Dopo tre anni di mancata attuazione, ed in mancanza di quel documento programmatico triennale previsto dai testi unici per l’immigrazione, il governo italiano ha presentato in data 30 novembre 2010 un nuovo decreto flussi, che verrà pubblicato in questi giorni sulla gazzetta ufficiale.
Il decreto prevede un numero totale di ingressi pari a 98.080 cittadini stranieri, così suddivisi: 52.080 ingressi per lavoro subordinato, in tutti i settori, riservati a cittadini di Paesi che hanno stretto accordi bilaterali con l’Italia; 30 mila ingressi per lavoro domestico (colf, badanti, babysitter ecc.) di cittadini di Paesi che non hanno quote riservate; ed una a restante parte di circa 16.000 ingressi dedicata alla conversione di permessi di soggiorno per studio, ingressi a cittadini stranieri naturalizzabili ed a cittadini CE con permesso europeo rilasciato da altri Paesi Ue.
La procedura prevede, come al solito, che l’immigrato presenti domanda d’assunzione ed entri in Italia con un visto d’ingresso. In realtà, come hanno dimostrato i fatti di Brescia e di Milano, il decreto servirà soprattutto a regolarizzare la posizione di una minoranza di quegli immigrati irregolari – secondo stime Istat e Ismu, valutabili fra le 500mila e le 700 mila unità – già presenti sul nostro territorio, impiegati in nero nei vari settori dell’economia informale,privi di ogni diritto di cittadinanza sostanziale e perciò funzionali alle esigenze del mercato del lavoro italiano. La procedura prevede poi, come accaduto nel 2009, l’inserimento delle domande via web, nel cosiddetto “click day”, uno strumento che darà priorità non a chi presenta un miglior curriculum vitae ma a chi riesce a far prima, magari grazie all’aiuto di una ben retribuita agenzia italiana. Tutto ciò nel quadro di una sostanziale riduzione del personale degli sportelli unici per l’immigrazione nelle prefetture, pari a 650 contratti precari che non verranno rinnovati nel 2011. C’è quindi di aspettarsi che i tempi di valutazione delle pratiche si allungheranno oltre i 12 mesi della passata sanatoria, con tutti i disagi che i richiedenti si troveranno a dover affrontare.
Se 100.000 permessi sono sicuramente insufficienti, è a mio avviso fortemente criticabile anche l’impianto della ripartizione dei permessi. Per quanto riguarda la quota destinata a Paesi con cui si stringono accordi bilaterali, essa includerà permessi per nazioni ad alta pressione migratoria comeMoldavia (5.200), Marocco e Albania (4.500 a testa); riserverà quote sproporzionate rispetto ai flussi per Paesi come l’Egitto (8.000) e addirittura nulle per Paesi al contrario molto presenti nel panorama della migrazione irregolare, quali ad esempio la Cina. Il problema dell’immigrazione irregolare in Italia, insomma, non verrà ancora una volta adeguatamente affrontato dal decreto.
Per quanto riguarda invecegli immigrati provenienti da tutte le altre nazionalità, l’unico canale regolare è rappresentato dai 30.000 ingressi previsti per lavoro di cura, un numero decisamente sotto proporzionato se si considerano le 740.000 domande presentate per la sanatoria del 2009. Ed un canale ancora una volta limitato ad un settore lavorativo dequalificato e che occupa soprattutto donne dell’Est Europa.
I canali legali offerti indicano insomma una tendenza sempre più marcata ad una politica migratoria che potremmo definire “preferenzialista”: una politica che vuole scegliere quale tipo di immigrato ospitare, in base alla sua provenienza, al suo sesso, alle necessità del mercato del lavoro italiano.Una politica, va detto, non inedita ma che trova un modello negli Immigration Acts prodotti negli Stati Uniti nel corso del ‘900 per limitare dapprima gli ingressi degli asiatici e poi quelli degli immigrati meno alfabetizzati, fra cui proprio gli italiani.Una politica che indica nella donna moldava, rumena o ucraina che lascia la propria famiglia per assistere gli anziani italiani, e che si ritrova a vivere segregata nello spazio di cura con pochi diritti ed una condizione di alta vulnerabilità, il modello ideale di immigrato che l’Italia vuole ospitare.Una politica che, ancora una volta, si fonda sulla demagogia e sull’effetto annuncio, senza alcuna seria analisi scientifica dei fenomenimigratori reali.