Sono stati in tanti, forse più di cinquecento, i cittadini che hanno partecipato alla manifestazione del Primo Marzo a Parma per richiedere il rispetto dei diritti dei migranti, il riconoscimento della cittadinanza e del diritto di voto. Ma non abbastanza se si considera che in una realtà come quella parmigiana solo la comunità albanese conta più di cinquemila residenti.
Molte le organizzazioni che hanno aderito al Comitato Primo Marzo, organizzatore dell’iniziativa: Mani, Casa Cantoniera, CGIL, Libera-Parma, Gruppo Anarchico A.
Cieri, Emergency, N’ZASSA AFRICA, Giovani Comunisti, Associazione Albanesi Scanderberg,Vox Aquila, e tante altre. Nella piazza più importante della città, il cielo si è coperto di decine di bandiere rosse, invece i giornalini con falce e martello hanno rubato la scena ai bracciali e le collane di carta gialli, colore della giornata. Un momento meraviglioso e pieno di significato che ha regalato mille sorrisi a tutti i presenti è stato la parata della comunità indiana con musica etnica, striscioni, altoparlanti su un carro che si può definire “Carro della conoscenza” (vedi foto). I giovani presenti erano per la maggior parte italiani e membri di associazioni giovanili piuttosto che stranieri in protesta. Associazioni quali Scanderbeg, N’ZASSA AFRICA, Emergency sembravano più un contorno che veri rappresentanti della manifestazione. La pubblicizzazione del proprio credo politico e delle proprie bandiere, potrebbe spiegare perché nel tragitto verso il luogo della manifestazione abbiamo incontrato tanti stranieri che andavano nel verso opposto. È nota per molti la sfiducia dei migranti nella politica e il loro senso di inferiorità, spesso convinti di non poter fare niente per cambiare le cose. “Speravamo in una più larga partecipazione da parte di tutti gli stranieri residenti a Parma”, ci dice Elvira, associata di “Scanderbeg”. “I colori delle bandiere distolgono l’attenzione dal vero senso di questa giornata”, – aggiunge Durim, anch’esso associato di “Scanderbeg”. Condivide l’idea di Durim anche O.
A., partecipante indipendente alla manifestazione: “Il credo politico di qualsiasi colore in occasioni cosi importanti per le comunità straniere deve starsene fuori”. Infatti, il giorno dopo, i giornali hanno scritto poco sulle vere associazioni aderenti all’iniziativa e le singole persone direttamente coinvolte. Cosi, il senso del Primo Marzo, quello di una voce univoca da riconoscere e da rispettare e soprattutto della giornata dedicata agli immigrati, non è venuto fuori del tutto. Il Primo Marzo doveva essere un giorno senza il contributo di chi incide per più del dieci percento nel Pil nazionale per dimostrare la loro importanza nella crescita del paese. Un giorno intero per dare voce ai diritti riconosciuti dalla Costituzione per far capire che la lotta contro la criminalità non può essere svolta contro i stranieri. Ventiquattro ore per ricordare ai cittadini italiani che sono gli immigrati ad aver popolato il mondo portando con sé storia e conoscenza. Ventiquattro ore che auguriamo il prossimo anno siano vissute direttamente e orgogliosamente, più di tutti, dagli stranieri in prima persona.