Cosa succede quando un migrante che risiede in Italia viene a mancare? Quali sono le problematiche che i familiari del defunto riscontrano quando si avviano le procedure per il rimpatrio della sua salma?
Quando si parla di immigrazione, spesso la si considera un fenomeno giovane, come in realtà lo è in parte, senza addentrarsi in riflessioni che riguardano la morte. Va detto che le difficoltà degli immigrati non si fermano neanche dopo l’addio alla vita terrena. Complice la loro età media giovane, le statistiche dimostrano che i decessi dei cittadini stranieri in Italia sono 10 volte inferiori rispetto a quelli dei cittadini italiani e principalmente dovuti a cause accidentali o infortuni. Anche il saldo tra nascite e decessi è nettamente positivo: ad esempio, nel 2008 si sono registrati 4000 decessi a fronte di oltre 72 mila nascite. Dall’altra parte, sono poco i casi in cui i familiari decidono di tumulare in Italia la salma del proprio caro. In questa scelta spesso influisce la durata della permanenza in Italia, l’assenza di legami forti con il paese d’origine, la presenza di gran parte della famiglia sul territorio italiano ecc. In altri casi, la famiglia opta per il rimpatrio della salma nel paese di origine, perché in qualche modo questo viene percepito come un rientro al luogo di origine, alla sorgente che lo ha messo in vita. Questa seconda scelta comporta per i familiari del defunto uno sforzo economico, burocratico e di tempo, non indifferente. Mediamente il trasporto all’estero della salma varia da 2.500 euro a oltre 5.000 euro. Anche in questo settore ci sono già banche e assicurazioni che offrono, per pochi euro al mese, polizze che coprono anche le spese di espatrio della salma. A livello normativo non esistono strumenti certi sulla possibilità di contributi economici in questa direzione. Nel 1986 l’INPS aveva costituito un fondo per il rimpatrio, che prevedeva la copertura delle spese per gli immigrati che rimanevano senza mezzi di sussistenza e volevano tornare definitivamente a casa loro. In questo fondo era contemplato anche la copertura totale delle spese per il rientro delle salme. Le risorse per finanziare gli interventi venivano garantite dallo 0.5 % delle retribuzioni prelevate ai lavoratori non comunitari. Questo fondo è stato attivo però solamente fino al 1999. Quindi, mentre scriviamo, se un immigrato regolare che abbia lavorato e versato contributi per oltre 15 anni in Italia, dovesse venire a mancare, la sua famiglia dovrebbe coprire totalmente le spese di rientro della salma nel paese di origine. Come spesso accade in Italia, in assenza di una normativa nazionale molti enti locali si trovano a dover affrontare direttamente i problemi sui loro territori. Ad esempio, la Regione Toscana favorisce apposite misure, volte a facilitare l’espatrio delle salme. Oltre a questa misura, per quanto riguarda gli infortuni mortali sul lavoro, la Regione Toscana da tempo mette a disposizione della famiglia un contributo di 20 mila euro. Mentre l’Emilia Romagna offre un rimborso di almeno il 50 % delle spese documentate per l’espatrio delle salme. Le altre regioni che hanno leggi sull’immigrazione, non hanno adottato ancora disposizioni in merito. Invece, per quelle regioni che non hanno nessuna normativa sull’immigrazione, la questione non si pone neanche. L’ente di prossimità per eccellenza invece è proprio il comune, l’ultimo tassello amministrativo ma anche quello più vicino al cittadino. I comuni infatti possono erogare direttamente contributi per l’espatrio delle salme, con propri fondi oppure attingendo a quelli regionali per l’immigrazione e l’emergenza sociale. La richiesta del contributo può essere indirizzata al comune di residenza, da parte del familiare, oppure di una associazione di immigrati regolarmente registrata. Il comune dovrebbe provvedere all’erogazione del contributo previa verifica della documentazione anagrafica e contabile. Al momento non esistono statistiche in merito ai numeri di contributi concessi oppure di buone pratiche, in quanto spesso le persone non si rivolgono agli enti locali per poter avere un contributo. Nel caso di volontà di espatrio della salma di un familiare, la procedura non è tra le più semplici. Sono previsti diversi passaggi che comprendono il consolato del proprio paese in Italia, istituzione che deve chiedere al comune di residenza del defunto il nulla osta all’introduzione della salma. Inoltre serve il certificato di morte, e nell’eventualità ci fosse, un rapporto dettagliato dell’autorità giudiziaria sul decesso. A questi si aggiungono altri cavilli burocratici che di solito solamente le agenzie funebri riescono a capire e realizzare in tempi rapidissimi. Le questioni che si aprono su questo tema riguardano più attori coinvolti. Da un lato abbiamo il paese ospitante, l’Italia, che dovrebbe in qualche misura sostenere parte di queste spese, considerato che il cittadino immigrato regolarmente soggiornante in Italia è anche un contribuente. Dall’altra parte abbiamo il paese di origine, l’Albania in questo caso, che potrebbe accelerare le procedure dei propri consolati snellendo le pratiche e rendendole a costo zero. A questi due elementi si possono aggiungere anche altre azioni che soggetti privati e non profit potrebbero mettere in atto. Si spazia dalle convenzioni delle associazioni di immigrati con compagnie assicurative e banche, per la copertura totale delle spese di espatrio salma per i propri associati, alle agevolazioni che le compagnie aeree o marittime potrebbero mettere in pratica per agevolare il percorso. La compagnia di bandiera del Bangladesh per esempio trasporta gratuitamente le salme dei cittadini del Bangladesh che sono deceduti all’estero. A livello istituzionale c’è in parlamento una proposta di legge specifica su questo tema, presentato dall’On. Di Biaggio di Futuro e Libertà, con il quale avremmo a breve un intervista per poter entrare nel merito e capire meglio quali potrebbero essere le soluzioni e i scenari futuri.