Sonila Alushi ha voluto seguire a Bergamo il Primo Marzo, ma per l’assenza di una manifestazione bergamasca ha partecipato a quella di Brescia, dove ha incontrato anche Ahmed e Javaid, due dei quattro migranti saliti sulla gru lo scorso novembre.
Un primo marzo grigio a Bergamo, senza striscioni gialli, senza belle facce e senza musica! Ma al contrario del 2010, per il No Razzismo Day di quest’anno, nessuno ha organizzato nulla! Certo è che una piccola città che ha sofferto tanto durante il calvario trimestrale e poi il tragico epilogo della piccola Yara, non poteva svegliarsi solare questo Primo Marzo. Tuttavia, i motivi principali di tale indifferenza sono due. Da una parte, i sindacati non hanno voluto e forse né potuto, indire uno sciopero su “base etnica”. Dall’altra, i lavoratori stranieri non sono un corpo omogeneo, capace di muoversi compatto. Insomma, siamo ancora divisi, ricattabili sopratutto perché si continua a lavorare nella maggioranza dei casi in nero. Allora corro nella vicina Brescia, vestita di giallo fiammante, sicura che sarei stata solo un puntino giallo nella miriade dei raggi di sole che avrebbero invaso la città! La Brescia dei quattro amici sulla gru, ultimamente caldo soppalco di tante manifestazioni sui diritti umani, credevo che di giallo fiammante, ne avrebbe avuto tantissimo. Invece, non è stato proprio così. Qualche centinaia di persone, raccolti vicino alla musica ed alcuni attivisti della Associazione “Diritti per Tutti”, altre associazioni e rappresentanti del Coordinamento Immigrati della Cgil, facevano da cornice alla Piazza Loggia. “Nessuna risposta, la lotta continua”. “La dignità non ha frontiere, chiudiamo i c.i.e.”. “Rinchiusi ed espulsi perché lottano per i diritti”. Questi alcuni degli slogan gialli. Domando ad alcuni attivisti del Comitato Primo Marzo i motivi di questa bassa partecipazione. Driss Enniya, rappresentante del Coordinamento Immigrazione CGIL, mi racconta di come sono calate moltissimo le adesionie di come ci si è concentrati per lo più sulla conservazione del proprio posto di lavoro. “Sindacati e lavoratori siamo quotidianamente occupati in lotte per i diritti, ma la più triste scoperta è la lotta per mantenere le altre conquiste che già dovremo possedere. Si pensi alla Fiom e al tanto tempo ed energia che abbiamo investito in quella vicenda. Poi ci sono i rigetti delle domande di permesso di soggiorno e i ricorsi che li riguardano. Rigetti che, nonostante l’ordinanza del Consiglio di Stato di cessare con siffatte pratiche, vengono anche velocizzati ora, senza darci il tempo necessario per contestarli e bloccare il trasferimento di queste persone nei centri CIE! Una lotta legale è fondamentale in egual misura con quella fatta in piazza per portare avanti l’obiettivo dei diritti per tutti”.
Dal canto suo, Felice Mometti, rappresentante ed attivista dell’Associazione Diritti per Tutti, fa un “Mea Culpa” parlando del poco lavoro che si è fatto da un mese a questa parte, per promuovere l’evento: “L’anno scorso abbiamo lavorato duro per più di un mese per promuovere l’iniziativa e ci hanno aiutato molto anche i media. Quest’anno,vuoi per il poco tempo dedicato all’organizzazione, vuoi per la concentrazione di molte risorse, vuoi per la poca considerazione da parte dei sindacati e l’indifferenza della stampa, ci siamo trovati con questo scarso risultato. Bisogna anche tenere presente il fatto che le nostre piazze bresciane hanno visto ultimamente tantissime manifestazioni per i diritti. L’ultima risale a sabato scorso ed eravamo in molti. La poca importanza data quest’anno alla manifestazione, mi fa pensare che ci sia un certo timore da parte delle istituzioni nel permettere che gli immigrati abbiano più voce e ottengano più diritti”.“Nulla è cambiato dalla nostra gru”, mi dicono Ahmed Hejazi, detto Jimmi, di origine egiziana, e Javaid Haroon di origine pachistana, entrambi venticinquenni. Vedendoli tanto attivi nel sistemare ed attaccare i loro striscioni gialli, mi hanno incuriosito questi due giovani ragazzi che sono andata a salutarli senza sospettare minimamente che fossero proprio due dei quattro migranti coraggiosi che con tanta costanza e tenacia, sono rimasti a protestare sulla gru per 17 giorni a novembre del 2010. “Abbiamo dovuto salire su una gru per essere ascoltati e anche dopo tutto quel parlare e le promesse avanzate per farci scendere, niente è veramente cambiato. Ci hanno liquidatocon un solo colloquio con ilportavoce del Prefetto di Brescia che poi si è rivelato un nulla di fatto! Siamo ancora clandestini, senza lavoro e dato che ora siamo facilmente reperibili, per via della nostra protesta, nessuno ci assume in nero. Siamo qui oggi perché il diritto di lavorare è fondamentaleper vivere in regola e dignitosamente. Vogliamo circolare e operare alla luce del sole perché siamo persone oneste e da tali pretendiamo di riavere la nostra dignità sottratta anche da quest’ultima sanatoria truffa che ci ha respinto le domande, oltretutto dopo aver speso senza rimborso, 500 euro per la compilazione e la spedizione della pratica”, dice Jimmi senza battere ciglia.
Javaid aggiunge che sono in piazza anche per il diritto immediato di cittadinanza dei figli di immigrati che nascono in Italia e anche degli adulti che hanno superato i 5 anni di residenza nel Bel Paese: “Le seconde generazioni ancora non vengono considerate italiani, seppure vivono qui sin da piccoli e qui si sentono a casa! Vogliamo la cittadinanza per tutti quei cittadini che hanno superato i 5 anni di permanenza regolare e di tutti i bambini che nascono in questo Paese. Vogliamo che si rispetti l’Ordinanza del Consiglio di Stato e quindi si smetta di emettere espulsioni. Siamo qui oggi per i nostri diritti da lavoratori, da cittadini, da umani e nulla ci fermerà. Per farci ascoltare, andremmo incontro a tutte le avversità, salendo anche su altre mille gru se sarà necessario. Vogliamo legalità e giustizia come tutti perché senza di essa non potrà esserci pace. Vogliamo il nostro posto al sole”.