A Bastia Umbra, in provincia di Perugia, nella notte di Ferragosto sì è consumata una tragedia che è stata ripresa e riportata sulla cronaca di tg e giornali nazionali. Si tratta delle morte di un giovane 24 enne spoletino, avvenuta in seguito ad una violenta lite con alcuni giovani del posto dopo una serata passata in un locale della zona.
Mentre il corpo del giovane giaceva ancora a terra coperto da un lenzuolo bianco, nei media, giornalisti e politici sciacalli avevano già dato vita ad un processo mediatico, con tanto di sentenza finale.
Ecco che tre giovani ritenuti responsabili della morte del 24 enne e fermati successivamente dalle forze dell’ordine, vengono descritti come “tre giovani italiani di Bastia e Assisi, ma con origini albanesi”.
Mentre le indagini e gli interrogatori continuano con gli inquirenti che cercano di fare luce sulla morte del giovane di Spoleto, mentre si attende l’autopsia per far chiarezza sulle cause del decesso e mentre ancora si attendono i capi di accusa di chi è stato coinvolto quella sera ed ora si trova in stato di fermo, sui media il messaggio è chiaro “hanno ucciso perché sono albanesi”.
In poche parole la provenienza dei genitori dei ragazzi fermati ha determinato l’esito fatale di quella rissa trasformatasi poi in una terribile tragedia.
I giovani fermati dalle forze dell’ordine, nati e cresciuti in Italia, sono diventati automaticamente l’emblema della comunità albanese in Italia, etichettata come violenta e pericolosa da chi produce informazione e fa politica in questo paese.
Io stesso, Arber Agalliu e tanti altri come me che vivono in Italia da decenni, potremmo avere degli atteggiamenti violenti in quanto italiani, ma di origini albanesi? Perché pare che questo sia il messaggio filtrato dai media.
I commenti apparsi sui social network sono al quanto preoccupanti
Un’intera comunità viene presa di mira, una delle comunità non italiane che da più tempo risiede sul territorio nazionale, una delle comunità più numerose, che con il suo quasi mezzo milione di cittadini regolarmente residenti, da il suo prezioso contributo per migliorare l’economia ed il benessere di questo paese.
Ovunque si consumi un reato, a risponderne non dovrebbe essere mai una comunità intera, una comunità che con una fatica enorme, con umiltà e con la dedizione al lavoro è riuscita negli anni a diventare parte del tessuto sociale italiano, a risponderne davanti alla legge dovrebbero essere i singoli individui, che prima di essere etichettati come italiano o albanesi, hanno un nome ed un cognome.
Intanto pare che oltre ai tre ragazzi fermati, anche la vittima avesse origini albanesi, particolare questo non emerso nei post dei politici leghisti che hanno speculato su questa tragedia come sciacalli, alimentando l’odio online e l’hate speech.
Tra i commenti si può leggere come in tanti, tantissimi e italianissimi, che etichettano gli albanesi come “barbari” e violenti, che fino a ieri commentavano indignati i video sul “Kanun”, oggi gridano alla giustizia fai da te e alla vendetta.
In tutto ciò nessuno si è preoccupato di rimanere in silenzio, in silenzio per rispettare il dolore di una famiglia che ha perso un figlio giovanissimo, ma anche il dolore delle altre famiglie coinvolte che hanno visto rovinata per sempre la vita dei loro figli appena maggiorenni.
Quando a rimetterci la vita sono i nostri giovani, vuol dire che il futuro che ci attende non è roseo e questo dovrebbe farci riflettere, tutti.
Come la tradizione albanese vuole, un pensiero ed un abbraccio va alle madri di questi ragazzi, che in maniera differente versano lacrime per i loro figli.