Questa è una recensione dello spettacolo teatrale “I suoceri albanesi” di Gianni Clementi, con Francesco Pannofino, Emanuela Rossi, Andrea Lolli, Silvia Brogi, Maurizio Pepe, Filippo Laganà, Elisabetta Clementi, e la regia di Claudio Boccaccini.
Il titolo mi ha incuriosito e sono andata a vedere “I suoceri albanesi” al Teatro Duse di Bologna. Non so dire bene cosa mi aspettassi, immaginavo, visto il titolo, di trovarci qualcosa di famigliare, una cosa alla “il mio grosso grasso matrimonio greco” in versione albanese, ed ero pronta a farmi un sacco di risate; ma – come si sa – i titoli sono sopravvalutati e spesso fuorvianti, così “I suoceri albanesi” in realtà è una commedia che parla di tutto tranne che di suoceri albanesi. Poteva chiamarsi benissimo i suoceri rumeni, nigeriani, polacchi, etc.: l’ “albanesi” del titolo è una pura casualità.
Si racconta, invece, una famiglia romana stereotipicamente borghese e di sinistra nella quale il marito è un assessore molto ruspante, la moglie una cuoca esperta di cucina molecolare, proprietaria di un ristorante molto chic, e la figlia una sedicenne furibonda sempre di malumore, la cui naturale estensione del braccio è – manco a dirlo- uno smartphone. Attorno a loro e alle loro diatribe “smettila di farmi leccare delle foglie d’alloro. Io voglio mangiare l’AMATRICIANAAAA”, si muovono i personaggi secondari, il vicino di casa Tenente Colonnello, super colto, super loquace e super noioso, e l’amica della moglie, “zitella”, sempre dall’analista, erborista alternativa, molto fru fru. A causa di un’improvvisa perdita d’acqua vengono chiamati in causa Igli e Lushjan, che rappresentano l’ingresso della componente albanese della vicenda- e giustificano un po’ il titolo.
La storia è semplice e io sarò cruda: si rompe il tubo di un bagno di una famiglia felice il cui unico problema è la figlia sempre arrabbiata. Arriva l’idraulico con il fratello aiutante idraulico, la figlia si innamora dell’aiutante idraulico, rimane incinta, ****SPOILER**** si sposano, con tanto di balli.
È una commedia divertente, di quelle in cui tu sei seduto a teatro, gli attori dicono cose buffe, giocano con le parole, si muovono in maniera agitata e tu ridi. Diverse cose si potrebbero dire dello spettacolo, ad esempio il fatto che Pannofino e gli altri sono davvero bravi, che i tempi della battuta sono quasi sempre perfetti, che la storia riesce a coinvolgere il pubblico e farlo divertire raccontando con leggerezza scene di vita quotidiana.
Ma siamo su Albania News e io tralascerò molti aspetti che si potrebbero analizzare e mi focalizzerò su quello che più mi interessa: l'”albanesi” del titolo, i due idraulici e il modo in cui vengono rappresentati.
Igli è un uomo molto orgoglioso, un orgoglio che traspare da tutti i suoi movimenti; sembra quasi vlonjat ( è così che si chiamano gli abitanti di Valona), ma invece -si scoprirà dopo- è di uno sperduto e sconosciuto paese dell’Albania del nord. È fiero di sé e del proprio lavoro, ma soprattutto della sua macchina: una Mercedes (!)- di seconda mano, ma pur sempre una Mercedes. Parla un italiano così così, non è molto politacally correct, urla, si gratta, ce l’ha con i “froci” e con i “negri” che “non hanno voglia di fare un cazzo”, mica come lui che lavora; insomma non propriamente un uomo raffinato. Lushjan, suo fratello, entra in scena come un gorilla appena sceso dall’albero, è goffo, impacciato, e anche il modo in cui si gratta la testa ricorda quello delle scimmie. Non parla l’italiano, fa solo “ugh ahjgssj ejfoaofdja”. Anche quando parlano tra di loro, i due attori sembrano parlare scimmiesco, immagino che con quei suoni gutturali volessero riprodurre l’albanese. Non nego che ho trovato questo particolare non molto professionale e un tantino offensivo, ma al pubblico in generale sembrava molto divertente.
Di questi personaggi l’autore ha ritenuto necessario farci sapere cose che nessuno sa: periodi di clandestinità, difficoltà a trovare un lavoro, distacco dalla famiglia, viaggi in barcone. (Tra l’altro vorrei dire a TUTTI quelli che parlano di Albania che ok, i traghetti delle tratte Brindisi-Valona e Bari-Durazzo non sono un granché, ma chiamarli “barconi” mi sembra un po’ esagerato). Sono dunque personaggi molto stereotipati, piatti, poco approfonditi e superficiali. La loro caratterizzazione è a tratti offensiva per come sembra collegare “l’albanesità” a questo tipo di personaggio. Igli non è mai Igli e basta, nella storia è funzionale in quanto Igli l’albanese, e lo stesso vale per Lushjan. Sono gli albanesi, tra di loro parlano scimmiesco e sono rappresentati come due trogloditi.
Nonostante ciò l’intento dello sceneggiatore parrebbe essere opposto, cioè rappresentare un’Italia progressista che malgrado qualche pregiudizio “veniale”, con tanta tantissima fatica, è disposta a dare in moglie la propria figlia all’immigrato, cercando di apprezzare quanto di buono ci può essere nell’altra cultura. Okay, su internet abbiamo letto di questa donna succube, e che secondo il codice etico di questi albanesi, questo Kanun, nel corredo della sposa deve fare parte anche un proiettile, simbolo del potere assoluto dell’uomo sulla donna, e con il quale il marito potrà uccidere la donna in caso di tradimento, ma i matrimoni sono divertentissimi e durano tre giorni e poi ho letto che sono così ospitali, e poi Lushjan non sarà mica tanto indietro, poi è un così bravo ragazzo, un così bravo lavoratore!
È un intento mal riuscito, a mio avviso, perché l’incontro tra queste due culture, in cui una è rappresentata molto chic e molto progressista, l’altra invece quasi tribale, sembra nascondere un senso di superiorità, per non dire di razzismo un po’ subdolo, che ho avuto come l’impressione volesse compiacere un pubblico che si riconosce nella prima rappresentazione: mi ha fatto impressione il numero di “molto bravi gli albanesi, molto veritieri” che ho sentito alla fine dello spettacolo.
Veritieri. Che ci vedano come dei gorilla?
Concludendo, è abbastanza evidente che il fine (ammesso che si possa parlare di fine) di questa commedia non è certo quello di fare un’approfondita analisi sociopoliticoantropoeconomica del fenomeno migratorio albanese, nessuno se lo aspetta; cerca una risata, una risata facile e la ottiene con maestria. Fa parte del gioco rendere grossolani e grotteschi i personaggi, ma si poteva fare più attenzione, si poteva fare ridere in maniera più intelligente, meno stereotipata.