Autorità, rappresentanti dell’economia, della comunicazione e dell’associazionismo si sono dati appuntamento martedì 19 alle ore 16 a Roma, nella sala della banca Monte dei Paschi di Siena, per la conferenza Gli immigrati albanesi nel contesto della collaborazione italo-albanese, organizzata dall’associazione Occhio Blu – Anna Cenerini Bova, con la collaborazione del Centro Studi e Ricerche IDOS, dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali UNAR e sotto l’egida dell’Ambasciata della Repubblica d’Albania in Italia alla presenza del ministro plenipotenziario Ledia Hysi.
L’incontro, dopo il saluto di Mario Bova, presidente dell’associazione Occhio Blu e di Marco De Giorgi, direttore generale dell’UNAR, è entrato nel vivo con la lettura del messaggio di Edmond Panariti, ministro degli Affari Esteri dell’Albania, il quale ha sottolineato innanzitutto «il forte legame storico, politico, economico e culturale» che unisce i due Paesi.
«Oggi quasi 500mila albanesi vivono e lavorano in Italia – riporta il testo del ministro – tra loro ci sono artisti, ingegneri, medici e avvocati. Essi lavorano nella progettazione, presso studi ed istituti di rilievo, orchestre prestigiose di Roma e Milano, in ospedali e cliniche rinomate. Si trovano nell’edilizia, nell’agricoltura, nelle fabbriche, nei ristoranti e ovunque. Gli albanesi, con le loro capacità ed il loro lavoro stanno mostrando i valori reali, manifestando che ogni giorno di più si stanno integrando nel tessuto sociale di questo paese, vivendo in armonia con i cittadini italiani e rispettando le leggi di questo stato».
A parlare dell’immigrazione albanese «non più come ‘fenomeno’, ma come consolidata presenza» è stato anche Natale Forlani, direttore generale dell’immigrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
«La comunità albanese è oramai parte della nostra comunità internazionale – ha spiegato – non essendo più caratterizzata dai flussi ma da una popolazione attiva che si immette nel mercato del lavoro. Inoltre i dati relativi alla presenza di 120mila minori e di 30mila imprenditori albanesi in Italia, i quali evidentemente non cercano più lavoro ma creano occupazione, attestano come si tratti di una comunità stanziale e consolidata».
A dare un quadro dettagliato dell’impatto dell’immigrazione albanese nella società e nell’economia italiana, hanno provveduto di seguito Keti Bicoku, giornalista di Shqiptari i Italise, Franco Pittau, coordinatore del Dossier statistico sull’immigrazione, Anila Husha, vicepresidente dell’associazione Occhio Blu – Anna Cenerini Bova, e Giuseppe Bea, responsabile dell’ufficio per l’integrazione degli immigrati del CNA.
Oltre ad un apporto positivo a livello demografico e sul piano occupazionale gli albanesi, ha spiegato Pittau «hanno dimostrato un grande attaccamento al lavoro, la disponibilità a spostarsi sul territorio, la mancanza di riluttanza nell’assumere qualsiasi posto disponibile nonostante l’elevato livello di istruzione ed una forte vocazione imprenditoriale anche in questi anni di crisi».
L’aspetto più positivo della presenza albanese in Italia si colloca però, a livello culturale «Gli albanesi imparano con una straordinaria facilità la lingua italiana – sintetizza il coordinatore del dossier statistico sull’immigrazione – apprezzano la storia, l’arte, il territorio e la cucina d’Italia, che considerano la loro seconda patria. A ragione si può parlare di un innesto nel tronco dell’Italia, che permette la fioritura di nuovi germogli».
Dopo gli interventi di José Angel Oropeza, direttore OIM, Shqiponja Dosti della CGIL ed Emanuela Del Re, docente all’università Nicolo Cusano di Roma, l’incontro si è concluso con la testimonianza di alcune delle associazioni albanesi che operano in Italia. A prendere la parola, illustrando scopi ed iniziative sono stati i presidenti di Occhio blu, Mario Bova; de L’Altra Sponda dell’Adriatico, Angela Valenti Durazzo; del Centro di Cultura Albanese Torino-Milano, Benko Gjata; dell’associazione Fratellanza/Vllaznia di Cuneo, Rosi Prekalori; del Forum delle Associazioni della regione Emilia Roland Jace, e della Skanderbeg di Parma, Gentjan Alimadhi.