È uno sciopero che giunge da lontano quello di oggi, una maturazione lenta e ampiamente attesa. Le ragioni che si andavano accumulando, giorno dopo giorno, erano l‘evidenza che spingeva una riluttante segreteria della Cgil a bloccare un paese mortificato ed infine a interrogarlo.
Volgersi significa osservare una linea sfumata, quasi impercettibile, che traccia un continuum da quei migranti che per primi esplorarono le uniche rivolte di piazza contro la mafia, quindi – contro il capitale della prima azienda italiana per fatturato – Rosarno e Castelvolturno, agli studenti e ai precari (che spesso risiedono all’interno della stessa persona) che, superata l’Onda del 2008, tornarono nelle piazze per ribellarsi ai mercanti della Repubblica italiana – 14 Dicembre e la battaglia di Piazza del Popolo – infine, a quei lavoratori dell’ormai ex più grande industria italiana ricattati, coltello alla gola, da un Ceo emblema del predatore finanziario di nuova era.
La dipendenza genera ricatto e accompagna tutti verso una riduzione dei diritti che riduce il cittadino a suddito implorante. La musica suonata fino ad ora è stata proprio questa, una politica che ha abbracciato il ricatto del capitale nella sua corsa selvaggia attraverso le praterie finanziarie del mondo intero nelle quali in nome di profitti facili e istantanei si sono prosciugati redditi e desertificati i luoghi della produzione di merci, servizi e cultura.
La giornata di oggi è stata un primo stop a questa catena continua che non prevede interruzioni.
Modena ha giocato la sua parte con tre cortei e una densissima partecipazione.
Il più ampio partiva dalla Maserati e si sarebbe congiunto agli altri due in una Piazza Grande gremita. Immagini imponenti paragonabili, a memoria, soltanto alle mobilitazioni contro la guerra in Iraq del 2003. Una piazza che ha avuto tutto l’aspetto di una galassia che si ricompone, festa e rigenerazione viva di quell’opposizione silenziosa composta da una cittadinanza che si impegna, giorno dopo giorno, per una società normale e più giusta. Un intero mondo di problemi la riempiva: dalla pace, ai referendum sull’acqua pubblica e sul nucleare, dall’ambiente alla qualità dell’istruzione, pletora di tante realtà ormai zittite da ogni circuito istituzionale. Proteste e rivendicazioni fusesi in un’atmosfera di festa nella quale l’unica nota stonata è stata giocata dall’assenza del principale partito d’opposizione che, ancora un volta, è riuscito a voltare le spalle ai suoi ipotetici elettori. Sarebbe bello ricordare che quando manca il tempo per ascoltare manca nache il tempo per governare, ma forse, a lungo andare tutto si riduce solamente a una questione di abitudine, che l’esterno col tempo penetra all’interno e la maschera diventa volto.