Infanzia. Eh,quella passò così, in un batter d’occhio. Passò in fretta, passò al volo. Passòcome un palloncino che lo fai alzare su in aria per passarlo a un amico,per passarloa un altro mondo, dove non sei più la fanciulla ”capricciosa“ e “ubbidiente” dove non sei più il “pulcino” senza ali.
Anzi, cerchi di emergere dal vortice delle coccole e della protezione,cerchi di sbattere le ali e volare, cerchi di respirare là dove ce più aria: nel tuo orizzonte, cheèsolo tuo. In quell’orizzonte dove vedi e senti gli uccelli che volano cantando. Sono i tuoi amici! Che bello! cielo blu con nuvole bianche! E laggiù mondo della gente buona e felice! Terra sbocciata con l’aroma d’ amore e bontà………
Così era la mia infanzia, piena di fantasia ,delicata, bella e semplice.
Educata da genitori semplici ma, con alti ideali per la vita. Ero orgogliosadiloro, di me stessa ,dell’Albania! Lentamente crescevo in statura e temporaneamente anche nei desideri di una ragazza adolescente. Che cosa stava succedendo? Dove sono quei sogni infantili? Immaginazione? Fantasia?Mi sono resa conto che dovevo dare ragione a miopadre quandomi diceva: Stai con i piedi per terra! Sì.. i miei piedi erano a terra,,, solo che la distanza dalla terra alla testanon era più quella di un infante.
Il cuoremi batteva in modo diverso,lo sguardo più profondo, il sangue pulsava,ogni volta che mi passava davanti lui, quel ragazzo con lo sguardo così dolce, così semplice, così magnanimo!Ogni giorno, ogni minuto mi chiedevo: Che cosa significa questo? Perché la presenza di lui mifa scoppiare il cuore? Stavo crescendo, questo lo sapevo, non ero più la fanciulla che videil mondosorpresa. Capivo cosa volevo e quello che cercavo. Ero alla ricerca dell’amore L’avevo trovato lì, negli occhi di quel ragazzo simpatico, vedevo me ,negli occhi suoi ,leggevoil mio nome scritto nel suo sorriso..
Adolescenza mi si è presentatacon amore. E’ venuta lentamente, tacitamente, mi si è piantata nell’’anima, mi si è gessata, mischiata aidesideri e agli ideali dell’età che stavo vivendo. Amavoscrivere, crearepoesie, dicevano che avevo talento. Non so se scrivere ciò che ti dice il cuore significa aver talento. A meil cuore parlava tanto. Amavo il mondo che mi circondava ,le mie amicizie, la scuola, i parenti ,la famiglia, ma ,più imponente infinito amore ,era quello per il ragazzo che avevo appena conosciuto. Era la fonte della vita che scorreva e degli anni che fuggono..
E gli anni fuggirono, fuggirono, fuggirono …Improvvisamente mi trovai senza aria, senza sangue, senza anima! Un pezzo di ghiaccio. Una pietra! Cadde un fulminespietato. Bruciò tutto!? Non rimase più nulla, se non la cenere di quell‘amore così dolce e fragile. E forse, nemmeno essa! È sparita trai raggi del sole.
Non seppi più nulla, sapevo solo che non c’era più ,némondo, né sole, né cielo, néuccelli e né fiori.
Avrei voluto tornare nella mia infanzia! Girai il capo all’indietro, allungaile mani per catturarla, era scivolata in un profondo precipizio. In quel precipizio in cui, tempo prima,mi sentivo così felice. Certo, perché ero piccola e i piccoli non capiscono il buio del tempo in cui vivono. Sono felici e basta. Vicino alla gente che li ama, che liaccarezza, che si preoccupa di loro.Vivevamoin un tempo in cui i più bei sentimentinon si potevano coltivare perché era una “vergogna” ,tra questi, l‘amore per un ragazzo. Questo è successo a me.Cadde una lapide pesante sul mio amore. Pressioni, pensieri ignobilimi stavano massacrando l’anima. Ogni giorno che arrivava e andava ,mi giungeva e sfuggival’immagine di un amoreche mi ha imposto la società in cui vivevo. All’ improvviso, sentiiqualcosa che mi scivolò, che mi si ruppe.
E sbagliai! Scivolai sulla slitta della mia vita cadendo a pezzi. Scivolai negli artigli di un amore che non conoscevo. Non era delicato, nédolce ,né sincero. Non era lo sguardo intenso e puro di cui ero innamorata. Dove ero? Ero rinchiusa in una gabbia d’amore violento. Ero costretta ad amare il marito che oramai mi stava accanto. Grida atroci mi facevano detonare le orecchie …La vita matrimoniale fluì senza eventi. Non c’era ragione per eventi rari. Mi sentivo un uccello con il mozzafiato, in un paio di mani che mi stringevano forte per non volare. Dentro di me, bello solo il ricordo del primo amore!Fuil Maggio del 93, quanto senti una dolce calda sensazione nell’ anima ghiacciata, un fuoco delicato ,che sciolse il mio cuore. Era la mia piccola Laura!Ondata di gioia enorme, ondata di felicità!D’ora in poi sarei stata fortemente innamorata della più dolce creatura del mondo:mia figlia!Nel frattempo avevo finito l’università e lavoravo comeinsegnante di scuola primaria. Facevo anche la collaboratrice esterna presso l’università della città, dove abitavo. Non volevo di più dalla vita. Avevo illavoro e la mia Laura! Ei giorni, i mesi ,gli anni scorrevanosemplicemente, con l’amore per illavoroche stavo facendo, e l’amore per mia figlia. Volevo per lei una vita migliore dalla mia, una vita, dove sei tu a scegliere cosa è meglio per te ,cosa vuoi fare! Magari, non ero l’unica che la pensava così. L’Albania stava evolvendo.. non vivevamo più glianni d’isolamento profondo! La gioia del cambiamento mi ha fatto entusiasta, fedele, e orgogliosa.
Moltiventi soffiano ,e formano sul marele onde giganti, nel cielo macchie grigie vi s’incidono. Moltiventi soffiano, gli uccellisi nascondono nei loro nidi, e ai fiori cadono i petali. Così fu con la mia vita. Arrivòunmomento in cui sentii, amara e dolorosa,la rabbia verso il mio popolo. Mi colpì al petto furioso fino lì, dove sentì dolore spinale, tremore, lacrime, ansia.
Stava uccidendo il fratello,suo fratello! L’amico, suo amico! Era l’anno 1997, l’anno in cui ho maledetto il giorno in cui ero nata, chemi ha suscitato il terrore. I minuti passavano con gli spari di fucili. Contavo le ore, contando gli spari dell’orrore!Continuavoad andare a lavorare tutti i giorni, anche rischiandola vita! Non solo per il pane quotidiano, ma anche ,perché in quei banchi mi aspettavano i miei cari alunni!Andavo a piedi, a quei tempi non c’eranole macchine e in bicicletta non sapevo andare. Due chilometri di andata e diritorno, camminando di fianco alle case per essere protettadai proiettili che cadevano sul capo come grandine.
Mi sovrastava la malinconia quando negliocchi dei miei piccoli alunni leggevo dolore, dolore perché qualcuno aveva perso la madre, qualcuno il padre, il fratello, lo zio …Leggevo quegli sguardi delicati, dagli occhi infantili, e mi tremava l’ anima;-Perché non hai studiato oggi Alban?Silenzio…quegli occhi rotondi di color mare si abbassarono giù. Non rispose, ed io immaginai la risposta: “la mamma piange tutto il giorno, il babbo che non c’è più! Nonho quaderni, penna da scrivere esono molto affamato!”Era questo la sua tacita risposta. Non possomai dimenticare quegli occhi stanchi, senza luce!Gli andaivicino dicendo:Oral’insegnante ti darà la carta ,lamatita, e oggi impareremo insieme ok?Senzaok, senza parole, un rapido movimento degli occhi, diedero luce alla faccina innocente e minuscola, muscoli di essa contrattiin un sorriso che rimase lì tutto il giorno!E per tutto quel giorno, pensai, pensai. Pensai al destino disgraziatodel mio popolo, per secoli sottomesso …Vedevosolo buio nel futuro, nel suo e nel mio futuro! Oh, come avrei voluto avere un pugno potente, per far sparire per sempretutti quei pensieri oscuri chel’anima miaffliggevano.
Oh come avrei voluto avere una mano d’ acciaio per poter afferrare l’angoscia crudele!! E a un tratto decisi, decisi di prendere la strada ,la strada della fuga, come mio fratello, tanti anni prima. L’unica strada che mi poteva salvare dai tiri dei fucili, dalla paura del futuro!E i pensieri impazzitiruotavano per le azioni impazzite, stavo lasciando la miapatria per trovare rifugio in un luogo sconosciuto,dove, come dicevano tanti,c’è pace, libertà, tolleranza, dove la donna non si pestava col piede, dove i bambini sono felici. Questa felicità dovevo abbracciarla, stringerla, perché era la felicità che volevo donare a mia figlia!Partii … con gioia e ansia contemporaneamente. Partii, non girai la testa indietro,diedi a tutti un bacio asciutto ,avevo timore di baciarli con passione … e promisi al mia figlia, un ricongiungimento al più presto. Non girai la testa,no! Senti solo voci di saluto. Non girai la testa all’indietro perché queste voci entrarono in me e mi corrodevano fortemente l‘anima, il mio torace era pieno di lacrime, stavo soffocando dall’amaro abbandono delle persone che amavo più al mondo, la mia gente, la mia Patria! Eranolacrime velenose, che mi lasciarono senza respiro,che mi stavano portando via la vita. Non volsi il capo no!Le gambe mi tremavano, le sentivo di legno, mi era rimasto impresso il grido di mia madre: “Buona Fortuna!”Atterrai in una nuova terra, non ne sentivo la sua consistenza. Sentivo freddo,mi sembrava una terra gelata.
Ma dentro di me, ci fu un fuoco e quel fuoco mi riscaldava, mi ha fatto riprendere, mi ha dato coraggio, era il fuoco della promessa che feci a me stessa: Io ho diritto ad una vita felice!Ed ero proprio lì. In quel luogo sconosciuto che avevo scelto ormai, per creare il mio futuro felice. Nel luogo dove molti e molti Albanesi avevano scelto di lavorare e vivere.
Feci un sospiro profondo, mi piaceva l’aria! Aprì gli occhi per vedermi intorno, mi piaceva l’immagine! Camminavo e piano piano, osservando, mi convinsi di aver fatto la scelta giusta. Avevo lasciato un’Albania sofferente, frammentata. Ho trovato un luogo bellissimo, ricamato dalle mani dell‘uomo. Camminavo e non inciampavo. Erano belle strade, edifici, negozi … Camminavoe volevo dare la mano per salutare a tutte le persone che incontravo lungo il mio percorso. Li vedevo negli occhi così, timida, frastornata, felice … Inutile! Nessuno ha rivolto l’attenzione verso di me. Nessuno ha ricambiato il sorriso che gli avevo donato. All’improvviso vidi un sorriso,che mi si aggrappò gli occhi, mi è venuto vicino,un sorrisofamiliare, da tempo che non lo incontravo: era il sorriso di mio fratello.
Eranoanni che non vedevo mio fratello. Era lui quello maggiore. Mi ha coinvolto la grandezza di una nostalgia. Mi ha calmata la suapresenza ,le sue parole dolci, il sorriso semplice, e minutrii della sua serenità!Giunse la notte. Nottemischiatatraconfusione e immaginazione! Davanti a me sorridente,triste,c‘era il ritratto di mia figlia.
Quel ritratto che non mi è mai sparito. Erascritto conlelettere d’oro!Con gli occhi chiusi, illuminava.
Con gli occhi aperti emanava gioia di vivere.
Ho chiuso gli occhi stremata,… stremata dal viaggio, stremata di pensieri, dalla gioia e l’entusiasmo di unavitabella che mi aveva aperto le braccia.
Quella notte mi portò un nuovo mattino! Un mattino pieno di luminosità con lo sgelamento della neve dall’inverno lungo ed addormentato. Aspettavo quel mattino! L’aspettavo per liberarmi dalle braccia rigide dell’inverno arrabbiato. Ed esso è arrivato, mi è entrato nell’anima con grazia. Bussò nella finestra in cui dormivo: “Svegliati, svegliati, mi disse.” Aprii lepalpebre pesanti dal sonno. Mi catturò subito l’emozione un nuovo risveglio! Ohmeraviglioso mattino!.esso mi consentìtutto! Caldeggiavo i colori dell’arcobaleno nel petto,ho sussurrato agli uccelli ed essi vennero volando. Mi uniial lorocoro frenetico. Alzai lo sguardo nell’orizzonte senza fine, allungai la mano, per toccarlo. Non stavo sognando no! Ero lì, in quelnuovo letto. Mi rivoltai a salutare Laura, a coccolarla, la cercai…. e non la trovai..percepii tremando i molti kilometri che ci dividevano…
Non volevo perdere tempo, dovevo trovare un lavoro, qualsiasilavoro che mi permettesse uno stipendio, per poter aiutare i miei genitori, che si prendevano cura della mia bambina.
Ogni giorno che passava, mi trovava sfogliando i giornali con annunci di lavoro. Poiarrivavano le chiamate, una dopo l’altra. Niente! Nessuna delle risposte che mi aspettavo. Finalmente vidi arrivare a casaun uomo alto. Era uno degli amici di mio fratello. Sembrava molto premuroso, con tutta la buona volontà di aiutarmi. Hosospirato. Fremevo per il primo giorno di lavoro!Ed esso è arrivato. Non toglierò mai dalla mente l’incontro con quelle due signore,con l’aspetto così curato e con lemacchine lussuose. Erano le proprietarie della ditta presso la quale dovevo lavorare.
Devevo pulire gli uffici, gli alberghi, le scale dei palazzi. Ringraziai profondamente. Abbassai la schiena ,mi rimboccaile maniche e iniziai a lavorare. I giorni scorrevano,mi alzavo presto di mattina quando era ancora buio.
Era freddo, non avevo il coraggio di lavare lafaccia con acqua gelida, la casa era come un rifugio ghiacciato in cima alla montagna. Uscivo chiudendo lentamente la porta, girando le spalle per giungere alla stradina stretta che mi collegava con la casa della mia collega. Sentivo paura lì da sola, ma più di tutto sentivo la gioia di andare a lavorare. Non sentivo la stanchezza di quelle tantissime ore di lavoro,no. Mi rallegrava l’idea che più lavoravo più soldi avrei avutoper fare a Laura i più bel regali del mondo! Adoravoquelle donne che mi stavano offrendotante ore di lavoro. Duecentoore al mese, fra il ghiaccio e la neve, tra il mattino e la notte sulle cimedi Terminillo, per pulire lecamere d’albergo. Fasciavo forte con delle bende le mani sanguinanti dai detergenti e lavoravo con la canzone in bocca: Quanta nostalgia ho di vedertiDi parlare con te, di abbracciartiQuanta nostalgia ho!Erano i versi del mio cuoreFinalmente giunse il giorno del compenso, il giorno in cui avrei fatto felice Laura. Immaginavo la sua gioia esuberante, i battiti del suo cuore. Sull viso scarno scivolaronolacrime. Erano lacrime di gioia!Sentii di inghiottire una montagna, un uragano sbattè sul mio corpo, quando nella mano screpolata, furono messe 200 000 lire. Avevo fatto in modo diverso i conti. Dov’era la ricompensa di 200 ore di lavoro!Quelle signore così belle ,conuna dolce voce “mi spiegarono” che mi tenevano al lavoroperché si dispiacevano per me, per darmi una mano,anche se “rischiavano” grosso. Mi dissero: “Se la finanza ci scopre che abbiamo te in nero,sai cosaci fanno? Ci fanno fare un c..lo così!” accompagnando con il gesto!Non ero da sola, ero con mio fratello. Ho visto il rossore sulle sue guance ,ho sentito alzare il tono della suavoce, unpugno sul tavolo: Sanguisughe! Mi buttò uno sguardo veloce, e mi disse: “Non prendere nulla! Non silavora solo peri soldi, si lavora anche per la dignità! Vieni tesoro, fa niente,” uscì esbattè la porta così forte che mi fece scintillare gli occhi e tra quelle scintille mi apparse in mente Laura: “Mamma!” Addrizzai la mano, presi i soldi ringraziando e uscì anch‘io. Con una corsa veloce andai alla posta.
Inviai la metà dei soldi in Albania, l’altra metà mi serviva per sfamarmi per tutto il mese…
Ildolore di un lavoro senza raccolto si trasformò in gioia quando arrivò la notizia di un altro lavoro. Mi vestii in fretta e andai a vedere il luogo di lavoro. Mi piacque. Era una macelleria. All’inizio dovevo solo pulire ,poi, pian piano, imparando, potevo fare tutto,dalla cassa al servire i clienti. “Dipende da te, come te la cavi” mi disse il proprietario del negozio. Guardavo con ammirazione quell’uomo. La settimana passò rapidamente e molto leggera. Ho cercato di imparare tutto ciò che mi fu insegnato. Ce l’avevo fatta! Passarono esattamente due settimane quando oramai avevo imparato tutto, sentii una voce da dietro alle spalle: “Non posso tenerti più” e un’altra volta sentiiil flusso costante delle mie lacrime …Quella voce dietro alle spalle continuò a parlarmi: “ Io
ti posso anche tenere. Ho bisogno anche di una donna che soddisfi i miei bisogni da uomo separato, tu lo vuoi? Se sei d’accordo, puoi lavorare finchè desideri”Qualcosa mi sirotolò nello stomaco talmente tanto, che mi fece assaggiare il mio vomito! Lo schifotrasformò in grigio gli occhi ,il viso e la mia anima. Uscii dal negozio avvilita. Vuota! Come mi sentivo vuota! Un pezzo di straccio per pulire le scarpe!Dove era la gioia dei primi giorni? Doveera “l’italiano” così buono e generoso di cui avevo sentito dire! Dove erano!La famiglia di mio fratello aspettavail primogenito. Non volevo farli preoccupare più di tanto, così ho pensato di cercare una nonna che avesse bisogno di me, della mia attenzione. E la trovai, lei, unanonna, incapace di muoversi, ma con una straordinaria gentilezza. Con il viso tondo, capelli grigi,pelleinvecchiata ,occhi teneri. Abitavocon lei lì, in quella casa calda. Ogni volta che ci si sedeva per mangiare,che chiacchieravamo, che facevamo dellelunghepasseggiate sull’ argine del fiume, mi sembrava di aver davanti la mia amata nonna. A ogni sua richiesta di aiuto, rispondevo prontissima e con tenerezza. Ero felice, finalmente! Non smettevo di ringraziare il buon cuore di questa nonna, che si preoccupava sempre ogni volta che sentivaparlare al telefono con Laura. Percepiva il mio dolore lontano da lei. E grazie a lei e al lavoro che mi aveva offerto, sono riuscita a realizzarela promessa che feci a Laura: “Presto saremo insieme!”Ho percorso la stessa strada,ho attraversato lo stesso mare che mi separava dall’Albania, dalla mia gente. Non mi sono persa in quel mare infinito, vedevo già la riva, in cui c’era Laura che mi aspettava con l’ansia.
Tiravo con fatica la valigia pesante di giocattoli,vestiti. Misono trovata davanti alla mia gente. Mi stupii! Ferma come una statua quando vidi lei!L’avevo lasciata minutina e la trovai una bambinadiversa, con i capelli lunghi,con un’altro sorriso. Mi sorrise ,e gridò forte:“mammaaaaaaaaaaaaaaaa”Siamo rimaste abbracciate a lungo, non so quanto a lungo …. per non separarci mai più!E così, unite, abbiamo ripreso la strada del ritorno. La nonna in attesa del nostro ritorno, aprì le braccia stanche dal peso degli anni e accolse tutte e due.
Ormai non ero più una donna disperata.
Ero felice! Eh la mia vita! Amara,triste,bella! L’amarezza, la tristezza, la bellezza si sono trasformate in colore. Si sono mischiate e hanno dipinto essa di un colore particolare, che mi ha fatto più forte, più coraggiosa, più fiduciosa. Che mi ha fattovedere il mondo con uno sguardo più lungo, penetrante.
La vita scorreva, scorreva. Il cuore della nonna che mi aveva ospitato, non batteva più. Iniziai un’altro lavoro,iniziaia studiareper adeguarmi allo stato in cuivivevo.
Ero in pace, ma questa pace si spezzavaogni volta che sentivo parlare degli albanesi, dai mass-media ,in primo luogo! Si stava diffondendo l’idea di un albanese ladro,cattivo, delinquente, criminale! Qualcuno diceva di conoscerli bene ,addirittura fino alle radici. E mi buttai nei pensieri:“ Chi conosce benele nostre radici?! Magari! Chi veramente li conosce non osamai parlare con questo linguaggio!” Mi dispiaceva per il mio popolo emi vergognavo per qualche albaneseche macchiava difango l’Albania!E mi sono data un compito, quello di raccontare a tutta Italia e agli italiani che “gli albanesi sono persone come voi, si nutrono come voi, dormono come voi, soffrono come voi, lottano come voi, sconfiggono le sfide come voi,sono madri come voi, preganoDIO come voi, sbagliano come voi,lavorano come voi, amano come voi!” La mia immaginazione va verso un mondo senza frontiere, multi colore. Un mondo che vede con lo sguardo chiaro degli occhi, non importa seessi sono tondi o a mandorla. Un mondo che parla con la voce decisa, non importa se essa esce da una bocca con labbracarnoseo sottili.Un mondo che respira aria pura,non importa se col naso piccolo, greco o aquilino. Un mondo che non ha paura di dimostrare la bellezza del viso, non importa il suo colore. Un mondo in cuisiparla la stessa lingua, quella della pace e dellatolleranza! Un mondo in cui tutte le persone che si tengono per manointorno ad essa ,cantanola canzone con il titolo: SIAMO FIGLI DELLO STESSO MONDO!
Autore: Rudina Hakani