I numeri parlano chiaro, siamo arrivati ad oltre 563 mila nascite di cittadini stranieri in Italia che portano nelle loro carte d’identità ancora la cittadinanza del Paese d’origine dei genitori. Ma questo è giusto? Quali sono le difficoltà da affrontare una volta raggiunta la maggiore età per questi nativi d’Italia ma stranieri? Anila Kadija ha raccolto una testimonianza che percorre tutto l’iter burocratico interminabile.
Lei è nata dove c’è sempre il sole, al Sud. Come tanti altri figli d’emigranti, gente che ha creato una famiglia, inseriti con dignità e tanti sacrifici nella vita del paese che li ha ospitati, lei ha fatto ingresso in Italia aprendo gli occhi e respirando l’aria di piazze e luoghi pugliesi subito dopo un parto travagliato. Si sono presi cura di lei e l’hanno inserito in una delle culle del reparto maternità con un bel fiocco rosa accanto. Aveva vicino tanti bimbi con nomi tipici italiani Francesco, Andrea, Maria. Il futuro di questa terra era lì con lei chiamata dai genitori Margarita. Nell’anagrafe della città del sud, come tutti i neonati è stata registrata dal primo instante e fin qui tutto ciò non c’è nulla di eccezionale. L’unica differenza la cittadinanza: è cittadina albanese come lo erano i suoi genitori. La legge prevede che il bambino, figlio di cittadini stranieri che vivono in Italia regolarmente, prenda la cittadinanza appartenente ai genitori affidatari. Se uno dei due è cittadino italiano, il bambino prende sempre la cittadinanza del genitore affidatario ma in questo caso quella italiana! Esempio padre italiano madre albanese il bambino ha la cittadinanza italiana non albanese. In quel caso la madre non è un genitore affidatario? Dovrebbe essere più coerente dare al bambino due cittadinanze! Perché un bambino che nasce qui non dovrebbe essere cittadino italiano? In molti paesi democratici del mondo, pur essendo affidati ai genitori con cittadinanza straniera, i neonati hanno il diritto di avere la cittadinanza nel paese in cui sono nati. La cittadinanza è un merito! Chi lo meriterebbe più di una creatura che si forma, cresce, crea il suo profilo umano passo dopo passo in un paese? Deve subire dalla nascita una discriminazione che le costerà disagi in tutto percorso della sua vita fin quando compirà la maggior età. A questo punto quando chiedi allibito agli impiegati dell’anagrafe: “ma perche?”, loro rispondono con aria stufata: “ma il bambino sceglierà da solo quando sarà in grado di decidere quale cittadinanza gli debba appartenere!” Ma come fa a scegliere la cittadinanza che gli appartiene…se gliene hanno data soltanto una?Automaticamente al compiere dei diciotto anni, cosi prevede la legge, con un anno di tempo, hanno il diritto di decidere. Una richiesta all’ufficio cittadinanza del Comune dove risiede ed è fatta! Ma sarà vero?Aprile2010. Lei è arrivata alla maggior età, ora si poteva ragionare con il diritto negato dalla nascita, che trascinava lei, in fasce, sotto il freddo, nelle interminabili file davanti agli uffici delle Questure per l’inserimento nel permesso di soggiorno dei genitori o varie modifiche di scadenze oppure spostamenti per motivi di lavoro. Altrimenti, rischiava di diventare clandestina o addirittura fuori legge! Lei frutto maturato e raccolto in questa terra mai ha potuto chiarire bene la sua posizione, mai si è sentita abbastanza protetta. Le facevano spesso questa domanda: “Ma tu sei albanese o italiana?”. Mille volte ha ripetuto: “Ma io sono nata qui, vivo da sempre qui, non so come mai ho la cittadinanza dei i miei genitori. Non so perché a scuola quando si parla d’integrazione e di aiuto per affrontare le difficoltà della lingua italiana mi chiamano in segretaria a fare parte in quei progetti! Mi sarebbe più utile una scuola albanese piuttosto perché è li che ho difficoltà ad esprimere i miei pensieri correttamente!”.Quante volte ha dovuto fare passaporti inutili in Albania e file e file per ogni scadenza. Le sono serviti a fare qualche viaggio, ama la terra dei i suoi genitori, per carità, ma non è la sua! Inutile parlare di nazionalismo, la vita è fatta di cose e di momenti concreti, di energie che si consumano, oltre al denaro speso sempre nelle burocrazie più assurde che affrontano i figli d’emigranti nati e cresciuti in Italia. Ed ora quella richiesta “semplice”, attesa per diciotto anni è arrivata. Non vive più al sud, da dieci anni i suoi genitori si sono trasferiti in un altro paese del nord d’Italia. Ma non dovrebbero esserci problemi essendo stati sempre premurosi ed attenti alla legge e rispettandola pienamente. Morale della favola: Quella richiesta cosi scontata per avere finalmente la cittadinanza si dovrebbe accompagnare al certificato di residenza in bollo insieme all’autorizzazione dalla Questura riguardante la sua permanenza nel territorio Italiano per tutti i suoi diciotto anni. Ciò avrebbe voluto dire fare altre file non solo nella città dove vive ora ma andare personalmente dove è nata. Ci sarebbe voluto altro tempo ed altro denaro. L’Odissea dello straniero che non so perché non “rende” al paese per l’ennesima volta avrebbe fatto capitolo ancora una volta nella sua vita.
Gli uffici competenti anche se sono tutti nel territorio Italiano non possono comunicare tra di loro! Che strana questa burocrazia! È l’era di internet, al Parlamento si parla d’intercettazioni, urlano i politici che non sono tranquilli per la violazione della privacy, tutto è controllato, tutto si sa. Addirittura ci sono anche le impronte per essere schedati, e non sono in grado di risolvere il tutto in un unico ufficio? Poi, si scopre che dopo dieci anni quando non si è più residenti in una zona dell’Italia, non si trova più nessuna documentazione riguardante i tuoi permessi di soggiorno, perché per legge vanno distrutti! Quindi, se non trovi qualcuno che comprende la tua richiesta, puoi rischiare di non poter ricevere alcuna risposta alle tue numerose inquietudini. Non stiamo ad elencare le giornate girate invano, gli sprechi in denaro per la permanenza e gli spostamenti dovuti ai vari tentativi di ricuperare la documentazione richiesta insieme la tassa della cittadinanza. Pensate nata, cresciuta e da sempre residente in Italia paga 200 euro di tassa per avere un diritto negatole dalla nascita. Strano ma vero!Ora, dopo quasi un anno, lei è cittadina italiana ed ha un sogno. Un bellissimo sogno che mi ha spiazzata. Me lo ha svelato quel giorno che ci siamo incontrate nella biblioteca del quartiere. Lei sempre entusiasta e solare, con occhi verdi e capelli lunghi, biondi da ninfa del mare, tanto bella che ho pensato a qualche concorso di bellezza oppure sfilata di moda: quella bellezza gliela consentiva abbondantemente. Ma le sue intenzioni erano altre. Si stava preparando per un passo importantissimo per il suo futuro: aveva già fatto domanda ed era in attesa di una risposta per intraprendere la carriera militare nell’Esercito Italiano. Lo voleva fare per una sua esperienza di vita, per rafforzare le sue idee al servizio dei più deboli. Una scelta, forse, dovuta alla sua situazione con genitori emigranti, oppure alle esperienze con i disabili in Romagna quando andava a fare volontariato con la sua mamma albanese, ma forse, soprattutto all’amore per la sua patria, l’Italia, nonostante sia figlia d’emigranti!