Fare rete, per conservare la propria identità e continuare ad esistere. L’invito all’unione per esorcizzare l’altrimenti inesorabile agonia delle comunità arbëresh è arrivato dalla seconda edizione della “Notte arbëresh” o “Natë arbresh”.
Manifestazione organizzata sulla scia delle notti bianche dedicate alla cultura che si sono diffuse in tutte le città europee, con al centro un focus preciso: quello sull’identità arbëresh nelle sue diverse declinazioni culturali.
Una notte magica, resa speciale dalla presenza del Console dell’Ambasciata Albanese a Roma, Gerarta Ballo. Per la prima volta Caraffa di Catanzaro, un comune calabrese di duemila abitanti, ha ospitato una così alta personalità istituzionale albanese.
E’ stato proprio il Console a gettare il sasso nella piccionaia degli arbëresh per spronarli a fare rete, ad operare insieme. Un invito che ha ripetuto più volte, prima nella casa comunale dove è stata accolta dal sindaco Antonio Giuseppe Sciumbata, successivamente nel corso dei saluti di apertura del concerto di poesia arbëresh dedicata a De Rada e ancora dal palco di piazza Skanderbeg prima della rappresentazione teatrale “La bisbetica e Garrafës”, tutte attività facenti parte della Notte Arbëresh.
“É veramente molto bello essere qui con voi ed essere parte dei progetti culturali che state portando avanti” – ha affermato Gerarta Ballo nel saluto al municipio di Caraffa. Credo sia di grande valore ricordare De Rada quest’anno e ancor di più coinvolgendo i giovani perché sappiamo tutti quanto sia importante che parlino l’arbëresh, che la sentano una lingua viva in grado di raccontare anche il loro quotidiano, non solo le storie degli avi. Mi auguro che in futuro ci impegneremo ancora di più nella costruzione di un percorso comune in questa direzione”.
Un percorso che ha come primo obiettivo la lingua, quindi. “É questo il lavoro da fare adesso – ha aggiunto in piazza Gangale – Poter riascoltare i giovani e i bambini parlare la lingua arbëresh è la sfida di oggi e in questa sfida l’Ambasciata d’Albania vuole stare al vostro fianco. L’Ambasciatore a breve sarà in visita anche a Caraffa (in effetti Neritan Ceka sarà a Caraffa proprio il 13 e 14 agosto, ndr) e vi parlerà ulteriormente di questo. Noi ci siamo perché vogliamo fare un percorso insieme per portare avanti quelli che erano gli ideali di De Rada e che sono gli ideali delle persone che oggi lavorano su questo fronte”.
Ma come l’Ambasciata può incidere e quale ruolo dovrebbero assumere i comuni arbëresh in questo processo? La risposta viene ancora una volta dagli interventi di Gerarta Ballo: “Sostenendo gli arbëresh nel fare gruppo, nel mettersi in rete, dedicando particolare attenzione ai progetti provenienti dal mondo arbëresh” – ha sottolineato ancora il Console – “Ci sono arbëresh in sette regioni d’Italia perciò il discorso diventa molto più ampio. Se si potesse arrivare ad un congresso capace di mettere insieme gli esponenti arbëresh dei diversi comuni e cominciare a parlare di cosa si può fare insieme, come fare rete, sarebbe davvero un passo importante! E’ naturale che l’Ambasciata non può essere il promotore, piuttosto è disponibile ad appoggiare processi di questo tipo. Sono gli arbëresh a dover prendere, ed è giusto che prendano, l’iniziativa sapendo della disponibilità dell’Ambasciatore a sostenerli”.
La presenza a Caraffa delle istituzioni albanesi è l’esemplificazione di un legame, mai interrotto per la verità, tra l’Albania di oggi (candidata all’ingresso nell’Unione Europea), gli arbëresh e i circa cinquecentomila albanesi della nuova emigrazione degli anni Novanta presenti in Italia, che avvalora maggiormente l’esigenza di fare rete. “Non avrebbe senso non farla” – Ha sostenuto con forza Zheji Ballo – “Per noi gli arbëresh sono una grande fonte di ispirazione, una presenza importantissima a livello storico linguistico e identitario in quanto popolo capace di mantenere, dopo sei secoli, lingua, tradizioni, usi e costumi atavici. Bisogna tornare a conoscerci e a sceglierci. É bello sceglierci! Noi lo vogliamo, bisogna attivare i canali appropriati per metterlo in atto consapevoli che tutto deve partire dal basso, dagli operatori e dai giovani qui presenti. Dobbiamo fare di tutto perché ciò avvenga. Lavoriamoci!”
Articolo di Gino COMI per la Gazzetta del Sud e rivisto dall’autore per Albania News