Intervista con Gentian Alimadhi, avvocato e Presidente dell’Associazione, sul Premio Sant’Ilario assegnatogli giovedì scorso dal Comune di Parma.
Gentian Alimadhi era molto emozionato durante la cerimonia di consegna del Premio cittadino Sant’Ilario che il Comune di Parma assegna annualmente dal 1987, il 13 gennaio, giorno del Patrono della Città, ai cittadini che hanno reso migliore la vita della comunità e hanno elevato il prestigio della città. È la prima volta che viene assegnato a un cittadino italiano di origine straniere. AlbaniaNews lo ha intervistato subito dopo.
Hai ricevuto il Premio Sant’Ilario, la massima onorificenza cittadina assegnata a chi contribuisce a rendere migliore la vita della comunità. Come ci si sente?
Ci si sente in anzitutto onorati, anche sorpreso direi, perché da quando vivo a Parma, consideravo questo premio come un riconoscimento per i soli parmigiani autoctoni e per coloro che veramente avevano dato tanto per la città. Invece con questo gesto, il Comune di Parma fa capire che le possibilità di crescere e la responsabilità di sentirsi a casa propria e contribuire alla vita della comunità cittadina, appartengono anche ai migranti, o meglio, in questo caso anche ai nuovi cittadini italiani. Sono diventato cittadino italiano soltanto nell’aprile dell’anno scorso e il premio mi riempie di orgoglio e di onore. Poi, la sensazione personale è quella di un’emozione totale, soprattutto durante la cerimonia. Cosi commosso non mi sono sentito neanche il giorno della concessione della cittadinanza che considero un diritto e non un premio. Quindi se la cittadinanza italiana è un diritto che i cittadini migranti devono avere visto che lavorano, pagano le tasse e contribuiscono al benessere di questo paese, il premio è un qualcosa di più che non rientra nei diritti soggettivi delle persone, ma fa onore a chiunque e soprattutto ti fa sentire più cittadino. Nella motivazione del Premio è menzionato anche il tuo percorso di integrazione “fondato sul lavoro” e le difficoltà che hai incontrato in questo percorso. Di quali difficoltà si tratta?
Sarà riferito alla mia storia di immigrazione e integrazione. Sono arrivato nel 1993 e dopo 3 anni da clandestino, sono riuscito a regolarizzarmi. Ho lavorato sempre nella stessa fabbrica e ho mollato solo quando ho deciso di intraprendere l’attività da libero professionista come legale. Dall’altra parte, subito dopo la regolarizzazione, mi sono iscritto all’università, trasformatosi nel mio sogno mancato. Volevo la mia rivincita. Avevo lasciato la Facoltà di ingegneria edile, indirizzo architettura in Albania per vivere da clandestino in Italia, e in queste situazioni si rischia di cadere in depressione. All’epoca, a Parma non c’era la Facoltà di Architettura e l’unica che mi permetteva di continuare a lavorare e studiare era quella di giurisprudenza. Dopo la laurea, mi sono iscritto per il praticantato, ho avuto l’abilitazione e adesso svolgo con determinazione la professione di avvocato. Sono molto soddisfatto del mio percorso ma le sfide nella vita per fortuna non finiscono. Ne abbiamo bisogno per andare avanti. Per il momento sono due. Da una parte, realizzarmi a pieno nella mia professione, dall’altra, consolidare ancora di più l’Associazione Scanderbeg.
Poi, nella motivazione oltre al lavoro viene messo in risalto l’orgoglio per le tue radici, e la tua storia personale e professionale che “testimonia il contributo di tanti nuovi parmigiani che oggi partecipano alla costruzione del bene comune”.
Non poteva essere altrimenti. È un premio conferito alla persona, ma lo considero comunque un premio che appartiene a tutta la comunità albanese di Parma. Una comunità che ha dimostrato in questi anni di saper lavorare, e soprattutto convivere civilmente e unitamente alla cittadinanza autoctona che ci ha ospitato e ci ha dato la possibilità di lavorare e studiare. Quindi, per me vengono premiate la comunità albanese e l’Associazione Scanderbeg che lo rappresenta, per il suo contributo nel migliorare la convivenza civile e valorizzare le radici.
Inoltre, vieni preso “come esempio di integrazione vera e positiva”.
Infatti, secondo me, il messaggio che l’amministrazione comunale vuole dare è proprio questo. La mia storia positiva di integrazione, il mio percorso personale che testimonia quello di tanti altri cittadini non italiani che vivono a Parma. In una città del nord come Parma, ci sono tutti i presupposti per farcela per chi ha la voglia e rimbocca le maniche. Conosco tantissime persone che si sentono e sono realizzate nelle proprie professioni e attività. Mi auguro che la mia premiazione, sia una prima occasione e si possa ripetere nel futuro. Quindi, un monito per l’amministrazione locale che continui nel futuro in questa direzione?
Esatto, che non rimanga isolato come caso. In due interviste che ho rilasciato questa mattina per le televisioni locali, ho ribadito questo aspetto cioè la mia premiazione sia di buon auspicio per tutti gli altri cittadini che abbiano avuto o avranno il mio stesso percorso. Per me è un riconoscimento che deve significare da una parte l’accoglienza nella comunità cittadina, dall’altra il senso di appartenenza alla città che per me è molto importante. Mi sento di appartenere a questa città e nella mia doppia veste da cittadino albanese e italiano mi sento anche parmigiano. Leggendo la motivazione, forse l’Amministrazione ha colto questo aspetto. Io mi sento parmigiano senza ovviamente dimenticare le mie tradizioni e origini. Vuol dire che sei sia albanese che parmigiano?
Lo dico sempre: sono albanese per nascita e parmigiano per scelta. Secondo me la persona si completa quando ha questi due profili e trova un equilibro giusto tra loro. A Parma sono arrivato a 20 anni, probabilmente avrei costruito anche altrove la mia vita, ma Parma mi ha dato la possibilità di realizzare i miei progetti. Dall’altra parte, dobbiamo far capire a chi ci ospita, e soprattutto a chi ha pregiudizi verso il “diverso”, che il fatto di presentarsi con una propria identità non sia un handicap. Non negare la propria identità è un fatto positivo che chi ti accoglie, apprezza. Alcuni miei connazionali, dopo tanti anni di immigrazione ancora oggi cercano di negarsi e nascondersi dietro la maschera dell’appartenenza piena al paese in cui vivono. Noi probabilmente non possiamo cambiare su questo aspetto. Non dobbiamo per forza negare le nostre origini per sentirsi parmigiani, emiliani o italiani. La Sala ha accolto con applausi la tua premiazione. Anche la stampa si è interessata “dell’avvocato albanese”. Come accoglieranno domani i parmigiani la notizia?
Non mi stupirebbe il fatto che la città di Parma accogliesse positivamente la mia premiazione. Questa città e i cittadini parmigiani ormai sono maturi per poter accogliere i nuovo parmigiani che si riconoscono anche in altre radici. Questo grazie anche al lavoro dell’Associazione Scanderbeg che organizza attività in cui è invitata tutta la cittadinanza parmigiana e fa vedere che non siamo primitivi persone con una storia, una cultura e una identità. Quindi, meritevoli di rispetto e di essere accolti con la dovuta considerazione. La stragrande maggioranza della comunità non può che accogliere con soddisfazione questa premiazione. Non posso escludere che ci siano ancora persone che nutrono pregiudizi e non sono aperte perché ancora non sono usciti nemmeno dai confini del loro quartiere. Tuttavia, in città si sarà comunque saputo. La cerimonia era anche in diretta tv. Hai già avuto i primi auguri? Da chi?
Sì, la voce si è sparsa. Iniziano ad arrivare e la maggior parte sono dei miei amici parmigiani che hanno seguito la premiazione in diretta. La prima mi è arrivata dall’assicuratore Paolo Larini che mi conosce da quanto sono arrivato in Italia, e mi ha scritto in un sms proprio questo: “Il Premio Sant’Ilario il sottoscritto
te lo ha assegnato da quando ci siamo conosciuti”. E poi la seconda da Resi Alberici, docente del Liceo Bocchialini di Parma dove facciamo dei laboratori sulla cultura albanese e poi il Prof. Giovanni Montani, Presidente della Commissione media ASL. Invece dai miei amici albanesi i primi auguri sono arrivati dalla Famiglia Domi e continuano ad arrivare altri. Due domande sull’Associazione Scanderbeg. Quali sono le prossime attività in programma?
Da due tre anni, Scanderbeg lavora con un calendario di attività prestabilite. Alla riunione di fine anno abbiamo già stabilito il programma per il 2011. E sono tante. Il 17 febbraio l’anniversario dell’indipendenza kosovara, il 7-8 marzo le feste dell’insegnante e della donna. Per l’occasione, ci sarà anche una serata con la scrittrice albanese Anilda Ibrahimi. Poi d’estate, il primo di giugno ci sarà la festa dei bambini e quella della Scuola di lingua albanese, dal 10 al 12 giugno l’Etnogusti. E a fine novembre la settimana della cultura albanese che riepiloga un po’ nella maniera più completa tutte le nostre attività annuali. Dall’altra parte, come è già successo nel passato, in corso d’anno ci potrebbero essere anche altre attività.
E le sfide?
Oltre alle attività culturali che organizziamo, la prossima sfida è offrire servizi alla nostra comunità e costituire un reale punto di aggregazione. Quindi, una volta che riusciamo ad ottenere questo al 100%, vuol dire che abbiamo compiuto la nostra missione. Ovviamente non possiamo pretendere di rappresentare tutti, perché ci sono tanti che vogliono seguire altri percorsi o non essere rappresentati. Noi li invitiamo tutti.