[ 1912 – Ventotto Novembre – 2012 ]
Rrofëshën Shqipërìa Madhe e Italia Arbëreshe!
Dioràma Storico Albanese (6°)
Nel ricordo e in onore degli ardimentosi Ottantatre Padri Nobili [capitanati dai “quadrumviri” Ismaìl Kemal bey Vlora (1844-1919), Isa Buletini (1864-1916), Vixhë Gurakuqi ( (1879-1925) e Dhimitër Berati (1886-1970)] dell’Indipendenza della Patria di Gjèrgji Kastriòti Skënderbèu
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Gli Albanesi denominano sé stessi Shqipëtarë e la terra che occupano Shqipënija (in ghego) e Shqipëria (in tosco). Essi amano chiamarsi “Figli dell’Aquila”, poichè questo volatile è detto shqipe in lingua albanese. Ma la linguistica spiega l’etimo del vocabolo shqipe con vari significati, nessuno dei quali si avvicina a quello di “aquila”.
Secondo il glottologo Cautzis la parola shqipëtar (albanese) deriva dal neo-greco “skipetto”, il quale a sua volta viene dall’italiano “schioppetto”. Victor Adolphe Malte-Brun (1816-1889), un altro studioso, crede che il nome abbia origine da skipos, cioè “spada“. Le due opinioni si basano sulle consuetudini guerresche della gente d’Albania. Louis Eugène Hatin, un terzo esperto linguista, trae l’origine del nome shqipëtar dal verbo albanese më shqyptue “pronunciare”, quindi shqipëtar vorrebbe dire “uno che parla, che pronuncia parole” in albanese. Esiste ed è sempre in uso nel parlare comune del popolo la frase idiomatica: të flas shqyp, che significa “ti parlo chiaro, schietto, aperto”. Ma la denominazione shqipëtar è piuttosto recente: soltanto dal secolo XVII si trova diffusa in tutta l’Albania. Prima di allora, come afferma lo storico croato Milan Ŝufflay (1879-1931) e come risulta dagli archivi di Ragusa, Shqipëtar era un semplice nome di famiglia: Schapudar, Schepudar, Schapudar. Un grande Casato del Nord Albania, probabilmente originario di Drivasto, portava il nome di Scapuder. Il nome antico dell’Albania è Arbënia e quello degli Albanesi Arbëneshë o Arbëreshë.
Nelle colonie albanesi dell’Attica e dell’arcipelago greco, in Molise, in Puglia, in Basilicata, in Calabria, in Sicilia, a Borgo Erizzo presso Zara, l’Albanese si chiama Arbëresh o Arbënesh secondo che provenga dalla Toscheria o dalla Ghegheria, ossia dal Meridione o dal Settentrione dell’Albania. In tutte le colonie affatto ignorato è il nome Shqipëtar e quindi anche di Shqipënija e di Shqipëria, e ciò prova che tale denominazione non esisteva al tempo del loro esodo dalla Patria.
Il nome di Arbenia o Albania compare per la prima volta con Tolomeo (130 d.
C., circa) e ricompare nel 1043, sotto la forma di popolazioni Albanoi o Arbanoi, che poi si vede trasformata in Arcanitis, da cui deriva la forma turca Arnauti. “Il nome Albania”, sosteneva il francese Èlisée Reclus (1830-1905), «si trova per la prima volta nelle cronache dove si narra che Roberto il Guiscardo, sconfitto il Comneno a Durazzo, traversò quella città per inseguirlo fino a Ocrida (1081-1082)».
E la bella denominazione di “Figli dell’Aquila”, profondamente radicata pare da epoca remota nel popolo albanese, così cara agli Shqipëtarë? I linguisti affermano che non ha nulla in comune con la parola shqipe, che significa “aquila” e con Shqipëria che è il nome del Paese. Dobbiamo invece cercare in esso le tracce di un antichissimo totem (1). È comune ai popoli balcanici l’idea di derivare da un animale araldico. I Montenegrini si identificano con lo sparviero. Fuori dalla penisola balcanica troviamo il conosciutissimo totem di Roma che è la lupa. L’aquila è un volatile molto familiare sulle vette dei monti in Albania e sempre presente nelle favole, nelle leggende, nella fraseologia e nei canti popolari. Gjèrgji Kastriòti Skenderbèu portava un’aquila nel suo stemma, che divenne simbolo di fratellanza di tutti gli Albanesi e bandiera della Nazione. Pirro I vittorioso, secondo lo storico Plutarco, ricevette dai suoi soldati l’appellativo di “Aquila”. Quindi la denominazione di “Figli dell’Aquila” con la quale orgogliosamente si fregiano gli Albanesi è da attribuirsi alla tenace inconscia credenza in un antichissimo totem.
Ed ora una digressione “flash” sull’idioma shqipëtar. L’albanese appartiene al gruppo delle lingue indoeuropee “satem”, dalle quali però differisce per lo sviluppo indipendente delle labiovelari, come dimostrò nel 1900 il linguista danese Holger Pedersen (1867-1953). L’albanese si divide in due principali dialetti: il ghego al Nord e il tosco al Sud. Il confine fra i due dialetti lo segna in modo approssimativo il fiume Shkumbini. Le differenze fra il ghego e il tosco sono fonetiche e non lessicali. Toschi e Gheghi si comprendono perfettamente fra di loro. Le più notevoli differenze fra i due dialetti sono: presenza di vocaboli nasali nel ghego e loro assenza nel tosco (per esempio la â nasale del ghego diventa ë nel tosco); il rotacismo nel tosco per cui la n intervocalica del ghego diventa r nel tosco (per esempio il nome ghego di Vlona – Valona – diventa Vlora in tosco, il nome pêni – filo – del ghego diventa përi nel tosco).
ANNOTAZIONE /
(1) – Essere animale o vegetale da cui, nella credenza dei popoli primitivi, ha origine una tribù o un clan.