Oggi è 8 agosto. Divento sempre un po’ malinconica, a tratti triste in questo periodo. I ricordi riaffiorano, vengono sempre da più lontano ma hanno sempre lì stessi colori grigiastri, lo stesso calore soffocante e lo stesso odore nauseabondo.
Ho raccontato mille volte, nei minimi particolari e a tanta gente i miei giorni del inizio agosto del ‘91. Sembra che oramai non c’è niente di nuovo da raccontare e invece … e invece in una scatola oramai vecchia io conservo dei bottoni colorati. Non sono solo un ricordo, sono le uniche cose che mi sono rimaste di quel viaggio, di quei giorni. Non sono solo un ricordo, sono un simbolo, proprio perché sono bottoni, come volessero tenere assieme le mie due vite.
Quella mattina avevo deciso di mettere la mia gonna preferita, lunga, di un colore verde bellissimo, abbottonato davanti con dei bottoni colorati uno diverso dall’altro. Oggi di gonne così c’è ne sono tante ma negli anni 90, in Albania era una cosa del tutto eccezionale. Avevo la fortuna di indossare vestiti belli e diversi da quelli che si trovavano nei negozi, più o meno uguali e da colori tristi. Amavo la mia gonna con i bottoni colorati e ci tenevo tanto. Non sapevo quando l’ho indossato che quella gonna mi avrebbe accompagnata nel viaggio più difficile e sporco della mia vita. Mi sono dimenticata della gonna, non pensavo più se si sporcava o si strappava, era diventato un abito è una coperta oramai per due giorni. Ero scappata dall’Albania, salendo sulla nave con una corda, ero scappata dalla nave scendendo con la corda, ero scappata dal porto affollato con indosso sempre la stessa gonna ma oramai di colorati erano rimasti solo i bottoni.
Al pronto soccorso del ospedale, riesco a fare una doccia e mi danno dei vestiti “nuovi”. La prima volta della mia vita che indossavo vestiti non miei. Non ho avuto nemmeno una sorella per scambiare i vestiti. Ma ero felice perché odoravano di pulito. Ho lasciato tutto il resto ma la gonna con i bottoni colorati l’ho avvolta così sporca com’era e l’ho portato con me insieme a dei panini e bottigliette di acqua per fare ritorno allo stadio.
Dopo una notte insonne e una giornata infernale ci si preparava per l’ennesima fuga, ahimè dovevamo scappare di nuovo questa volta dallo stadio.
Non potevo portare niente con me, soltanto i documenti, i 50 dollari e nient altro. Niente, nemmeno quella piccola sacca dove tenevo la mia gonna è l’ultimo panino. Si doveva buttare tutto lì in un angolo nei meandri dello stadio anche la mia gonna con i bottoni colorati. Che fa, siamo in Italia, sai quante gonne ne potrai comprare. Ma quella era la mia gonna preferita, sembrava mi strappassero un pezzo della mia vita, della mia esistenza, della mia personalità. Che sciocca ragazzina con tutto ciò che avevo passato stavo attaccata ad una gonna. Era più forte di me in un attimo mi sono messa velocemente e con tanta forza a strappare tutti i bottoni, tutti anche quelli piccoli e li ho messi in tasca prima di buttare via la gonna. Poi via di corsa a fuggire …
I bottoni colorati li ho sempre con me. Mi ero promessa di attaccarle in qualche vestito più in là … sono nella scatolina oramai vecchia .