Al turista gourmet di passaggio a Milano, fra una visita ai musei e un giro per i negozi della città, allontanandosi un po’ dalle solite strade affollate del centro potrà capitare di assaggiare una parmigiana di melanzane al cioccolato, un uovo al cedro con purea di pane al pepe Sarawak… fiocchetti verdi e anatra marinata affumicata, e molti altri piatti dal nome accattivante che ne stuzzicheranno la curiosità appena seduto a tavola.Ci troviamo al ristorante Il luogo di Aimo e Nadia, uno scrigno prezioso di gastronomia nazionale che ha basato la propria cultura su un continuo rinnovamento e insieme mantenimento della memoria culinaria italiana, e che in cinquant’anni di attività ha saputo passare da un’offerta di piatti tutti tipicamente toscani -luogo di provenienza dei due coniugi- alla valorizzazione dell’intero panorama enogastronomico italiano con ottime materie prime, rispetto dei sapori originari e di ingredienti proposti in modo non tradizionale per ottenere sempre cibo buono e di assoluta qualità, in chiave fantasiosa e originale.
Aimo e sua moglie Nadia vengono oggi riconosciuti a livello internazionale come interpreti e innovatori della ricco patrimonio culinario della Penisola, avvalendosi negli ultimi anni anche di giovani e motivati professionisti dei fornelli. Uno di loro è Mario Peqini, 24enne originario di Durazzo e oggi Chef Patissier nel ristorante milanese. Trasferitosi in Italia con la famiglia a 13 anni, il giovane Mario si avvicina al mondo dei fornelli già dopo le scuole medie, iscrivendosi all’istituto alberghiero nel capoluogo lombardo. Ed è proprio la scuola a dargli l’opportunità di fare uno stage da Aimo Moroni, da cui tornerà dopo il perfezionamento a Chioggia, presso la scuola di arti culinarie Etoile, e la nomina a Chef Chocolatier da parte del famoso maestro pasticcere Roberto Rinaldi.
Abbiamo così rivolto qualche domanda a Mario, che in quest’intervista ci ha spiegato meglio la sua passione per l’universo gastronomico.Ciao Mario, ci parli di un piatto della tua infanzia che ricordi con piacere?
Ho sempre mangiato tutto, ma una cosa che mi piace molto fin da piccolo è il pesce, perché sono nato vicino al mare (a Durazzo) ed era normale pescarlo e poi cuocerlo in padella con verdure, magari con olive in salamoia, di cui è molto ricca la zona. In particolare amo la triglia. Poi ricordo che ero molto goloso; ora sono cambiato perché seleziono di più i dolci che amo, ma la millefoglie che si mangiava per le feste mi piace sempre. Come definiresti la tua cucina?
La mia cucina è quella insegnata da Aimo, apparentemente semplice, basata sulla ricerca di ingredienti di primissima qualità. Il compito del cuoco è di lavorare questi ingredienti in modo tale che la materia prima venga esaltata e nobilitata al massimo. In particolare la nostra pasticceria ha un’idea di dolce che parte da gusti e sapori legati alla memoria dell’Italia, ma che allo stesso tempo li innova, per esempio giocando con il dolce e salato oppure proponendo dolci con le verdure (li abbiamo chiamati “dolci ortaggi”).Quanto influiscono le tue origini sui dolci che prepari, e come si coniugano con la tradizione culinaria italiana?
Ogni tanto ho come dei flashback, e assaggiando un ingrediente mi torna in mente un ricordo: un biscotto savoiardo ha il gusto di una torta che mangiavo da bambino; una crema di ricotta senza uova ricorda un dolce simile alle sfogliatelle dell’infanzia in Albania… la mia formazione comunque è stata italiana. I gusti in Italia sono diversi, eppure molti ingredienti sono simili a quelli albanesi: siamo pur sempre Paesi affacciati sul Mediterraneo, quindi grosso modo li ho ritrovati tutti. Immagino tu sia un giovane con poco tempo libero a disposizione, molto preso dal tuo lavoro. Ci racconti la giornata tipo di uno chef pasticcere? Dunque, si comincia con la mise en place della giornata alle 9 di mattina e si finisce dopo mezzanotte, quindi passione, forza di volontà e voglia di trasmettere l’entusiasmo di questo lavoro sono indispensabiliogni giorno. Amo particolarmente la pasticceria perché la vedo come l’evoluzione della cucina; ogni grammo in pasticceria fa la differenza, se si sbaglia la ricetta cambia o non ha una buona riuscita, ma se si seguono le regole con scrupolo allora tutto riesce. Non ho tempo libero, si è sempre troppo impegnati, però quando posso compongo musica elettronica; inoltre è da 15 anni che suono la tastiera, e la musica mi aiuta anche nei dolci, perché è un mondo parallelo: una buona traccia musicale, così come una base di pasticceria fatta bene, sono indispensabili per costruire una musica o un dolce. Senza saper disporre le note o gli ingredienti insieme non ottieni nulla di buono. E poi c’e’ il ritmo: come nella musica che faccio è sostenuto, incalzante e anche frenetico, ma alla fine della serata, dopo una giornata di lavoro e due servizi, arriva la soddisfazione! Quale legame hai mantenuto con il tuo Paese d’origine, e come vedi l’attuale panorama culinario albanese?
Da quando sono arrivato in Italia (intorno ai 10 anni) mi sono sentito subito come adottato. L’Italia mi ha dato la scuola, la mentalità, la possibilità di realizzare la mia passione e ora mi sta dando l’opportunità di portare avanti i miei progetti; se ci penso, sono fiero di quello che ho costruito fino ad ora. Non rinnego certo il mio Paese, ci sono ritornato per la prima volta dopo 10 anni che stavo in Italia e sta crescendo, anche velocemente: non lo si può giudicare ora. Un domani penso che potrò tornare in Albania e dedicarmi a fare qualcosa là, magari aprendo una scuola di pasticceria. Infine, suggerisci ai nostri lettori che vogliono cimentarsi a casa la ricetta di un dolce alla portata di tutti… anche dei non pasticceri!
Suggerirei un dolce del ristorante, è un tiramisù arricchito con canditi e alleggerito con una crema allo yogurt… l’abbiamo chiamato tirami-sud, si tratta di un dolce semplice che abbiamo creato per celebrare l’unità d’Italia l’anno scorso. È facile anche da fare a casa: un biscotto savoiardo con solo 4 ingredienti (uova, zucchero, farina e fecola); poi c’è il caffè, che piace a tutti; insomma, è un dolce goloso, ma insieme interessante perché gioca sul connubio dolce e salato che mi piace molto e quindi a differenza di alcuni dolci di una volta non risulta stucchevole.