È abitudine oramai, assomiglia alla immancabile brioche accompagnata al cappuccino, sfogliare i quotidiani, accendere la tv e trovarsi presentare la notizia dell’arresto di qualche criminale straniero (anche se piacciono più gli extra-comunitari, gergo del tutto italiano).
Lo diamo per scontato, esattamente come la notizia in sé. Ci si sofferma a leggere giusto la provenienza del delinquente poiché il crimine oramai ci lascia indifferenti, che siano criminali, sembra che lo diamo per scontato.
E se non è il lettore od il telespettatore a crederlo: ci pensano le Province ed i Comuni.
L’anno scorso, un meglio definito amico degli immigrati, ex sindaco di Parma ( in basso vi spieghiamo perché ex) Pietro Vignali, se ne usci con la frase: “Gli stranieri che soggiornano in città per più di tre mesi ma non si sono iscritti all’anagrafe comunale devono essere allontanati. Forse così risolveremmo qualche problema di sicurezza o di prostituzione per strada. Sarebbe la semplice applicazione della direttiva comunitaria sul diritto di soggiorno che già a Torino viene fatta rispettare”. Una frase finale che gettava fango su ogni straniero, che dava per certo che un loro allontanamento avrebbe fatto scendere radicalmente il numero dei crimini in provincia.
Di questo, il nostro giornale ne ha parlato , ed a volte chi ha scritto l’articolo (la sottoscritta) ha dovuto discutere con gli stessi stranieri (extracomunitari).
E bene, notizia di pochi mesi fa, riportata anche dalla maggiori testate giornalistiche di stampa e tv, la giunta, per l’esattezza, l’INTERA GIUNTA, del sindaco amico degli immigrati che con una battuta li liquidò come portatori di crimine, è stata indagata e dalle indagini sono partite le manette per 7 fedelissimi di Vignali, tra cui l’ormai noto assessore per le politiche educative Bernini, accusato di lucrare sui pasti negli asili. Con le accuse di corruzione, abuso d’ufficio, concussione, appalti truccati, rapporti con il clan dei Casalesi, ecc., Vignali perde il conto e si dimette. I nomi della giunta chiaramente sono italiani. Come italiane sono le loro radici, come italiani sono i pregiudizi ed il termine extracomunitario.
All’epoca dell’accaduto, per giusto dovere di cronaca, il sindaco di Parma, Vignali, stava attraversando un momento di vera crisi tra i suoi sostenitori e la frase d’effetto ( che poi non segui ai fatti – farlo almeno gli avrebbe reso onore – ) svegliò gli animi degli addormentati. Non dei parmigiani, ma dei suoi stessi collaboratori che commentarono il suo post su face book decine di volte. I parmigiani lo lasciarono blaterare, forse abituati, forse in attesa di … ( come sopra).
Da “La città interculturale”
“Il grande rilievo dato al problema sicurezza ha fatto sì che, anche nelle elezioni locali, questo fosse uno dei principali motivi di scontro delle forze in campo. (…)È stato dato così il via a una lunga serie di ordinanze riguardanti l’ordine pubblico, di natura a volte particolarmente “creativa”, tanto da portare a parlare della “carica dei sindaci-sceriffi. (…) Tutti provvedimenti volti a dare all’ambiente urbano un aspetto “ordinato”, a far sentire ai cittadini che il loro sindaco si interessa dell’immagine della propria città, magari senza però andare a toccare i problemi più seri della comunità. (…) senza che poi questo abbia necessariamente un riscontro nella realtà dei fatti”***E bene, dopo questo misfatto, dopo gli arresti con tanto di notizia in prima pagina sui maggiori quotidiani, magari il lettore si aspetta che gli ex colleghi di Vignali si facciano un esame di coscienza, inutilmente.
È di questi giorni la notizia, apparsa anche sul giornale “Il Mattino” di Padova, che la Provincia di Padova, appunto, si è impegnata a distribuire ai cittadini un questionario sulla sicurezza. “Chiediamo ai cittadini, – spiega il Presidente della Provincia Barbara Degani, – di raccontarci le loro paure e di giudicare la situazione di Padova”
Una richiesta d’aiuto quindi quella lanciata dalla Provincia con l’intento di capire al meglio i bisogni dei padovani e le loro richieste per poter rispondere a questi quesiti.
Come si conviene ai tempi di crisi, il questionario sarà inserito nei siti internet dei comuni padovani per evitare spreco di moduli cartacei, e chi non potrà accedervi avrà la possibilità di ritirarlo in sede degli uffici URP ( Ufficio Relazioni con il Pubblico).Visionando il questionario ci imbattiamo con la seconda parte di esso che prende vita ( più esplicita) al punto 6 chiamato SICUREZZA.Ogni domanda di questa sezione che conclude in sondaggio fa riferimento agli stranieri. Ai cittadini è richiesto di rispondere su quanti ne conoscono, quanti ne incontrano ogni giorno, di quanti di loro hanno la certezza che siano in possesso di permesso di soggiorno, che lavorano e che siano onesti. Un susseguirsi di domande con un elenco di risposte che però non lasciano molto margine di contraddizione. La Degani ha aggiunto in ultimo alle risposte la possibilità ai cittadini di scrivere la propria, se non ne hanno trovata una nel sondaggio. Ma ciò che dà sicuramente nell’occhio è che quelle stampate sono decisamente tendenziose. (consulta https://www.esurveyspro.com/ )“Volevamo capire come vivono questa problematica i nostri concittadini, – spiega Degani-, visto che, da alcuni recenti sondaggi, in città questo è il tema più sentito, mentre per il territorio provinciale al primo posto c’è la preoccupazione del lavoro, ma anche, – continua, – di capire qual è la percezione sull’immigrazione onesta”, – confermando cosi che il sondaggio non è attuato per conoscere se esiste un problema, quello è dato per scontato, ma per capire se le norme attuate fin ad oggi siano abbastanza e cosa poter aggiungere.
Per comprendere il bisogno di questa iniziativa abbiamo fatto riferimento ai dati ISTAT, Istituto di Nazionale di Statistica, Ente italiano. Secondo i grafici dell’Istituto i detenuti in Italia sono circa 67 mila e 510. Di questi il 36% sono stranieri, ossia 24 mila e 303, Va da sé che gli stranieri non sovrappopolano le carceri, sono qualcosa in più di 1/3 del totale dei detenuti. Andando a cercare altri dati ISTAT che spiegassero il fenomeno ci siamo imbattuti in un’altro grafico che riporta come, da quando la legge sul reato di clandestinità è stata applicata, 3.118 stranieri si trovano dietro le sbarre. Se questa cifra lo togliamo dai 24 e passa, raggiungiamo una percentuale più bassa, ossia del 31%. Almeno che non si voglia condannare come criminale qualcuno solo perché non riesce a regolarizzarsi in Italia, magari lavora onestamente ( i disonesti, per mancanza di legge giuste, in questo caso sono i datori di lavoro).
Su questo punto l’Italia è stata ammonita anche dalla Commissione Europea, che ha giudicato del tutto sbagliata ed incomprensibile la legge sul reato di criminalità. Reato che ha portato le istituzioni carcerarie italiane, – spiega Fabio Quassoli, sociologo, professore associato all’Università di Milano, – ad una sovrarappresentazione degli stranieri nelle carceri.
I dati ISTAT vanno ulteriormente completati con un altro dato importantissimo, ossia la possibilità per i detenuti di accedere a misure cautelari alternative. Nel corso del 2009, sui circa 12 mila affidamenti, per la precisione 11.897, quasi la totalità è stata dedicata ai detenuti italiani, 87%. Un dato significativo che è indice delle difficoltà per i detenuti stranieri di trovare uno sbocco al di fuori delle carceri, e, se si è detenuti per il reato di clandestinità, questo sbocco è inimmaginabile data la mancanza di un documento di riconoscimento.
E’ chiaro che il rapporto del numero dei stranieri residenti in Italia con il numero dei detenuti stranieri nelle carceri italiane dia come risultato una percentuale altissima, circa il 18%, in confronto al rapporto popolazione italiana/detenuti italiani, circa l’ 8%, cosa che porta a creare nei cittadini dei pregiudizi. È chiaro anche però che ogni dato in se non dice nulla se non confrontandolo con altri che dovrebbero fare da elementi importanti per poter giudicare un fenomeno.
Politiche migratorie dirette all’integrazione, alla semplificazione di assunzione da parte di datori di lavoro italiani di cittadini stranieri, registrazione dei flussi migratori e apertura alla vita sociale. Non ghettizzazione e neanche colpevolizzazione massiccia. Sono queste le richieste e le vie d’uscita che indica anche l’Associazione di volontari NAGA di Milano, per giungere ad una convivenza solida e star al passo con l’intera Europa dell’era di globalizzazione che questi problemi ha affrontato diversamente.
“È stato poi riscontrato che la maggior parte degli stranieri detenuti è costituita da clandestini. Per gli stranieri si fa un notevole ricorso alla custodia cautelare, in misura maggiore rispetto agli italiani, per cui la maggior parte degli stranieri nelle carceri italiane sono detenuti in attesa di giudizio. A parità di reato, dunque, è molto più facile che finisca in carcere uno straniero rispetto ad un italiano. Viene dunque messo in atto un trattamento discriminatorio in base ad una condizione personale”***.
La Provincia di Padova non è nuova a queste iniziative. Il 1° settembre scorso aveva organizzato un incontro nei pressi della stazione ( luogo oggi d’incontro per tanti stranieri come lo fu per la migrazione dal sud Italia al nord). Un fenomeno questo che gli psicologi e gli studiosi della società hanno più volte spiegato ed interpretato distaccandolo completamente dalla criminalità, ma la politica spesso tende ad ignorare il lavoro e gli studi che ne danno risposta.
Tra i vari risultati raggiunti dagli studi, la risposta comune è l’influenza dei media. Il loro potere nell’influenzare l’opinione pubblica. La loro forza di divulgare paura con la semplice scelta delle parole e delle prime pagine dei quotidiani. Cosi, un presunto criminale straniero X.Y diventa semplice magrebino, albanese ecc. Invece un italiano rimane semplicemente un uomo o donna. Inoltre, la società frenetica, che non ti permette mai di fermarti e non regala certezze porta la comunità ai distacchi umani, alla non voglia e l’impossibilità di socializzare. La conseguenza di tutto questo diventa la diffidenza, ciò che non si conosce, che non si vuol o può conoscere crea paura. Si preferisce chiudersi in una propria isola felice, fatta di tecnologia atta a sorvegliare, trasferimenti di casa da un quartiere ad altro finendo per ghettizzarsi e rendere un ghettociò che prima era loro ( il quartiere e/o un punto d’incontro ecc) ed oggi “in mano” allo straniero, il deviante. (Zamperini/ Romania)Questo timore costante della società odierna porta alla convinzione che: “Nelle città, (…) la stazione è zona di transito per eccellenza, e anche spazio percepito come non sicuro per eccellenza. Uno spazio che non ci appartiene e su cui, quindi, non abbiamo nessun controllo, uno spazio dove siamo esposti a pericoli di ogni sorta. Chi usa il non-luogo ( la stazione) come un luogo, e trova in esso un senso di appartenenza, non può essere che un deviante” ***Questa è la spiegazione dei maggiori studiosi del fenomeno. Che aggiungono ai loro risultati i cambiamenti della società, la percezione ed il perché percepiscono la paura dallo straniero.A noi, che ci occupiamo di dare ( non fare) informazione non ci rimane che riportarvi i fatti sostenuti da studi. A voi, che potete scegliere tra apprendere la notizia o ricordarvi i soli slogan di apertura di un giornale vi lasciamo a libero giudizio.
Fonti: “La città interculturale” di Vincenzo Romania , Adriano Zamperini (Franco Angeli Editore, 2009); www.istat.it; www.Ilmattino.it, www.repubblica.it