Settecento persone non di piùma sufficienti a militarizzare un’intera città. Fin dalla mattinata il cielo di Modena è trafitto dal rumore di un elicottero, il centro è presidiato in ogni punto da polizia, carabinieri e guardia di finanza, lungo i viali le pattuglie corrono avanti e indietro senza sosta nel mentre qualche vigile dirige il traffico, walkie talkie in mano. Spiazzante la quantità di forze dell’ordine.
Il corteo passa con qualche ora di ritardo per le vie del centro, una marcia militare aperta dalle camionette della polizia, contenuto da militari in assetto antisommossa e chiuso dagli stessi. Difficile scattare foto, gli anarchici non vogliono, la Digos in borghese neanche, appena tre foto e ti ritrovi una telecamera puntata in faccia. Clima plumbeo, tensione bassa nonostante le apparenze, qualche lancio di vernice sulle vetrine della Benetton e dell’Unicredit, scritte contro i Cie e contro Giovanardi.Ma perchè proprio Modena?Il Cie della città èconsiderato all’avanguardia, un centro di identificazione ed espulsione a cinque stelle. Qualche tensione c’era già stata l’agosto scorso quando alcuni detenuti avevano dato fuoco ai materassi in protesta contro la legge 733 che prolungava a sei mesi la loro detenzione. Allora la polemica politica fu tutta incentrata sulla qualità della struttura, senza scalfire e né interrogarsi sul nodo centrale della questione: la privazione della libertà per persone che non hanno commesso alcun reato, così come domani la polemica politica sarà tutta indirizzata sull’inciviltà degli anarchici che sono scesi in piazza.
I problemi però rimarranno, sedimentandosi a basso voltaggio. Sarà difficile che un televisore possa bastare per deglutire un’ingiustizia. Sei mesi di detenzione. A persone che chiedono solo una libertà a poco serviranno lavanderie e strutture a cinque stelle. Ma c’è dell’altro, a Modena dietro i Cie si nascondono interessi non di poco conto. Chi gestisce il Cie di Modena e dal 2005 quello di Bologna è la Confraternita della Misericordia presieduta da Daniele Giovanardi, fratello dell’ex ministro Carlo Giovanardi oggi membro del Pdl.
Appalti per il privato sociale che consentono la creazione di posti di lavoro, ma lavoro sulle spalle di cosa e di chi sopratutto? Sulle spalle di tragedie del mare, di viaggi della speranza, o sulle spalle di povera gente in fuga da guerre, dittature o molto più spesso semplicemente alla ricerca di un futuro migliore. Interessante da questo punto di vista leggersi la storia Joy che potete trovare qui .È dura oggi constatare come queste strutture siano ormai state ingoiate, culturalmente accettate, alle volte addirittura considerate necessarie per il controllo dell’immigrazione e che a scendere in piazza non siano rimasti che gli anarchici con i volti coperti e le loro tenute nere.
Certo è che la diffusione in territorio italiano e europeo (l’Europa dei diritti umani) di strutture come i Cie può essere vista come uno dei punti più oscuri della gigantesca questione immigrazione. Strutture “pre-diritto” che consentono la privazione della libertà dell’individuo in seguito a un semplice illecito amministrativo (come il mancato possesso di documenti) e che sono ormai da intendersi come i terminali delle politiche migratorie italiane ed europee, adottate in nome della sicurezza e di un presunto vivere civile.
Sicuramente viene da domandarsi, ponendo uno sguardo più attento, se queste strutture non siano già sintomo di un grave arretramento della nostra civiltà, laddove la scelta dell’accoglienza viene negata e i più elementari diritti dell’uomo diventano sospesi.