Dioràma Storico Albanese (3°) Millecinquecentoventuno anni fa l’Impero Romano d’Oriente si affidava alla Dinastia Anastàso-Giustinianèa (una straordinaria famiglia di Stirpe Illira)! Negli anni 49-48 a.
C. l’Illiria fu teatro della guerra civile fra Caio Giulio Cesare e Gneo Pompeo Magno.
[ Omaggio per l’imminente Centenario dell’Indipendenza Nazionale Shqipëtare ]
Diocleziano (cinquantunesimo titolare della Roma dei Cesari) ne divise il territorio in due province: la Dalmazia con capitale Salona e la Praevalitana con capitale Shkodër (Scutari). Così nel 395 d.
C., quando l’Impero Romano si divise in due parti, la Praevalitana e la provincia Epirus Nova con capitale Durazzo vennero attribuite al “troncone” d’Oriente. Durante la dominazione romana in Albania fiorirono i commerci, le città si ingrandirono e si abbellirono di edifici pubblici e di monumenti. Le strade costruite dai Romani, di cui tuttora si conservano vestigia in ogni parte del paese, divennero veicoli di civiltà. Le orme di Roma e della sua benefica amministrazione si incontrano anche oggi in tutto il litorale albanese. Nelle montagne però, gli Albanesi serbarono sempre le antiche forme di vita e le usanze tradizionali. Gli Illiri militarono nelle legioni di Roma e con l’istinto guerriero che li caratterizzava, come caratterizza anche gli albanesi loro discendenti, seppero salire ai più alti gradi militari. Alcuni di loro ebbero, per propri grandissimi meriti e capacità politiche, perfino l’onore di vestire la porpora imperiale! I loro nomi? Lucio Domizio AURELIANO (maggio 270 – ottobre 275 d.
C.), Caio Aurelio Valerio DIOCLEZIANO (20 novembre 284 – 1° maggio 305), Costanzo CLORO (305-306), COSTANTINO 1° (18 settembre 324 – 22 maggio 337), COSTANTINO 2° (9 settembre 337 – 340), COSTANTE 1° (9 settembre 337 – 350), COSTANZO 2° (9 settembre 337 – 3 novembre 361), GIULIANO L’APOSTATA (novembre 361 – 27 giugno 363). Tranquilli, amici lettori! L’elenco dei nostri Imperatori prosegue ancora. Nell’anno 395 sappiamo che l’Impero Romano, come abbiamo già ricordato, viene diviso in due tronconi: Occidentale e Orientale. Il primo (Impero Romano d’Occidente) sarebbe finito con lo sfortunato Romolo Augustolo il 23 agosto 476), il secondo invece (Impero Romano d’Oriente) avrebbe avuto una durata lunghissima. Bene, il ramo orientale, che aveva designato a sua capitale la città di Costantinopoli (sorta sul luogo dell’antica Bisanzio per decisione di Costantino il Grande e inaugurata solennemente nel 330), annoverò più di 80 Imperatori. Di questi, ben quattro erano certissimamente di origine illira: Anastasio 1°, Giustino 1°, Giustiniano 1° e Giustino 2°. Grazie a loro, alla corte di Costantinopoli, si parlò per 87 anni la lingua di Giorgio Skanderbeg! Ricordiamoli agli immemori di casa nostra! STÀZI i PARË (Anastasio 1° – Dal 491 al 518) / Nacque a Durrës (Durazzo) nel 430. Di modeste origini, alto funzionario (silentiarius) alla Corte bizantina, alla morte di Zenone (491) si vide offrire dall’Imperatrice vedova Ariadne la sua mano e l’Impero. Anastasio si rivelò energico amministratore delle finanze imperiali. Tanto è vero che al suo successore lasciò un tesoro che fu valutato 320.000 libbre d’oro! La sua politica di appoggio ai ceti commerciali ed artigianali, ma soprattutto il suo radicato monofisismo (tendenza religiosa ereticale mirante a riconoscere in Cristo solamente la natura divina), gli procurarono però molti nemici, fra i quali il patriarca Eufemio, e furono causa di rivolte nella Capitale. Dovette lottare anche contro l’opposizione interna degli Isaurici, che deportò in Tracia, contro i Bulgari, gli Slavi e i Persiani, scendendo invece a patti con i Sovrani barbari d’Occidente.
La crisi più acuta dell’Impero si ebbe nel 513, con la rivolta di Vitaliano, comandante delle truppe di Tracia, che, fattosi campione dell’ortodossìa, minacciò più volte la stessa Costantinopoli; anche durante la guerra civile, però, Anastasio, malgrado alcune concessioni, non recedette dal suo atteggiamento religioso che conservò fino alla morte avvenuta il 9 luglio 518. Va ricordato, infine, che l’illustre cittadino di Durrës, oltre al greco e al latino, amava parlare l’illirico (antenato dell’attuale idioma albanese) ogni volta che gli era possibile, al pari dei suoi tre successori. XHUSTÌNI i PARË (Giustino 1° – Dal 518 al 527) / Nacque a Tauresium (l’attuale località albanese chiamata Ushkup, presso Skoplje) nel 450. Appartenente a una famiglia di agricoltori illiri, ricevette una discreta istruzione e si trasferì giovanissimo a Costantinopoli. Arruolatosi nella Guardia Palatina, ne divenne il Comandante. Alla morte di Anastasio I° (518) fu proclamato Imperatore, grazie all’appoggio del Senato. Fervente cattolico, rinnegò la politica religiosa dei suoi predecessori, favorevoli ai monofisiti. Si legò al Papa di allora (Ormisda), al quale chiese l’invio di missionari romani, abrogò l’Henotikon di Leone I°, che aveva fatto del monofisismo la religione di Stato, e mise al bando le eresie ariana e monofisita (523). Il riavvicinamento a Roma portò alla rottura con gli Ostrogoti di Teodorico, di religione ariana; nel 526 ruppe anche la tregua con i Persiani. Giustino subì fortemente l’influenza del nipote Giustiniano, cui delegò buona parte delle iniziative politiche, associandolo al Trono nel 527, pochi mesi prima di morire e assicurandogli la successione. Scomparve il primo agosto 527.
XHUSTINIÀNI i PARË (Giustiniano 1° – Dal 527 al 565) / Nacque a Tauresium nel 482. Appartenente a una famiglia di agiati proprietari terrieri, nipote dell’Imperatore Giustino 1°, in onore del quale prese il nome di Giustiniano (per intero in latino suonava Flavius Petrus Sabbatius Iustinianus), ricevette una cultura classica per volere dello zio che lo ebbe fra i suoi collaboratori all’indomani della sua assunzione al Trono (518). Nella primavera del 527 Giustiniano fu incoronato co-imperatore dal Patriarca di Costantinopoli, e nell’agosto dello stesso anno morto Giustino 1°, rimase solo sul Trono. Pochi anni dopo (nel 523) Giustiniano aveva sposato Teodora, già attrice del circo, che seppe tuttavia rivelarsi donna di grande intelligenza ed intuito politico, sagace consigliera, abile diplomatica (quasi una Teuta rediviva!), nonostante le pesanti critiche espresse al suo riguardo da molte fonti contemporanee (prima fra tutte la “Storia segreta” di Procopio di Cesarea). Seguace del credo calcedoniano, personalmente convinto che il buon andamento dell’Impero dipendesse dal favore di Dio, Giustiniano continuò la linea di politica religiosa del predecessore, intervenendo costantemente negli affari interni della Chiesa, emanando disposizioni per l’elezione di vescovi ed abati e per la moralizzazione dei costumi ecclesiastici; operando per l’eliminazione del paganesimo residuo ed incentivando la cristianizzazione ortodossa dell’Impero.
In questo programma religioso (che rientrava a sua volta in un più generale disegno di restaurazione imperiale) si inquadrano la chiusura della scuola filosofica di Atene, rimasta legata al paganesimo (anno 529); l’ordine dato ai pagani di avvicinarsi all’insegnamento cristiano e di farsi battezzare, pena la confisca dei beni; l’epurazione di parte dell’aristocrazia della Capitale, accusata di paganesimo o di eresia, manichea o montanista; le missioni di conversione inviate nell’Asia Minore occidentale (anno 542); le persecuzioni (inflitte soprattutto a livello giuridico) contro ebrei e samaritani, contro i monofisiti intransigenti della Siria e dell’Egitto; il tentativo di pacificazione fra ortodossi e monofisiti moderati culminano (anno 544) nella condanna dei trattati antimonofisiti detti “Tre Capitoli”. In politica interna Giustiniano si dimostrò amministratore oculato e autore di riforme volte al decentramento delle province, per tenerne in massimo conto le diverse situazioni locali; seppe circondarsi di uomini capaci e di abili funzionari (come il Prefetto del Pretorio Giovanni di Cappadocia, i generali Belisario e Narsete, il giurista Triboniano), riuscì a superare (anche se gran parte del merito sembra doversi attribuire all’energia dimostrata da Teodora) la grave crisi interna del gennaio 532, la cosiddetta rivolta di Nika, provocata dalle fazioni popolari dei “Verdi” e degli “Azzurri” e scoppiata nell’ippodromo di Costantinopoli. La politica estera di Giustiniano fu dominata dall’ideale di restaurazione imperiale nelle terre dell’Occidente: per concretizzare questo ideale egli fu costretto ad impegnare la massima parte delle sue truppe sui fronti occidentali, sguarnendo di conseguenza il settore orientale, sul quale da decenni premevano le offensive dell’Impero Persiano. Di questa circostanza i Sasanidi seppero approfittare, prendendo l’iniziativa diretta nel 527, sotto il Re Kawadh e nel 540 sotto il suo successore Cosroe 1°. Le truppe bizantine, guidate da Belisario, ottenendo qualche iniziale successo, poi vennero sconfitte (anno 531, battaglia di Callinico) e Giustiniano preferì concludere con Cosroe delle tregue che gli permisero di agire con maggiore incisività sui fronti occidentali; le tregue, stipulate nel 532, nel 545 e nel 551 e sempre infrante dai Persiani, furono poi perfezionate nel 562 dalla stipulazione di una pace cinquantennale. Liberatosi temporaneamente nel 532 del pericolo persiano, grazie alla conclusione di una delle suddette tregue (questa del 532 avrebbe dovuto essere in realtà una “pace perpetua”, ma venne infranta otto anni più tardi), Giustiniano inviò nel 533 le sue forze guidate da Belisario contro il Regno dei Vandali in Africa nord-occidentale. La campagna, che durò due soli anni, culminò nella conquista di Cartagine (anno 533) e nella disfatta del regno barbarico (anno 534) con la cattura dell’ultimo Re vandalo Gelimero, i cui territori, che comprendevano anche le Baleari, la Sardegna e la Corsica, furono riammessi all’Impero. Più lunga e difficile fu la riconquista dell’Italia, dominata dagli Ostrogoti: la guerra greco-gotica, che scoppiò nel 535, era destinata infatti a durare fino al 553 con fasi alterne di conquista bizantina e di riscossa gotica inframmezzata da epidemie e carestia che misero a dura prova, insieme alla popolazione italica ed a quella gotica, anche le forze dell’esercito bizantino occupante. Originato da un motivo occasionale di ordine dinastico fu l’intervento di Giustiniano nella penisola iberica, legato tuttavia sempre al generale disegno di riconquista dell’Occidente mediterraneo; nel 551 il visigoto Atanagildo, in lotta con il rivale Agila per il Trono, richiese l’intervento di Giustiniano; questi inviò dalla Sicilia in aiuto ad Atanagildo una piccola spedizione al comando del patrizio Liberio, che riuscì ad impadronirsi delle antiche province Betica e Cartaginese, territori che poi il vincitore Atanagildo fu costretto a riconoscere all’Imperatore bizantino. Riconquistati questi vastissimi domini, Giustiniano diede loro una nuova organizzazione civile e militare, incamerò nel demanio imperiale ampi beni, tolse generalmente alle Chiese ariane dei Regni romano-barbarici vinti i loro possessi per affidarli a istituzioni ecclesiastiche cattoliche; condusse anche in queste regioni la lotta al paganesimo e all’eresia che già conduceva nei territori orientali; estese ovunque la sua legislazione. Nel corso del suo lunghissimo (per quei tempi!) governo Giustiniano dovette, però, affrontare anche il nuovo pericolo costituito per le frontiere settentrionali dell’Impero dalla pressione delle popolazioni slave e degli Unni; per un venticinquennio il confine naturale del Danubio fu violato a più riprese da bande di armati che raggiunsero, saccheggiandole, le regioni illire e quelle greche, minacciando nel 558 la stessa capitale Costantinopoli. Contro queste azioni devastatrici e imprevedibili, Giustiniano si adoperò per fortificare il limes danubiano e per circondare di mura i centri di frontiera maggiormente esposti. Nonostante i lunghi anni di guerra che caratterizzarono il suo Governo, l’Imperatore lavorò con la nota infaticabilità di cui parlano le fonti anche per arricchire economicamente lo Stato, favorendo soprattutto il commercio sulla lunga distanza (traffici terrestri e marittimi) specialmente di merci preziose; volle rendere pertanto più sicura la navigazione sul Mediterraneo e si preoccupò di intessere rapporti con il lontano Impero Cinese e il Regno di Aksum. Un’altra importantissima impresa voluta da Giustiniano, all’attuazione della quale il suo nome rimane indissolubilmente legato, fu la codificazione del Diritto romano che prese il nome di “Corpus iuris civilis”. L’opera, attuata da una commissione di giuristi presieduta dal grande Triboniano e divisa in quattro sezioni (il Digesto, il Codice, le Istituzioni e le Novelle), non è solo la base di tutto il Diritto greco-bizantino dell’Impero, ma l’opera fondamentale di tutto il sistema giuridico occidentale! Al nome di Giustiziano sono anche legate altre iniziative di carattere culturale e, soprattutto, artistico: desideroso di mantenere una Corte sfarzosa ed intellettualmente vivace, Giustiniano il Grande si circondò di letterati e poeti; abbellì la Capitale e i centri più importanti ordinando la costruzione o ricostruzione di varie chiese (quali Santa Sofia a Costantinopoli e, in Italia, Sant’Apollinare e San Vitale di Ravenna); diede impulso agli studi e all’insegnamento. Giustiniano chiuse la sua eccezionale esistenza terrena il 14 novembre del 565. Secondo un’anonima cronaca del tempo egli, ormai agonizzante e prossimo a esalare l’ultimo respiro, ebbe la forza di pronunciare alcune parole dense di pathos religioso. Ecco la frase pronunciata dall’illustre morituro nella sua lingua materna, l’illirico = albanese (la stessa che “apparterrà”, nove secoli dopo, al leggendario kreshnik shqipëtar Gjergji Kastriòti Skënderbèu): «Kimi një fjalë vetëm, Zoti Jone……. Zoti jone!». (Traduzione italiana: «Abbiamo una parola sola, Signore Nostro……. Signore Nostro!»)XHUSTÌNI i DYTË (Giustino 2° – Dal 565 al 578) / Nipote di Giustiniano 1°, cui succedette nel 565, non fu, purtroppo, del tutto capace di proseguire l’opera del suo grande predecessore e, sotto il suo Governo, l’Impero subì una serie di disastri militari, come l’incursione degli Avari in Tracia e in Ylliria (anno 571), la guerra con i Persiani che costò all’Impero parte della Siria (anno 572). Tuttavia, rendendosi conto, con il passare degli anni, di non essere proprio all’altezza della situazione, ebbe l’umiltà e il buon senso di farsi da parte, prima che i problemi politici e militari si aggravassero ulteriormente. Nel 574, infatti, associò al Trono il figlio adottivo Tiberio, già Comandante delle Guardie Imperiali. Quest’ultimo, dopo la scomparsa di Giustino 2°, ascese all’Impero ed in soli quattro anni di Governo (dal 578 al 582) riusciva a risollevare le sorti dello Stato (placando, così, lo sdegno della grande anima giustinianea!). Ecco, ami
ci lettori, siamo arrivati alla fine dell’incredibile “epopea degli Illiri”! Prima di licenziare questa nostra modesta rievocazione storica, desideriamo rivolgere, ancora una volta, il pensiero a colui che fu il decimo Titolare dell’Impero Romano d’Oriente: «Ave, o Giustiniano Cesare! L’Italia, l’Europa, l’Occidente e (of course, in primis) gli Albanesi sparsi in ogni angolo del mondo salutano in Te il più grande Imperatore Romano (secondo solo a Ottaviano Augusto)!».