però, si rivelò molto più difficile di quanto lei pensasse. Ma non si perse d’animo, anzi, fece coraggio a sé stessa, in fondo Poli ricambiava la sua fatica con tantissimo affetto. Erano diventate proprio due grandi amiche. Di notte Poli dormiva vicino alla porta della camera da letto, al mattino seguiva Marta quando andava a mungeva la mucca, attendeva con pazienza il turno per bere la sua porzione di latte con il biberon, la seguiva quando faceva i lavori di casa e aspettava impaziente fino a quando Marta tornava da scuola.
Quando Marta aveva un po’ di tempo si sedeva con Poli sul tappeto vicino alla stufa e le leggeva alcuni versi di poesie di grandi scrittori albanesi come Naim Frasheri e Fan Noli; una volta lesse a Poli una novella di Migeni che si intitola “Il Piccolo Luli” e che narrava così: “…..
Quando Luli entra nel cortile della scuola sorride, non parla con nessuno; cammina pian piano guardando a destra e sinistra finché arriva nel suo angolo. Gli piace molto stare vicino alla porta del cortile della scuola. Quello è il suo angolo dove viene scaldato dai tiepidi raggi del sole nei giorni autunnali. Si appoggia contro il muro, mettendosi in tasca i piccoli pugni, e girando verso il sole il piccolo naso arrossato… e guarda. La cosa che attira maggiormente la sua attenzione sono gli stivali di alcuni dei suoi amici. “Oh come sono belli! E come splendono!” – pensa Luli e, istintivamente, i suoi occhi si soffermano sulle sue scarpette, nelle quali sono ben visibili le cinque dita dei piedi. Spinto dalla curiosità si avvicina ad un amico, quello che ha gli stivali più nuovi e così lucidi da rispecchiare i suoi piedi quasi nudi. Ma quando il suo amico si allontana, Luli torna nel suo angolo al sole per scaldare i suoi piedi. Ogni tanto Luli si avvicina al suo insegnante e lui gli accarezza il viso e il mento. Luli gli prende la mano e lo guarda con gli occhi di un colombo, vorrebbe regalargli qualcosa, ma cosa può regalare al suo insegnante? Le viole non ci sono più, potrebbe regalargli soltanto le sue scarpette, che hanno come aperto la bocca, quasi volessero mangiare il suo maestro. Sì sì, proprio così, le sue scarpette mangeranno il suo insegnante…” Alzò gli occhi dal libro e si girò a guardare Poli, la quale aveva appoggiato dolcemente la testa sulle sue gambe con lo sguardo rivolto verso le scarpe della bambina. La piccola Poli aveva gli occhi lucidi e Marta non riuscì a capire se era per la storia di Luli appena letta, oppure se erano le sue scarpe a far diventare triste Poli.
Il papà arrivò a casa di cattivo umore e disse a Marta che non doveva più dare il latte a Poli, perché ormai si era ripresa bene e inoltre il latte non bastava più per tutti. “Ok papà” aveva risposto Marta un po’ dispiaciuta. Fran infatti aveva già buttato via il biberon. Il mattino seguente, Poli seguì come sempre Marta aspettando impaziente la sua porzione di latte, ma notò con grande dispiacere che il biberon era sparito. Guardava ogni movimento di Marta, ma era inutile, lei non la degnava neanche di uno sguardo. Quando Marta finì di mungere la mucca chiamò Poli, le mise davanti una pentola con qualcosa che lei non aveva mai mangiato prima d’ora. Poli si rifiutò di mangiare il suo nuovo cibo. “Va bene” – disse Marta – “hai vinto tu… adesso ti darò un po’ di latte, però non lo deve scoprire papà, altrimenti saranno grossi guai per tutti e due”.
Marta le insegnò come mettere la testa sotto il seno di Bianca e Poli bevve il suo latte direttamente dalle mammelle della mucca. Giorno dopo giorno l’inverno fece la sua comparsa. Poli cresceva in modo incredibile, ma il latte non era più sufficiente per tutta la famiglia e il papà iniziò a domandarsi perché il latte non bastasse più. “Fa freddo, papà, e Bianca non produce più tanto latte come prima” disse Marta innocentemente. Però Fran non fece capire a sua figlia che aveva dei forti dubbi. Un giorno, si nascose dietro casa e seguì Marta e Poli mentre andavano da Bianca e vide quel che aveva già sospettato: la prima a fare colazione era proprio Poli e quel che ne rimaneva, era per il resto della famiglia. Il papà decise di non dire nulla a Marta, ma pensò che era arrivato il momento di vendere Poli.
Quando lei, venne a sapere della decisione del padre, si disperò talmente tanto che non riuscì più a mangiare e a trattenere le lacrime. Il papà lasciò in casa Poli fino all’inizio dell’autunno, facendo grandi sacrifici per sfamare la famiglia. Era una bellissima giornata quando lui uscì di casa con Poli e tutta la famiglia salutò la pecora. Marta invece non volle uscire per salutarla. Si era chiusa in casa, piangeva e pregava che Poli non venisse comprata da nessuno. In fondo lei sapeva fin dall’inizio che Poli non poteva rimanere per tanto tempo con loro. Solo Bianca era rimasta così a lungo. Ma si era affezionata troppo alla pecorella, in fondo bevevano lo stesso latte, no?
Il Papà andò a Pazar (mercato degli animali ) e, in meno di un’ ora, era già di ritorno. Marta si accorse immediatamente del ritorno del padre e uscì di corsa pensando che Poli fosse con lui, ma l’uomo, invece della pecora, teneva tra le mani un bellissimo paio di scarpe nuove, proprio quelle che Marta aveva visto esposte nel negozio l’autunno precedente: le tanto ammirate scarpette rosa lucide con le margheritine bianche che lei aveva desiderato tanto. Rimase sorpresa e si chiese come aveva fatto il papà a sapere che le piacevano proprio quelle scarpe, visto che quel desiderio l’aveva espresso solo a Bianca e a Poli…?!