Si è tenuto lo scorso 12 giugno a Modena, l’incontro tra collaboratori di Albanianews e varie associazioni albanesi da tutta l’Italia. L’incontro, unico sui generis fino a ora, è stato un susseguirsi di personalità politiche e culturali, italiane e albanesi, che hanno parlato di immigrazione, integrazione e storia.
Interessantissimo l’appuntamento letterario del pomeriggio che ha visto Paolo Muner in ruolo di moderatore, gli scrittori Antonio Caiazza, Serena Lucani, veri conoscitori della storia e della vita dell’Albania. Ognuno con la propria storia ed esperienza, vissuta nel paese di fronte che cosi tanto spaventa. Ne hanno parlato con il poeta e scrittore albanese, Visar Zhiti.
E’ attraverso le domande del “capitano” Muner che i presenti cominciano il viaggio nell’Albania degli anni 90, dopo la caduta del muro di Berlino, tra sofferenza, povertà e regime. Muner ha chiesto a tutti gli ospiti, dove si trovavano negli anni 90.
Quel famoso giorno che racconta la signora Luciani nel suo libro, quando le porte dell’ambasciata furono sfondate. Serena Luciani, all’epoca Direttrice dell’istituto italiano di Cultura ( e successivamente autrice del libro “Terremoto a Tirana ” che parla proprio della fine del comunismo albanese), spiega la situazione di quell’Albania, la tristezza, la confusione.
Lei si trovava all’interno dell’ambasciata, quando il cancello fu sfondato dai camionisti che coltivavano il sogno di partire per l’Italia, una sortia di anticamera della “terra promessa”. Racconta il dolore e la delusione che leggeva negli occhi di queste persone quando gli toccava spiegare che in Italia non sarebbe stato tutto facile. E sembra quasi di essere lì, di poter toccare le speranze tradite dei nostri connazionali.
Durante questo meraviglioso viaggio, si sono toccati molti temi particolari che hanno indotto i presenti alla riflessione (come i racconti sulla famiglia Popa, rimasta per cinque anni all’interno dell’ambasciata italiana in Albania). Altri come il carcere, grazie al grande scrittore Visar Zhiti che ha raccontato in prima persona e con tanta emozione la sua esperienza. Lo scrittore ha parlato, nel rispetto di tutti i presenti, in italiano.
O meglio un italiano “incarcerato”, come lui scherzosamente lo ha chiamato. Il racconto di Zhiti è servito a tanti, anche ai più giovanni albanesi che conoscono poco il lato più oscuro del regime, dpiegando com’era facile perdere tutto per nulla, finire in carcere per aver scritto delle poesie. Ha illustrato il prezzo che si paga quando si crede nella libertà.
Com’era difficile reprimere la voglia di conoscenza, e come ha imparato l’italiano (grazie ad un prete) quando ancora non conosceva ne il suo futuro ne tanto meno quello dell’Albania. Si è toccato il tema del Kanun, grazie al racconto di Antonio Caiazza.
Il giornalista e scrittore RAI, ha raccontato di una casa in riva al fiume Lana, all’interno del quale viveva una famiglia, che non usciva mai e non apriva mai la porta a nessuno, per paura di essere uccisi, come prevedeva la medievale legge chiamata Kanun. Il tema è stato trattato anche nel suo libro “In alto mare. Viaggio nell’Albania. Dal comunismo al futuro”.
Si è discusso di quanto sia ancora presente questo codice consuetudinario, e i danni che ha portato la sua mal interpretazione negli ultimi tempi. E si è tornato a parlare di comunismo e di come lo steso è passato sopra la vità di ognuno dei presenti. L’incontro è stato come un viaggio con una macchina del tempo, che ci ha trasportati nell’Albania confusa del post comunismo, con delle guide d’eccezione.
Un viaggio nell’Albania vista dagli occhi di persone che condividono l’amore per l’Albania e la sua storia. Un viaggio magnifico di quelli nei quali non importa se si parla per due ore o per dieci perchè tanto sono sempre poche.
E se ne sono resi conto tutti quando Zhiti chiude dicendo ” Non ho visto bandiere albanesi appese da qualche parte durante l’incontro, perchè questi ragazzi e questi invitati sono le miglior bandiere della nostra amicizia”.