Il 5 giugno scorso i bambini della Scuola Scanderbeg di Parma hanno festeggiato insieme ai genitori e alle insegnanti la chiusura del primo anno. Protagonisti indiscussi, alla fine dello spettacolo – concorso preparato da loro, i piccoli hanno ricevuto anche gli attestati. Noi c’eravamo.
“Quando inizi a registrare, fai cosi, va bene!” ripetono più volte Jora e Debora, indicandomi il segno del via con la mano. Sorpreso da tanta sicurezza, le chiedo il motivo mentre cerco il registratore nelle tasche. “E se no, non partiamo!”, rispondono. Sbuffo, esclamando per lo stupore: hanno solo 9 e 10 anni. Le ho chiamato insieme agli altri bambini della Scuola Scanderbeg di Parma per parlare con loro di questa esperienza. Da ottobre dell’anno scorso, ogni sabato pomeriggio, Amina, Debora, Esmeralda, Fisnik, Flavio, Flori, Jora, Ledion, Melisa, Rone, Saimir, Sidni, Shaje, bambini e bambine dai 6 ai 12 anni, per la maggior parte nati in Italia, hanno frequentato le lezioni di lingua e cultura albanese.
Oggi è il grande giorno. In Villa Fulcini, San Polo di Torrile, vicino Parma, si festeggia la fine del primo anno della Scuola Scanderbeg e il Primo giugno. Anche se poco conosciuta, è la Giornata internazionale dei bambini proclamata nel 1925 dalla Conferenza Mondiale sul benessere dei bambini a Ginevra. Nel secondo dopoguerra fu adottato da tutto il blocco comunista dell’Est, incluso l’Albania, in cui è diventata una tradizione.
La festa si svolge all’interno di EtnoGusti, iniziativa che Scanderbeg insieme ad altre associazioni del parmense organizza per il quarto anno consecutivo. I loro genitori, membri e attivisti dell’Associazione Scanderbeg, sono visibilmente entusiasmati.Per prima Anila Kadija, la direttrice della scuola. Durante il tragitto in macchina non ha fatto altro che parlarmi degli attestati, del loro valore simbolico e dei giudizi personalizzati che insieme alle altre insegnanti hanno dato ai bambini. Poi Gentian Alimadhi, il Presidente, bermuda e scopa in mano, cerca di spiegarmi un po’ il programma mentre insieme agli altri allestisce il luogo dello spettacolo. Invece Durim Lika, direttore organizzativo dell’Associazione, mi ha ripetuto per tutto il pomeriggio l’importanza dell’evento, e complice anche l’intercalare del timbro della sua voce, inizio ad attenderlo con una certa ansia, quella delle grandi occasioni.
Ormai sembra tutto pronto. In mezzo al verde di Villa Fulcini, un rettangolo di cemento che potrebbe fungere da pista da ballo e un palco. Attorno sedie ovunque disposte a forma di luna calante. Al centro, sotto al palco, due tavoli bianchi coperti dalla bandiera rossa con l’aquila nera bicipite. I bambini un po’ intimiditi si fanno avanti. Di fronte a loro genitori, nonni e zii.“All’inizio abbiamo dovuto lavorare per adottare un unico programma. Età e livelli diversi di conoscenza della lingua lo rendevano difficile. Alcuni bambini non parlavano l’albanese, altri non lo scrivevano, e altri erano molto avanti”, racconta Anila. Ma ci ha creduto insieme alle altre insegnanti: Brunilda Hoxha, di lingua albanese, Erlinda Pjeçi, di storia e Ardjana Rushiti, di geografia, tutte volontarie. Con tanta passione sono riuscite a trovare la sintonia necessaria con le famiglie e i bambini per arrivare alla festa di oggi. Anila è un fiume in piena. Mi elenca nei minimi particolari i progressi e la volontà dimostrata da ogni bambino. Ad esempio, Rone, all’inizio parlava poco, era insicura, ma oggi comunica e scrive in albanese senza timore. Oppure Shaja, la più piccola, che ancora non va a scuola, partecipava attivamente e addirittura scriveva sul quaderno copiando dalla lavagna, nonostante non conoscesse le lettere. Invece Flavio, come raccontano i suoi genitori, ogni volta che ha ospiti dall’Albania, li parla della scuola. Durante l’anno, Anila ha notato che i bambini erano molto attratti dai dialoghi e dall’apprendimento come un gioco teatrale. Anche quello di oggi è una sorta di spettacolo – concorso, organizzato con l’insegnante di musica Elvira Lika.È ora. Si sente qualcuno che parla al microfono. A presentare lo spettacolo sono due bambine Greta e Esmeralda. Quiz con domande sulla grammatica, la storia, la geografia, e poi poesie, canzoni. Ovviamente tutto in lingua albanese. Si alza la mano, si risponde. “Quanti tempi ha l’albanese? Quale è il plurale di scuola? Con quali stati è confinato l’Albania? Quali sono i laghi principali?”. Tutte domande semplici ma dal valore inestimabile. Dopo ogni risposta, applausi ed esclamazioni. I bambini si sciolgono. Tocca alle poesie. Mi colpisce “L’Eredità”, poesia del grande Lasgush Poradeci, recitata da Esmeralda, e in particolare il verso “La mia ombra non conosce violenza, ma solo ispirazione di libertà”. Seguono altre poesie di grandi poeti albanesi e una di Ungaretti, sempre in albanese. Anche Shaja, la più piccola, recita la sua. Al termine, standing ovation. Superfluo cercare di descrivere l’espressione sul suo viso.
Lo spettacolo è terminato. I piccoli alunni sono galvanizzati, i loro volti traspirano felicità. Ecco Anila, papiri in mano, Gentian, Elvira, le insegnanti Brunilda, Erlinda e Ardjana, a consegnare gli attestati e, a sorpresa, regali per tutti.È arrivato il mio turno. Chiedo ai bambini e alle bambine di andare in un posto appartato per la nostra chiacchierata, ma mi seguono solo Jora e Debora. Le bambine dovevano fare una sfilata rimandata a più tardi e sono un po’ in fermento, invece i bambini sono già sul prato a giocare con il pallone. Ricorro all’aiuto di Anila che, ormai nei panni della cuoca, la vedo arrivare dalla cucina di Villa Fulcini con un grembiule addosso.
“Dai il via!” sgridano in coro. Ormai mi hanno messo in mezzo. Che fatica! “Via!”. Inizia Jora. “Mi chiamo Jora, ho nove anni, vivo a Lesignano”. Sto per farle una domanda sulla scuola di lingua albanese, ma Debora è molto desiderosa di parlare. “Mi chiamo Debora, sono nata a Val di Paro, vivo a Parma. Ho 9 anni e mezzo. Vado alla scuola albanese a Parma, organizzata da un’associazione di cui mio papà è socio assieme a mia mamma. In questo scuola ho imparato a parlare molto l’albanese e approfondire le cose che già sapevo”. Caspiterina, tutto in un fiato!Diverse le ragioni per cui i bambini frequentano la scuola. Debora si dice “appassionata di parlare l’albanese” e di impararla in quanto è la lingua dei suoi genitori e delle sue origini. Lo stesso vale per Greta, 12 anni, nata a Parma, che ha seguito solo le prime lezioni perché non poteva andare più di sabato. Inoltre, è convinta che le servirà nel futuro quando sarà più grande. Ledion, 7 anni, lo studia perché “cosi quando va in Albania, sa rispondere in albanese”. Prima non riusciva a comunicare molto, invece in un anno, parole sue, ha fatto tanti progressi. Mi faccio scappare un “figuriamoci in due o tre anni”. Ride. Anche a Fisnik, 7 anni e mezzo, piace parlare l’albanese e poi “voleva imparare tante cose”. Come Ledion, un anno fa aveva difficoltà ma oggi lo parla a casa con i genitori e i nonni in Albania. Entrambi tornano a giocare a pallone, invece le bambine è da un pezzo che si preparano per la sfilata.
Quale fortuna maggiore che essere bilingue in questa età? Per i genitori che non sono ancora convinti oppure non trovano il tempo per riflettere su questo aspetto, l’insegnamento della lingua madre non è solo una questione di radici ma è importante per lo sviluppo cognitivo dei bambini. Lo dimostra l’esperienza della Scuola Scanderbeg. Anila è fiduciosa che l’anno prossimo ci saranno nuove iscrizioni. Intanto, sono state confermate tutte quelle del primo anno e insieme all’Associazione vorrà coinvolgere le scuole del primo ciclo per avere maggiore sostegno e diffondere tra i genitori la loro iniziativa.
In verità, mentre parliamo nessuno dei due sa la novità. Grazie alla festa di fine anno della scuola, l’Associazione ha centrato un altro obiettivo. L’indomani mi chiama Durim. “Abbiamo avuto nuove iscrizioni”, mi dice quasi commosso.