Pubblichiamo questa lettera giunta in redazione da parte di Chiara Trompetto.
La pubblichiamo intera precisando che la corrispondenza dei lettori non rispecchia necessariamente la linea di pensiero di Albania News.
L’Italia continua a considerarsi un Paese grande tra i grandi, a reclamare un perduto prestigio sulla scena internazionale. Io credo ci siano due questioni che la distanziano dai grandi, legate entrambe alla natura geografica del nostro Paese.
La prima ha a che fare con l’immigrazione e i diritti di cittadinanza. Siamo una terra di conquista, di passaggio e di incontro da sempre, da prima di esistere come Stato, da prima ancora di esistere come Impero Romano. La posizione protesa nel mare, di facile accesso da tutto il bacino del Mediterraneo, non sembra aver facilitato lo sviluppo di una cultura dell’accoglienza diffusa e radicata dello spirito della popolazione. Come se questa raggiungibilità, quest’apertura geografica, fosse vissuta collettivamente come una vulnerabilità da compensare. Questo inconscio collettivo che non riesce a diventare adulto e pienamente consapevole della propria identità, che si percepisce fragile nel proprio corpo-territorio, diviene ostile verso coloro che gli fanno visita, avendo nei loro confronti sentimenti ambivalenti fra timore e compassione (nessuno dei quali prevede un vero rispetto). Allo stesso modo, di conseguenza direi, questa collettività ha bisogno ancora di rifugiarsi dentro a letture schematizzate e semplificate della realtà, trovando conforto nelle abitudini e nell’assenza di cambiamenti.
L’istinto ancestrale di autoconservazione muove così altre forme di ostilità. E siamo alla seconda questione: il riconoscimento dei diritti per le persone e le coppie omosessuali. La ripetitività ossessiva con cui si ribadisce la naturalità e l’irrinunciabilità del matrimonio esclusivo tra uomo e donna, è una cavità nel cui vuoto risuona l’eco di quell’istinto irrazionale. Irrazionale perché è evidente che estendere l’istituto del matrimonio a persone dello stesso sesso, che in teoria (in sola teoria) non potrebbero procreare, non impedisce agli individui di sesso diverso di continuare a farlo, che insomma non costituisce una minaccia per la sopravvivenza della comunità, anzi probabilmente l’esatto contrario. A vestire questi sentimenti collettivi istintivi e adolescenziali da “valori morali” ci pensa infine il nostro ospite convivente, il Vaticano.
Ecco la seconda nota geografica: uno Stato sovrano posto all’interno del territorio italiano, situazione unica nel suo genere. Uno Stato con un governo totalmente difforme da quelli di tutto il mondo occidentale, un potere che fa leva sul sistema di valori etici della società, e per contro un patrimonio finanziario e immobiliare difficilmente quantificabile, una posizione totalmente privilegiata nei confronti dello Stato Italiano, ingerenze continue nelle questioni “eticamente sensibili” alle quali la politica vorrebbe (e dovrebbe) mettere mano. Questo è l’amico fraterno, il rapporto simbiotico che dovremmo, ma non riusciamo a spezzare, la separazione che ci servirebbe per diventare veramente autonomi e adulti, insomma “grandi”. 152 anni non sono molti, ma non mi sembrano nemmeno pochi. Il 24 e 25 febbraio avremo un’occasione per dirci dove vogliamo andare. Non sottovalutiamola, e non sprechiamola.