Arrivo sul lago Maggiore in treno, e mi accoglie una vista mozzafiato che abbraccia tutti i paesi affacciati su questo grande, quasi fiabesco specchio d’acqua. Dopo vari cambi di vettura (viaggio breve ma alquanto avventuroso!) eccomi finalmente: davanti a me la “regina del Verbano”, il centro noto a livello internazionale come meta d’elezione per illustri viaggiatori stranieri, ma anche sede di residenze principesche, attrezzature turistiche e manifestazioni culturali di rilievo.
Com’è facile capire, in quest’assolato pomeriggio d’estate sono a Stresa, paese di circa cinquemila abitanti che su una superficie abbastanza modesta può vantare un numero incredibile di attrazioni per i suoi visitatori, divisi come si trovano fra quelle naturali (le piccole Isole Borromee, la salita sul monte Mottarone) e quelle architettoniche (celeberrimi, più ancora dei pur interessanti edifici di fine Settecento -parrocchiale e Villa Ducale-, sono infatti i vari parchi e giardini che il comune ospita). Non si può dimenticare, infine, l’appuntamento culturale con le Settimane Musicali di fine agosto: vi suonano o dirigono da quattro decenni, infatti, esponenti di assoluto rilievo del panorama concertistico mondiale, accrescendo così ulteriormente la fama internazionale della cittadina piemontese.
In tanto perfetto splendore, poi, un’altra piacevolissima sorpresa mi viene offerta dal luogo dove ho prenotato per la notte dopo varie ricerche sulla rete. Si tratta di un bed and breakfast situato proprio al centro del paese, vicinissimo al lungolago, in una stradina pedonale dietro la chiesa di San Michele, di cui ben presto ho modo di apprezzare -oltre alla posizione estremamente comoda, cosa non trascurabile per chi, come me, ha deciso di non viaggiare in auto-, anche l’aria intima e ben curata e i modi affabili della proprietaria. La villa, posizionata ai piedi della collina più esclusiva di Stresa, a due passi dalla zona pedonale e dal porto turistico, in pieno centro, è circondata da ville d’epoca e parchi di altissimo valore artistico, come la Villa e il Parco Pallavicino, il Collegio Rosmini e molti altri. Per gli ospiti è disponibile una dependance con due camere matrimoniali più balcone, dotate di frigo, tv e internet WiFi, ideali per due coppie di amici o una famiglia di 4/5 persone.
Inoltre è presente anche una terza camera matrimoniale, molto ampia e con bagno privato all’interno, che si trova al quarto piano della casa e può vantare una vista lago davvero suggestiva. Durante il periodo estivo, inoltre, gli ospiti possono usufruire anche di ulteriori comodità: il giardino attrezzato di gazebo, il solarium e il barbecue. Ma ciò che più può lasciare piacevolmente sorpresi e soddisfatti della scelta, secondo me, è proprio l’aspetto umano, l’accoglienza dai toni mediterranei che, in questo angolo settentrionale del già settentrionale Piemonte, è difficile aspettarsi, e proprio per questo rappresenta forse la sorpresa maggiore.
Nel frattempo, infatti, ho conosciuto Dalina, la cordiale signora di origine albanese che mi attende all’arrivo; scambiate due chiacchiere, apprendo qualcosa di lei e vengo accompagnata per tutta la struttura , che si trova disposta su più piani. Sin da subito mi colpisce l’atmosfera familiare che vi regna, benché il mio occhio -sono una donna ed è meglio non smentirsi!- sia andato subito a posarsi sull’arredamento delle varie stanze, e in particolare di quella che ospita gli oggetti di artigianato africano ed esotico in genere. Talmente colpita da questo aspetto, infatti, prima di salutare Dalina la mattina seguente le chiederò a cosa sia dovuta la scelta di simili suppellettili, tanto belle e particolari: “Amo l’arte in ogni sua manifestazione -mi sarà risposto- e ognuno di questi oggetti ha una sua particolare simbologia, è vettore di un significato ben preciso.”Questo bed and breakfast, che la giovane signora gestisce con suo marito, nasce tre anni fa in seguito alla partenza della loro unica figlia per gli studi universitari in Svizzera; “Che facciamo adesso di una casa tanto grande?” -si sono quindi chiesti i due coniugi- “Ora che la ragazza vive fuori, perché non trasformarlo in un punto di accoglienza per i numerosi turisti che affollano la nostra cittadina?” e da questa felice intuizione ecco trasformarsi la villa così come si presenta oggi, accogliente e intima. Proveniente da una famiglia di intellettuali di Tirana assai conosciuta, dopo un passato di insegnante a Tirana, Dalina si trova, con suo marito, a condurre l’attività da tre anni, dopo un’altra esperienza in proprio durata quindici anni. In passato, infatti, la coppia era responsabile di una ditta che si occupava di progettazioni, certificazioni e assistenza di strumenti di misura per l’industria.
Dall’incontro con quest’affabile e ospitalissima signora mi viene spontaneo, appena tornata a casa, tentare di approfondire un po’ fenomeno e cifre dell’occupazione e imprenditoria straniere (e albanesi in modo specifico) nel nostro Paese, iniziando così una ricerca che mi porta a scoprire alcuni dati interessanti, per me in parte ancora poco noti.
In Italia gli imprenditori provenienti dall’Albania ammontano a ben 25.000 unità, e un decimo di loro (circa 2.400) risiede proprio in Piemonte. È interessante notare come, in seguito alle massicce emigrazioni del 1990-91 e del 1997 -quest’ultima dovuta principalmente alla crisi delle società finanziarie dello Stato balcanico-, in anni più recenti emerge un elemento piuttosto atipico: il coinvolgimento di considerevoli quote femminili. Se nelle prime fasi, infatti, l’immigrato albanese tipo era uomo, giovane e celibe, in quelle successive aumenta il numero di donne che decidono di lasciare il proprio Paese grazie a vari fattori; fra i più importanti si possono però segnalare: ricongiungimenti familiari (scarso il numero di uomini sposati che lasciano moglie e figli in Albania), regolamentazione dei flussi d’ingresso per motivi di lavoro e studi universitari, tutti incrementati rispetto al periodo precedente.
In seguito a tale importante cambiamento, per diretta conseguenza, si verifica piano piano anche un’evidente differenziazione dei settori in cui i lavoratori albanesi sono impiegati, e dei ruoli che ricoprono. Se negli anni immediatamente successivi ai primi massicci esodi degli anni ’90, infatti, li si vede lavorare quasi esclusivamente nel campo edilizio, nel 2008 risulta invece che il 52,9% degli occupati è impiegato nell’industria, il 37,6% nei servizi e il 7,8% in agricoltura e pesca. Guardando ai singoli comparti, la loro presenza è ancora consistente nelle costruzioni (32,5%), ma si presenta molto più variegata che nel lasso temporale precedente: accanto all’edilizia abbiamo infatti l’emergere degli ambiti ristorazione (10,4%), servizi alle imprese (9,3), agricoltura (7,7%) e servizi alla persona (3,7%).
Guardando poi alle attività in proprio, notiamo anche in questo caso un’evoluzione rispetto agli inizi, con casi numerosi di lavoratori autonomi registrati presso le Camere di commercio; sebbene il settore maggiormente rappresentato tra gli imprenditori rimanga ancora quello dell’edilizia (settore in cui però,dopo un passato da dipendenti, è stata appunto intrapresa la strada del lavoro in proprio, e ciò rappresenta un cambiamento non trascurabile), non mancano tuttavia esperienze di lavoro autonomo anche nel settore dei servizi e nel commercio -agenzie di spedizioni internazionali, esercizi pubblici, imprese di pulizie, ecc.-.
Se dunque si analizzano i dati relativi alla presenza e all’inserimento lavorativo degli immigrati, allargando la visuale a prescindere dalla loro origine, ci si trova davanti a risposte positive tanto in settori tradizionali quanto in settori nuovi, tanto in forme tipiche di lavoro dipendente quanto, appunto, nelle prime esperienze imprenditoriali di lavoro autonomo, come nel caso della signora Dalina.
Il contributo delle donne immigrate all’espansione della base imprenditoriale femminile in Italia negli ultimi anni è risultato significativo: le 3.647 imprese in più con a capo una donna proveniente da un Paese estero, infatti, hanno contribuito per quasi la metà del saldo complessivo del 2006. Le imprese femminili individuali guidate da donne immigrate superano così, alla fine del 2007, le 43mila unità, registrando cioè un incremento di quasi dieci punti percentuali rispetto all’anno preced
ente; tuttavia bisogna anche sottolineare che, finora, con meno di trentamila aziende questa fetta di imprenditoria non ha potuto esprimere appieno le sue potenzialità. Rispetto alla consistenza delle donne immigrate, infatti, queste costituiscono appena un terzo di quanto sarebbe effettivamente possibile realizzare.
Le cinesi si confermano le più numerose (sono infatti oltre 11mila), seguite – escludendo la Svizzera – dalle colleghe marocchine (3.451, con un incremento del 14,6% rispetto al 2006). Tra le comunità emergenti, si segnala il forte l’incremento percentuale delle imprenditrici albanesi, appunto (+26,6%), e di quelle ucraine (+24,1%).
In conclusione tale livello di inserimento lavorativo è frutto, fra gli altri, di sistemi e canali di avviamento al lavoro informali e non ufficiali, avvalendosi inoltre di una rete associativa a bassa visibilità e facendo del mimetismo sociale la strategia del suo buon esito “inosservato”. Non si può infatti dimenticare questo, purtroppo: tra l’inserimento lavorativo e l’integrazione all’interno della società ospitante si interpone a ostacolo -notevole- la frattura che spesso le persone di origine non italiana sono chiamate ad affrontare e che ha il nome, assai brutto ma assai rispondente al vero, di “pregiudizio etnico”.