Un decalogo nello statuto per avere le idee chiare sugli obiettivi, una nuova associazione per promuovere lo sviluppo delle interrelazioni sociali, culturali ed economiche tra la Puglia e l’Albania e tanti passi da fare insieme per superare i pregiudizi e aiutare l’integrazione.Forti, forse non tutti lo sanno, di un passato in comune. A cominciare dagli Illiri, popolazione che dal Lago di Scutari emigrò sulla sponda opposta dell’Adriatico tanto che, guardando indietro, è appropriato parlare di una sola area geografica d’insediamento formata da due terre separate dal mare e abitata da un’unica grande popolazione. Condizione che non è mai fattivamente terminata se oggi le nuove generazioni di albanesi vivono e lavorano nelle città italiane e gli imprenditori pugliesi scelgono sempre più spesso il Paese delle Aquile per i loro investimenti. Non è un dunque caso che sia stato scelto proprio questo nome, in virtù di una storia senza vere soluzioni di continuità se pur segnata da una continua evoluzione, per l’Associazione Illiria nata lo scorso marzo a Francavilla Fontana, nel Brindisino. Il 25 maggio presenta un convegno che sarà presieduto dal Console Generale della Repubblica di Albania Bashkim Bekteshi. Basta il titolo per capire che la storia serve a costruire il futuro: “Puglia e Albania, uno storico legame di amicizia e interscambio, proiettato verso l’Europa”. L’Associazione Illiria punta a diventare un ponte tra due società, due tessuti economici, due dimensioni culturali. Le presentazioni ufficiali sono affidate al presidente Giulio Marchetti, intervistato in anteprima da “Albania News”.
Come è venuta l’idea di fondare questa associazione e perché?
Quando, più di due anni fa, mi accingevo ad andare per la prima volta in Albania, devo confessarlo, ero preoccupato. Conoscevo poco di quella terra, e quel poco che sapevo, e che avevo appreso attraverso i mass-media, non era certo positivo. Troppe volte avevo sentito di scafisti, criminalità e cose simili. La realtà che ho trovato è stata ben diversa. Ho avuto la sensazione di essere in un posto al quale comunque sentivo di appartenere per inspiegabili, ancestrali, ragioni. Mi rimandava ai tempi dei miei nonni e a quelli della mia infanzia. Ho capito che mi trovavo in una terra che era vicina alla mia più di quanto non lo fossero altre regioni d’Italia.
L’esperienza accumulata nel campo dell’associazionismo e della cooperazione internazionale (sono stato nel cda nazionale dell’Aifo – Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau che opera a tutela dei malati di lebbra) mi ha poi spinto a creare qualcosa che potesse legare la terra che io amo e nella quale vivo, la Puglia, con quell’altra terra di fronte a noi e che cominciavo ad amare e capire sempre più. Ho parlato della mia idea ad altri amici ed abbiamo convenuto che avevamo una grande opportunità da prendere al volo: così è nata Illiria.
Cosa può fare un’associazione culturale, a chi si rivolge e che tipo di “Cultura” intendete creare?
Mi piace dire che Illiria non è solo un’associazione culturale, secondo la classica accezione. La nostra vuole essere un’associazione di promozione di ogni forma di interrelazione tra le due sponde dell’Adriatico, con l’ambizione di arrivare a coinvolgere anche gli altri popoli del Mediterraneo.
Ci rivolgiamo ai pugliesi e agli albanesi prima di tutto, ma anche a tutti quegli altri popoli che vogliano costruire con noi una rete di cooperazione, di “contaminazione” europea e mediterranea. “Contaminare” le culture, dar vita a nuove idee e da esse far nascere nuove opportunità, in ogni campo: questa è per noi la Cultura, questa la sfida da affrontare e vincere. Un nuovo spirito col quale porsi anche di fronte alla odierna crisi.
Cercheremo di stimolare il dialogo e la realizzazione di nuove intese tra le realtà sociali, economiche e culturali di Puglia e Albania, auspicando che tutto ciò generi nuove opportunità per tutti.
Si dice spesso che la Puglia è Terra di approdo, passaggio e accoglienza per gli immigrati. Secondo voi quanto lo è stata in passato e quanto lo è adesso nei confronti degli albanesi?
Ero adolescente quando tutti Tg d’Italia, in edizione straordinaria, diedero la notizia della motonave Vlora, piena di profughi provenienti dall’Albania, era giunta nel porto di Bari.
Noi pugliesi non eravamo preparati, non avevamo strutture adeguate ad accogliere tante persone. Però non ci siamo tirati indietro. Ricordo che nelle palestre di alcune scuole della mia città, nelle parrocchie, nei locali del vecchio ospedale, si allestirono in pochissimo tempo dormitori e mense. Io stesso ricordo di essere andato a dare una mano…e come me tanti altri miei coetanei.
Noi pugliesi siamo un popolo in mezzo al mare, in una terra di passaggio, e siamo anche degli emigranti: sappiamo cosa vuol dire lasciare tutto per cercare nuove chances di sopravvivenza in altre parti del mondo. Per questo abbiamo sempre potuto comprendere chi da noi arrivava, anche solo per transitare verso altre destinazioni.
Anche oggi siamo in prima fila con numerosi campi d’accoglienza (vedasi quello di Manduria, allestito in occasione dell’emergenza sbarchi a Lampedusa) dove vivono persone provenienti da Paesi molto più lontani (e culturalmente diversi) rispetto all’Albania.
Gli albanesi sono ormai parte integrante del nostro tessuto sociale e non vi è alcun pregiudizio nei confronti di un popolo che consideriamo uguale a noi.
Oggi i flussi migratori portano immigrati soprattutto da altre regioni del mondo. Gli sbarchi degli albanesi sembrano appartenere alla storia. E’ così?
Mi riporto a quanto detto prima. Fortunatamente gli albanesi non vivono più nelle condizioni estreme di alcuni decenni fa e, inoltre, dal 2010 è per loro possibile accedere ai Paesi dell’Ue senza visto. Chi viene in Italia, e in Puglia, non lo fa più sfidando il mare nel pericolo ma lo fa per ragioni di studio, di lavoro e, perché no, persino di turismo.
Nessun cittadino, di nessun popolo, dovrebbe essere messo nelle condizioni di scappare dalla propria realtà e di rischiare la vita. Siamo contenti che per gli albanesi oggi sia effettivamente cambiato tutto in meglio e quanto vissuto vent’anni fa rappresenti solo un importante ricordo di un passato difficile, che però ha avuto anche il merito di unire ancor di più i due popoli.
Da osservatori e sentinelle quali vi proponete di essere con questa associazione, quanto è cambiata l’idea che gli italiani hanno degli albanesi? E’ caduto qualche pregiudizio?
Intanto non tutti gli italiani sono uguali e, come in ogni parte del mondo, ci sono quelli più o meno aperti verso gli altri. In ogni caso, oggi molti pregiudizi sono caduti o, comunque, stanno cadendo.
In Puglia si guarda all’Albania come ad una realtà interessante e gli albanesi sono percepiti come fratelli o, al massimo come “cugini”. Anche nel resto d’Italia comunque, non si guarda più agli albanesi come in passato e il merito è proprio di tutti quegli albanesi che ci danno una grande lezione di serietà e professionalità nello svolgere quotidianamente il loro lavoro, contribuendo così a far crescere il nostro Paese.
Che livello d’integrazione secondo voi si è raggiunto?
Al contrario di altre comunità, quella albanese non tende a chiudersi in se stessa. Molte sono ormai le famiglie miste e sempre di più gli albanesi di seconda generazione, nuovi cittadini italiani.
Questo, credo, anche grazie al fatto che non esistono grandi differenze culturali tra i due popoli… non dimentichiamoci che proveniamo entramb
i dagli Illiri!