● 28 NOVEMBRE 1937 / Questa data rappresenta una opportunità unica e irripetibile per l’ancora giovane Regno Shqipëtar. Sua Maestà il Re Zog I intende dare, pertanto, la massima solennità al XXV° Anniversario dell’Indipendenza Nazionale Albanese. Vi sono un pranzo e un ballo a Corte. Particolare rilievo viene dato alla inaugurazione di un arco monumentale nella piazza del Municipio, che è stato chiamato “Arco della Libertà”.
All’intimità dei rapporti italo-albanesi dà particolare risalto la presenza di un rappresentante straordinario del Governo italiano: il Conte quarantanovenne Paolo Ignazio Thaòn de Revèl. È offerta, così, al Ministro italiano delle Finanze l’occasione di rendersi conto dell’utilità delle spese per il perseguimento della politica di alleanza.
Prende parte ai festeggiamenti anche una delegazione di italo-albanesi capeggiati da Francesco Kastriota Skanderbeg, Marchese di Auletta (1). Con la delegazione sono giunte anche otto coppie di giovani arbëreshë nei loro splendidi costumi. Essi suscitano in Albania le più vive simpatie. Accompagnano il Marchese d’Auletta un suo cugino Ferdinando Kastriota Skanderbeg, Barone di Fossaceca-Castelluccio (2) e la di lui sorella Matilde (3), sulla quale, come erede del più grande nome d’Albania, si è fatto conto per attirare l’interesse di Zog, in vista sempre di un possibile matrimonio. Al Re ne ha già parlato un altro arbëresh, il dott. Francesco Chinigò, al quale sia per le sue buone relazioni con la miglior società romana e sia per la fiducia che in lui ripone Re Zog, è stata rivolta la preghiera di interessarsi per un matrimonio del Sovrano shqipëtar in Italia. Neppure Matilde Kastriota incontra il favore del Re. Quest’ultimo, per dirla tutta, giudica inadeguata la Discendente diretta del Grande Kreshnìk Shqipëtar, per il semplice fatto che la Famiglia Kastriota Skanderbeg viene considerata appartenente alla nobiltà italiana più che a quella albanese. Ciò dà nuova consistenza alle ombre già precedentemente sorte nei rapporti fra Zog e il Governo di Roma a causa della sua contrarietà a propositi di matrimonio con giovani donne italiane. È chiaro che il Sovrano prepara altrove la sua scelta. Il suo segretario particolare, Jak Koçi, autorevole personalità politica, presenta a Corte in tale occasione una ragazza dell’arisatocrazia ungherese, nella speranza che essa attiri su di sé le aspirazioni matrimoniali del Re. Ciò non accade, ma la stessa giovane, resasi conto dell’ambiente e forse anche dei gusti personali di Zog, fa invitare a Tirana la ventunenne Contessa Geraldina Apponyi (4) che, giunta nel febbraio 1938, non deve più lasciare la città fino al suo matrimonio con il Re nell’aprile dello stesso anno. La sua superba ciprigna bellezza, la sua signorilità e dolcezza di carattere hanno di colpo conquistato il Sovrano e i suoi familiari.
● 27 APRILE 1938 – Sponsali Regali /
I festeggiamenti si svolgono con grandissimo sfarzo. Il trentaquattrenne Conte di Cortellazzo Galeazzo Ciano (genero di Benito Mussolini) è stato invitato a fare da testimone. Il Re d’Italia Vittorio Emanuele III ha desiderato che alle nozze sia presente anche un membro di Casa Savoia e ha prescelto il quarantenne Principe Adalberto (ramo Savoia-Genova), Duca di Bergamo. Il Palazzo Reale, per dare posto ai numerosi invitati, è stato ampliato. Il quadro della cerimonia è grandioso: lo rallegra anche la presenza di molti parenti della Sposa che indossano i ricchi costumi dell’aristocrazia magiara. È fra loro una numerosa e lieta rappresentanza della avvenente gioventù femminile di Budapest, venuta a festeggiare l’amica che sale ai fastigi di una Corona. Assistono il Corpo Diplomatico al completo, i membri del Governo albanese e i rappresentanti del Parlamento, delle Forze Armate e delle alte magistrature dello Stato. Sono presenti giornalisti di varie Nazioni. Fra gli italiani si notano il quaratatreenne Giovanni Ansaldo, direttore del “TELEGRAFO”, Guido Barone della “STAMPA”, il trentunenne Virgilio Lilli del “CORRIERE DELLA SERA”, il quarantanovenne Francesco Maratea del “MESSAGGERO” e il quarantenne Orio Vergani. Il Re, in alta uniforme di Comandante Supremo delle Forze Armate Albanesi, precede il corteo dando il braccio alla Sposa in abito bianco e con lunghissimo strascico sorretto da ufficiali della Guardia. Vengono, dopo di lui, il trentaquattrenne Duca di Bergamo Adalberto e i due testimoni dello Sposo: il Conte Ciano e il Principe Hamid, figlio dell’ultimo Sultano ottomano (5). Dietro di loro i due testimoni della Sposa: il Barone Villani (Ministro di Ungheria a Roma) e il sessantatreenne Conte Mihàly Kàrolyi di Nagykàroly, zio della Sposa. La fanfara della Guardia suona l’Inno Reale albanese e quello magiaro. La cerimonia del matrimonio (filmata dalle cineprese dall’Istituto Italiano Luce), celebrato solo civilmente, è breve: è limitata alla lettura dei tre articoli del Codice, corrispondenti a quelli del vecchio Codice Civile italiano, fatta dal Presidente della Camera dei Deputati che, chiesto l’assenso degli Sposi, li dichiara uniti in matrimonio. Ha poi luogo un suntuoso pranzo a Palazzo Reale. Fierezza illiro-magiara, serenità di spirito, gioia di vivere e grande generosa disponibilità ad operare per il benessere dei fratelli e sudditi shqipëtarë (tutti genuini sentimenti alberganti nell’animo della Augusta Real Coppia d’Albania) sono destinati a “vivere” soltanto per una breve seppur intensissima stagione: appena trecentoquarantacinque giorni! Sulla scena poilitico-militare della Patria di Skanderbeg, difatti, sta per irrompere l’amaro e fatale…….
●……. APRILE 1939 / Svaniscono all’alba i futuri meravigliosi sogni del piccolo Aleksàndër!
Per bilanciare le sempre più vigorose iniziative tedesche nell’Europa danubiana, l’Italia, su pressione in particolare del Ministro degli Esteri Galeazzo Ciano, decide di effettuare l’occupazione militare dell’Albania con una motivazione qualsiasi e servendosi di una clausola del trattato italo-albanese del 22 ottobre 1927 che fa già in pratica dell’Albania un Protettorato italiano prevede l’invio di truppe per ristabilire l’ordine nel Paese. Lo sbarco di cinque divisioni italiane (a Sarandë, Vlorë, Durrës e Sën Xhuàni Mèdhues) avviene nella notte fra il 6 e il 7 aprile 1939. La pluridecennale influenza che l’Italia esercita sull’Albania fa si che le operazioni incontrino scarsa resistenza da parte della popolazione. La Regina Geraldina è fuggita in automobile verso la Grecia all’alba del 6 aprile, vigilia dello sbarco, con il figlioletto Leka, che ha dato alla luce il giorno prima. Il Re, dopo essersi nascosto in una moschea presso Tirana, si rifugia anch’egli in Grecia, attraversando indisturbato (a pomeriggio inoltrato del giorno 7) il territorio di Elbasan. È superfluo aggiungere che Zog I viene subito dichiarato decaduto dal Comando Supremo delle Forze Militari Italiane di occupazione e la Corona d’Albania offerta a Vittorio Emanuele III. L’Albania viene mantenuta formalmente come Stato indipendente e sovrano sotto l’amministrazione di un Luogotenente del Re (per quest’ultima altissima carica viene designato, anche perché stimatissimo dagli albanesi, il calabrese quarataseienne Francesco Jacomoni di San Savino, Ministro Plenipotenziario che a Tirana lavora dal 1936 in modo abile ed equilibrato), coadiuvato da un Governo locale protetto, con Ministri, questori e prefetti shqipëtarë. Gli italiani sono presenti in funzione di Consiglieri politici ed economici, e mantengono in Albania cinque divisioni dislocate lungo le frontiere. Con l’occupazione dell’Albania, Paese dall’economia ancora bisognosa di aiuti per la quale il Governo italiano prende una serie di iniziative, potenziando quelle già contemplate dai precedenti Trattati, l’Adriatico viene a costituire un mare completamente italiano. Nonostante i timori di Benito Mussolini, dapprima riluttante all’impresa nel desiderio di non compromettere gli “Accordi di Pasqua” stretti l’anno precedente con la Gran Bretagna, l’equilibrio mediterraneo rimane sostanzialmente inalterato. Il Regno creato dal figlio prediletto della Principessa Sadijè Toptani cessa, così, di esistere, dopo appena 10 anni, 4 mesi e 6 giorni! E la nuova Regina? Si presenta con una “marcia” in più rispetto alla pur giovanissima e bellissima Geraldina. La sessantacinquenne Elena del Montenegro, infatti, già Sovrana d’Italia (dal luglio 1900) e Imperatrice d’Etiopia (dal maggio 1936), è di nobilissimo sangue shqipëtar e può vantare una lontana parentela con la Stirpe di Skanderbeg. In che modo? Il suo antenato Gushi Balsha era fratellastro di quel Principe Grika, quadrisnonno di Stresio marito della Principessa Gjella Kastriota (una delle cinque sorelle del Kreshnìk Gijergj).
ANNOTAZIONI /
(1) – Francesco Kastriota Skanderbeg (Marchese d’Auletta / 1875-1943) a Tirana, nel novembre 1937, viene invitato e considerato come Capo del Ramo arbëresh discendente dall’Eroe Giorgio Skanderbeg.
(2) – Ferdinando Kastriota Skanderbeg (Barone di Fossaceca e Castelluccio / 1893-1978) è cugino in 3° con Francesco. Sposa, nel 1924, Carolina dei Conti Mattiazzi.
(3) – Matilde Kastriota Skanderbeg (sorella minore di Ferdinando / 1902-1984) sposa, nell’ottobre 1939, Domenico Lomonaco, Commendatore della Corona d’Italia.
(4) – Il breve lasso di tempo che la vede Sovrana d’Albania registra una miriade di importanti e benemerite attività social-culturali. È Geraldina, ad esempio, che per prima intuisce la necessità di “scovare” giovani talenti shqipëtarë (presenti nei vari settori della cultura umanistica, scientifica ed artistica) al fine di sostenerli ed accompagnarli passo passo sino al raggiungimento concreto delle loro mete. Ricordiamo il caso di Ibrahìm Kodra (scomparso il 7 febbraio 2006 a Milano), il quale, grazie alla Regina, riesce ad ottenere nel 1938 una borsa di studio che gli permetterà di seguire specialissimi corsi di pittura nelle varie capitali d’Europa. Una breve digressione. Ci sovviene, in questo momento, un altro Ibrahìm. La morte (avvenuta il 21 gennaio 2006 a Prishtìna) del Presidente kosovaro Rugòva lasciava orfani e sgomenti anche noi Arbëreshë. Non crediamo nella metempsicòsi, assolutamente. Dobbiamo, però, ammettere che questo eccezionale Leader Albanese merita di passare alla Storia come il “Mahàtma dei Balcani” (una autentica ed eroica incarnazione di Mohàndas Karamchànd Gàndhi). Onore e pace a te, fratello Rugòva! Noi ti ricorderemo sempre come l’Ultimo dei Grandi Illiri!
(5) – Si tratta di Maometto VI Vahid ud-Din (1861-1926), trentaseiesimo ed ultimo Sovrano dell’Impero òsmanlo dal 1918 al 1922.