Tra poche settimane, inizia l’anno accademico nelle università italiane. Gli studenti stranieri non comunitari, inclusi quelli albanesi, sono sempre più numerosi ma le difficoltà che incontrano sono molte e spesso sono obbligati a farcela da soli.
Il fascino del “Belpaese” diventa sempre più seducente e affascina il mondo intero, esercitando un incantesimo principalmente sui giovani. Essi scelgono l’Italia non solo come meta turistica da visitare, ma anche come destinazione per concludere il percorso di studi. Nel 2010, 6.420 studenti stranieri hanno scelto Milano per questo traguardo. Sono specialmente il Politecnico e l’Università degli Studi di Milano ad attirare i giovani dall’estero, con rispettivamente 1.820 iscritti (28,3% sul totale di Milano) e 1.682 iscritti (26,2%). Seguono Bocconi (15,6%), Bicocca (14,5%) e Cattolica (12,6%). “L’impegno della Camera di Commercio, insieme alle altre istituzioni, è di migliorare l’attrattività di Milano anche grazie alla sua capacità di accogliere i giovani stranieri che rappresentano una risorsa importante per il nostro territorio”, sottolinea Claudio Rotti, vice presidente Promos, azienda speciale della Camera di Commercio di Milano.
Sono oltre 14.000 gli studenti stranieri che ogni anno scelgono il Belpaese per l’Erasmus, il progetto della Comunità europea di durata da un min 3 mesi a un max di 12 mesi. Dal 1987, la Commissione europea sostiene questo programma di mobilità cui è stato dato il nome dello studioso cosmopolita, che secondo una legenda metropolitana viene denominata dagli stessi studenti come “orgasmus”. Il suo scopo principale è quello di facilitare la mobilità degli studenti universitari tra le università europee. Un modo per conoscere culture diverse, migliorare le lingue straniere, sostenuti dalla propria università anche economicamente.Una realtà dissomigliante all’Eramus è quella degli studenti stranieri non comunitari, che scelgono di studiare in Italia iscrivendosi ai corsi di laurea delle università italiane. Spesso, sono abbandonati a se stessi senza un sostegno, privi di una guida che li aiuti a entrare nella logica universitaria italiana che varia secondo l’ateneo. Incontrano difficoltà burocratiche gravissime, non sono ben informati e si trovano a risolvere tutto in modo individuale, facendo code infinite tra questure e altri sportelli dove burocrazia e sopraffazione convivono in maniera proporzionata. Gli URP (Uffici Relazioni con il Pubblico) spesso sono sinonimo di “NULLA”. Durante tale agonia spesso tanti studenti tralasciano i primi giorni di lezioni nelle aule, l’unico luogo della facoltà dove poter conoscere i loro colleghi italiani. In altre parole, il luogo in cui si rende possibile la loro integrazione nella nuova società di cui hanno scelto di far parte per un minimo di 3 anni. Un numero considerevole abbandona gli studi durante il primo anno. Non è detto l’ultima parola.
Nonostante tutto, in Italia l’integrazione è possibile. A confermarlo è la storia di Amal (nella sua lingua significa speranza), studentessa araba. I primi giorni di settembre saliva e scendeva le scalinate dell’università sola, staccata dai gruppetti studenteschi. Guardava tutti intimidita e impaurita. “Tutto ciò era dovuto anche agli sguardi curiosi degli altri”, afferma Amal.
Anche se griffata dalla testa ai piedi, non è vestita come gli altri. Porta si, i vestiti firmati e abbinati nei minimi particolari come di regola all’università IULM, la più moderna d’Italia, conosciuta non solo per la preparazione dei suoi studenti ma, anche per le belle ragazze dai capi che fanno decisamente tendenza…. giacche, gonne, pantaloni, scarpe con tacchi vertiginosi e cinte sono all’ultimo grido. Tutto da accompagnare con cappelli, guanti, foulard e gioielli vari. Il suo Foulard Louis Vuitton in seta Monogram Leopard creato da Stephen Sprouse 100% seta, avvolge i suoi capelli lasciando scoperto il suo bellissimo viso. Amal, ha iniziato piano piano il suo camino di integrazione e oggi vedi i suoi occhi brillare e il suo sguardo diretto, aperto senza timore. Tutto questo è stato lento, ma grazie alla sua determinazione, la voglia di conoscere una cultura diversa dalla sua e capirla senza giudicare è riuscita ad avere amici e amiche. Oggi è membro di quei gruppetti che all’inizio osservava da lontano. Va a prendere il caffè al bar insieme a loro, studiano insieme, nel pomeriggio vanno a fare l’aperitivo, la sera organizzano laPizzata.
Sorridendo, afferma: “i miei amici maschi sanno che non mi devono abbracciare, baciare o stringermi la mano, per salutarmi. Per loro non è un problema, anzi spesso scherzano su questo fatto dicendomi, se non fai questo, ti do un bacio”. “La mia fede, il mio velo non è un problema per loro, perché fa parte del mio modo di essere, è una mia scelta e la rispettano. Come per me non è un problema chi crede in un’altra religione, viene da un’altra nazione, o chi non crede in Dio. Sono e devono rimanere fatti personali di ognuno”.“Ho afferrato quasi da subito – ribadisce Amal. L’unico modo per conoscere realmente la società italiana era farlo senza giudicarla. Man mano che mi avvicinavo a loro in modo naturale, vedevo loro avvicinarsi a me nello stesso procedimento. A volte, i muri vanno giù a soffio di un’idea come dice una bellissima canzone di: Umberto Tozzi – Gli Altri Siamo Noi”.