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Un episodio di Guerra in Albania nel 1943 – L’odissea di Harold Hayes

di Franco Tagliarini
13 Febbraio 2018
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Harold Hayes, il quarto da destra, in parte oscurato

Harold Hayes, il quarto da destra, in parte oscurato

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Il 30 gennaio 2017 l’Associated Press, il New York Times e otre 100 quotidiani americani hanno pubblicato – in occasione della morte di Harold Hayes, medico militare, avvenuta il 22 gennaio 2017 all’età di 94 anni nella città di Herdford in Oregon – un articolo di particolare interesse per l’Albania.

Harold Hayes
Harold Hayes, superstite dell’odissea segreta durante la Seconda Guerra Mondiale, muore a 94 anni

Il Dottor Hayes era l’ultimo sopravvissuto di un gruppo di medici e infermieri che – durante la Seconda Guerra Mondiale – trascorsero nove settimane nell’Albania occupata dalle truppe tedesche sfuggendo alla cattura e soffrendo terribili privazioni.

L’episodio era stato fino ad oggi coperto dal segreto militare allo scopo di proteggere da rappresaglie i partigiani albanesi, gli abitanti dei villaggi che avevano dato loro cibo, rifugio e indicazioni per la strada da percorrere e gli agenti segreti che li avevano aiutati a salvarsi.

L’8 novembre 1943 Hayes, con un gruppo di 13 medici e 13 infermiere, oltre a 4 membri dell’equipaggio, era a bordo di un aereo disarmato partito da Catania e diretto a Bari, dove numerosi militari americani feriti erano in attesa di rimpatrio. Il personale sanitario era destinato a prestare le proprie cure ai feriti durante lo sbarco sulle coste italiane, e quindi a far ritorno alla loro base dopo un breve periodo di permanenza a Bari.

Ma, a causa delle avverse condizioni metereologiche, delle nuvole che impedivano la visibilità e di un guasto alla bussola di bordo, l’aereo andò fuori rotta, attraversò il mare Adriatico e fu attaccato dalla contraerea tedesca e da caccia nemici.

Rimasto senza carburante, il pilota tentò un atterraggio di fortuna a circa 50 chilometri dalla costa, in territorio albanese.

L’atterraggio fu piuttosto avventuroso e l’aereo cappottò a causa del terreno fangoso. Soltanto un membro dell’equipaggio rimase ferito, mentre tutti gli altri ne uscirono incolumi.

Gli americani, disorientati, non avevano alcuna idea di dove fossero. Temendo l’esplosione dell’aereo, lasciarono subito il velivolo. Ebbero un colpo di fortuna, incontrando un gruppo di uomini armati. Hasan Gina, un partigiano che conosceva qualche parola di inglese, spiegò loro che si trovavano in Albania. In seguito vennero a conoscenza di essere a circa 300 chilometri da Bari, circondati da truppe tedesche e nel bel mezzo di una guerra civile tra gruppi di partigiani di opposte fazioni.

Gli americani non sapevano nulla dell’Albania: non vi erano ferrovie e solo poche strade: muli e cavalli erano il solo mezzo di trasporto e iniziarono a marciare nella direzione sbagliata, verso l’interno e non verso la costa adriatica. Nelle settimane seguenti, guidati da partigiani, attraversarono vallate e montagne, spesso facendo giri più lunghi per evitare le pattuglie tedesche.

Essendo impossibilitato a camminare a causa della ferita al ginocchio, tutti i compagni portarono con loro il membro dell’equipaggio ferito nell’atterraggio e percossero oltre 600 miglia (circa 900 chilometri).

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Una mappa che racconta del viaggio di un gruppo di medici e infermieri americani il cui aereo è precipitato in Albania occupata dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale

Soffrirono la fame, la sete e speso marciarono per 24 ore di seguito.

A causa della stagione invernale che avanzava soffrirono il freddo, essendo i loro indumenti estivi e le loro calzature ormai inservibili per le lunghe marce in montagna.

Dopo cinque giorni giunsero a Berat, controllata dai partigiani, e furono scambiati per una avanguardia delle truppe alleate che avrebbero dovuto liberare l’Albania.

Dopo appena cinque giorni dal loro arrivo, Berat fu occupata dai tedeschi e quindi il gruppo lasciò precipitosamente la città, salendo a piedi in un villaggio di montagna, dove si trovarono nel bel mezzo di un combattimento tra gruppi rivali di partigiani.

Nella confusione dell’occupazione di Berat, tre infermiere rimasero dietro le linee. Si rifugiarono in una fattoria in campagna, dove rimasero per quattro mesi.

Furono considerati, dal loro comando, “Dispersi in missione”, e furono inviate alle loro famiglie lettere che comunicavano la loro condizione di dispersi in guerra.

Il Salvataggio Segreto: infermieri e medici americani di ritorno dall’Albania (Video di Cate Lineberry)

Il 27 novembre 1943 il Servizio Segreto Inglese in Albania ebbe notizia dai partigiani che un aereo americano era precipitato in Albania e che tutti coloro che erano a bordo erano sopravvissuti e stavano tentando di raggiungere la costa. Questa notizia fu comunicata solo al Gen. Dwight D. Eisenhower, Comandante delle truppe alleate in Europa e al Presidente Franklin D. Roosevelt. Ne furono informate le famiglie dei militari dispersi.

Iniziò subito una azione di ricerca e recupero da parte americana ed inglese con alterne vicende e notevoli difficoltà: ma il 9 gennaio 1944, dopo 63 giorni di traversie, 10 infermiere, 17 medici e i membri dell’equipaggio si imbarcarono su una lancia inglese e – attraverso l’Adriatico – raggiunsero le coste meridionali italiane.
Le tre infermiere, che erano rimaste dietro le linee tedesche a Berat, raggiunsero anch’esse – a cavallo di muli – nel marzo del 1944 la costa albanese e da lì, con una imbarcazione militare, attraversarono il mare verso l’Italia.

La notizia della loro fuga dall’Albania fu tenuta segreta per anni per salvaguardare i partigiani albanesi che avevano facilitato il loro percorso. Alcuni di essi caddero per mano dei tedeschi in azioni di guerriglia.
Ma, dopo la fine della guerra, il dittatore comunista Enver Hoxha fece fucilare quei partigiani che erano sospettati di aver aiutato gli americani in questa vicenda.

“Per molti anni – affermò nel 2015 in una intervista al New York Times il dottor Hayes – non ho mai parlato di quanto era avvenuto in Albania nel 1943″.

Argomenti: Enver HoxhaHarold HayesSeconda Guerra Mondiale
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