Classe 1975, nato a Napoli, il fotografo Stefano Romano lavora tra Bergamo e Tirana, Albania.
Attraverso installazioni, performance, video e fotografia indaga sulle contraddizioni della realtà sociale e sull’effimero della quotidianità, rendendo l’artista il primo spettatore di sé stesso.
Dal 10 ottobre al 20 dicembre la Fondazione Adolfo Pini di Milano ospiterà una rassegna dal titolo ‘Monumenti Impermanenti’ , a cura di Gabi Scardi, che riunisce i lavori del fotografo degli ultimi 10 anni e, in particolare, due serie fotografiche e alcuni video.
I suoi Monumenti Impermanenti sono quelli che perdono la loro rigidità, diventando simbolo della precarietà e della perdita di autorevolezza.
Il lavoro di Romano è molto influenzato dalla realtà socio-politica del Paese che lo ospita da alcuni anni.
Rimandi alla dittatura, mondo bipolare, contraddizioni di uno sviluppo troppo veloce, il fotografo evidenzia nei suoi lavori un’Albania in perenne equilibrio instabile fra un passato scomodo, eppure visibile in tanti edifici storici, e uno slancio a tratti caotico verso il futuro.
Di questa sua visione della realtà albanese è, per esempio, il video, in anteprima assoluta perché mai proiettato prima, intitolato Zanafilla, l’Origine (dal nome del primo libro nella Bibbia, quello che spiega la Creazione), opera liberamente ispirata alla vicenda del Teatro Nazionale e del Teatro Sperimentale di Tirana, edificio storico della capitale albanese in procinto di essere demolito nonostante le vivaci proteste dei cittadini, appoggiate anche da intellettuali e artisti del mondo pubblico d’Albania.
A tal proposito, durante le riprese di Zanafilla scriveva nel suo profilo Facebook ‘Un luogo che cancella il passato, non può leggere il presente e non può scrivere il futuro‘
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