In scena domani 16 novembre allo Spazio Rossellini di Roma ‘Juliette’, ultima fatica creativa del drammaturgo italo-albanese Aleksandros Memetaj, che ha ricreato i testi della famosa opera shakespeariana, in collaborazione con la coreografa italiana Loredana Parrella, ideatrice del progetto teatrale e che ha curato la parte scenica interpretata dai performer di Twain, centro di produzione danza della Regione Lazio.
Dopo la Prima Nazionale che si è tenuta il 26 ottobre al teatro Ermanno Fabbri di Vignola, in coproduzione con la Fondazione Teatro Comunale di Modena, arriva nella capitale questa trasposizione visionaria solo parzialmente ispirata all’opera ‘Romeo e Giulietta’, perché in realtà il testo illustra una ipotetica ‘sliding door’ della nostra giovane protagonista che rifugge dal destino che le aveva assegnato l’autore elisabettiano
E se…
E se, nel quinto atto, non succedesse che Juliette si uccida per seguire il suo adorato Romeo?
Sul palco Juliette sceglie la vita, infatti. Riscrive il suo destino, lasciandosi alle spalle la sua famiglia, Paride e Romeo morti, la nutrice, Mercuzio, il frate che le ha dato la pozione soporifera che ha creato il tragico retroscena di cui Romeo non è mai venuto a conoscenza..
Juliette sceglie la vita, dicevamo, ma lascia nel tormento le persone costrette a vivere il dramma della sua fuga. La storia diventa un intreccio di amore, dolore, rancore, sensi di colpa.
Se nell’opera originale è l’intera città di Verona ad essere il mondo intorno al quale ruotano le vicende dei protagonisti, ora è il mondo di frate Lorenzo a fare da cornice al viaggio di Juliette, perché incastrato nei sensi di colpa per aver provocato una tragedia così immane.
La Giulietta, ora Juliette, della storia si rivela in tutto il suo coraggio, quello di chi ha deciso di partire condannando alla sofferenza chi è stato costretto a rimanere.
Aleksandros Memetaj
Il drammaturgo italo-albanese ha solo 6 mesi quando, nel 1991, arriva in Italia.
Ci arriva tenuto in braccio dal padre, quello che poi sarà il suo eroe, un uomo che in Albania aveva due lauree e in Italia, pur di garantire gli studi al figlio, si reinventa pizzaiolo e calzolaio.
Aleksandros è un giovane dalla doppia anima. Vive in Veneto, questo sì, ma, sebbene abbia lasciato l’Albania che, tecnicamente, non ne possa avere un ricordo diretto, sente che quella terra gli manca da morire.
È una nostalgia di casa che forse non riesce a spiegare nell’immediato a parole. Ma trova un canale alternativo per farlo. Farà parlare la scena, quelle dello spettacolo a cui ha dato vita e che ha riscosso un grandissimo successo di critica.
‘Albania casa mia’, questo il titolo. Autobiografia allo stato puro. Perché, come ammette lui stesso, fare l’attore per lui non è solo lavoro. Per il tipo di carattere che ha, abbastanza schivo alle divagazioni sociali tipiche del mondo dello spettacolo, l’arte interpretativa è una sorta di catarsi.
Il teatro, molto più intimista, ad esempio, della tv, ben si presta a raccontare grandi storie in piccoli spazi. ‘Albania casa mia’ ne è un esempio. Monologo eccelso in cui Aleksandros si impone sul palco non solo con la sua voce, ma anche con la mimica del corpo. A tratti sembra di vedere il tormentato Amleto. Caso mai ci fosse da dubitare dell’amore che ha il drammaturgo italo-albanese per il drammaturgo inglese.
Uno spettacolo che svela la doppia anima dell’autore albanese. Quella italiana, risultato naturale della vita che ha sempre trascorso in Veneto, anche se l’ha fatto costantemente sentire ‘ospite in casa altrui’. E quella albanese, l’anima dei ricordi, quella dei suoi genitori, della nostalgia di un Paese che ha visto il baratro e ha costretto alla fuga il suo popolo.
Benché l’opera sia del 2016, continua ancora ad avere un successo clamoroso.
Per chi volesse vederla o, perché no, rivederla, ‘Albania casa mia’ sarà di nuovo in scena a Pistoia, al Teatro Bolognini, il 30 novembre prossimo, in occasione delle manifestazioni previste per festeggiare il 107° anniversario dell’Indipendenza albanese.