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La grande epopea degli Illiri

di Tiberio Occhionero
13 Novembre 2012
in Storia
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Gli albanesi, secondo il parere degli storici più accreditati, sono da considerare i diretti discendenti degli Illiri e, quindi, autoctoni nelle sedi che tuttora occupano. Omaggio per l’imminente Centenario dell’Indipendenza Nazionale Shqipëtare

DiTiberio Occhinero*

Dioràma Storico Albanese (2°)

All’inizio del II millennio a.

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C. scese dal Nord nella penisola balcanica la prima ondata dei Paleoindoeuropei cui fecero seguito altre ondate, fra le quali probabilmente quella dei Dori e certamente quella degli Illiri. Questi ultimi, distaccatisi da un comune ceppo etnico ario o indoeuropeo, si stabilirono sul territorio albanese all’inizio dell’età del bronzo per diventare agricoltori e allevatori in epoche successive. Riguardo ai risultati delle ricerche linguistiche e antropologiche, alle quali bisogna aggiungere anche le scoperte archeologiche degli ultimi decenni, continuano a offrire sempre più concrete prove della discendenza illira degli odierni Albanesi. Fin dalle età più remote era abitata la zona litoranea dell’Albania. Oggetti litici ritrovati nell’Albania settentrionale e asce di porfirite rinvenute nell’acropoli di Foiniki lo provano. Non mancano, anche se scarse, testimonianze dell’età del ferro. Le suppellettili trovate nella necropoli di Komani insieme all’indice cefalico degli scheletri dissepolti da quei tumuli sono una sicura prova che la stessa Stirpe abita tuttora il suolo albanese. Di un territorio chiamato Ylliria parlano anche alcuni scrittori antichi sia greci che romani. Essi indicano con la denominazione di Epirus Nova la zona meridionale (tribù appartenenti: Agrei, Anfilocchi, Apodoti, Atamani, Atintani, Caoni, Cassopei, Etici, Molossi, Oresti, Tintei e Tesproti) e con l’altra di Ylliria Magna la zona centro-settentrionale (tribù appartenenti: Ardiei, Chelidoni, Enchelei, Labeati, Partini, Pirusti e Taulanti). Di tutte le diciannove Stirpi illire menzionate, solo tre (Ardiei, Enchelei e Molossi) hanno lasciato notevolissime tracce delle loro vicende storiche giunte sino a noi moderni. Inoltre, a causa dell’eccessivo individualismo comune a tutte quante loro, furono riluttanti, per un tempo lunghissimo, a creare organismi statali unitari. Vivevano, pertanto, in regime tribale. Nei momenti di pericolo avveniva che le genti di identica origine illira si federassero e combattessero fianco a fianco, ma poco dopo ciascuna tribù tornava alla vita autonoma e isolata di prima senza conservare nessun vincolo con quelle consanguinee. Agli albori del VI secolo a.

C., dopo essere stati per quasi mille anni prigionieri dei loro stessi egoismi e rivalità, finalmente gli Illiri decisero di dare vita a un’unica grande federazione, da cui doveva presto sortire uno Stato (dall’assetto monarchico) capace di sviluppare i commerci e, persino, di battere moneta propria. Alla guida del nuovissimo Regno Illiro si cimentarono dapprima gli Enchelei (l’esponente di maggior spicco fu Bardhylli) per circa duecento anni; subito dopo toccò agli Ardiei raccogliere l’eredità regale (metà del III secolo a.

C.). Desideriamo, a questo punto, soffermarci brevemente sui personaggi che incarnarono l’autorità per l’intero periodo della Seconda Dinastia Illira (dal 250 al 167 a.

C.). Senza ombra di dubbio, quella degli Ardiei è da considerarsi la parentesi monarchica che ha lasciato impronte eccezionali e di maggior spessore politico-militare permeando di sé la storia balcanica. Gli albanesi, difatti, reputano il Regno degli Ardiei come la prima vera compagine statale dai contenuti giuridico-legislativi che la comunità illira avesse mai avuto fino ad allora! Cinque furono i sovrani di questa straordinaria stirpe. Eccoli. (Accanto al nome in lingua albanese indichiamo, tra parentesi, la versione italiana dello stesso e la durata del Governo Reale).

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GRËNI (Agrone – Dal 250 al 231 a.

C.) / Figlio di Pleuràto il Vecchio. Avendo sposato una donna bellissima e intrigante (Teuta) ne subì a tal punto il fascino da permetterle di diventare il vero “deus ex machina” della politica interna ed estera del Regno. Agrone, a onor del vero, ebbe fortuna con la sua “ninfa Egeria”, perché quasi tutti i consigli elargitigli si rivelarono azzeccati in pieno. Un esempio? Il Re, angustiato per via di alcune tribù ancora refrattarie all’unità politica e amministrativa, era indeciso se affrontare subito quei sudditi ribelli o aspettare tempi migliori. Teuta, che mal digeriva la presenza a Corte di un fratellastro del marito, fece allora spargere ai quattro venti che Scerdilàida (questo era il nome dell’ignaro congiunto) stava per capeggiare le stirpi ostili con il recondito intento di scalzare dal trono il legittimo sovrano! Quest’ultimo, infuriatosi e pieno di bile, ruppe gli indugi e affrontò energicamente la situazione imponendo definitivamente il suo dominio sulle tribù favorevoli al presunto “golpista” Scerdilaida. Lo Stato di Agrone comprendeva la Dalmazia centrale, l’Erzegovina meridionale e il territorio dell’odierna Albania fino al fiume Vojussa. La capitale era Shkodër (Scutari) centro della tribù dei Labeati. TÈUTËJA MÀDHE (Teuta la Grande – Dal 231 al 228 a.

C.) / Moglie di Agrone. Alla morte del Re, di cui, come abbiamo visto, era stata validissima collaboratrice e consigliera, prevaricò e sbalordì tutti i più grandi dignitari del Regno afferrando le redini dello Stato illiro e accentrando tutto il potere nelle sue mani. Teuta (gli albanesi pronunciano con orgoglio il suo nome!) fu una donna affascinante, intelligente, diplomatica, vigorosa e, soprattutto, decisa a continuare la politica espansionistica del consorte. Armò, in breve tempo, una flotta agguerritissima. Le sue navi (i famosi lembi) corsare non davano tregua alle colonie greche dell’Adriatico. Nella guerra di conquista la vedova di Agrone si imbattè, un bel giorno, in avversari nuovi, potenti e risoluti: i Romani. Nel 229 la Regina illira prese Corcira (Corfù). Roma, chiamata in soccorso dalla città di Apollonia (l’odierna Fier), sua alleata, spedì una flotta di duecento navi, con la quale liberò Corcira e poi costrinse gli Illiri a ritirarsi nelle loro basi. Teuta allora entrò, obtorto collo, in trattative con i Romani sino a concludere la pace l’anno seguente (228). Un suo contemporaneo e nemico irriducibile, il Console Lucio Cornelio Scipione, conquistatore della Corsica e della Sardegna (nonché trisnonno materno del celeberrimo tribuno Tiberio Gracco) ebbe ad affermare durante un memorabile intervento oratorio al Senato romano: «Quiriti, al fine di pacificare il mare Adriatico e controllarne tutti i traffici commerciali, urge annientare subito quei barbari di Illiri guidati dalla scaltra e perfida Teuta, oppure……. farne dei nostri alleati! Vi scongiuro, o Padri Coscritti, di non prendere minimamente in considerazione la seconda ipotesi!». L’illustre esponente della gens Cornelia affidava, così, alla memoria dei posteri l’elogio più sincero e lusinghiero della Grande Teuta!SHËRDHILÀJDHI DINÀKU (Scerdilaida l’Astuto – Dal 228 al 208 a.

C.) / Fratellastro di Agrone. Apparve sulla scena per la prima volta nel 230, capo di settecento Illiri inviati da Teuta contro la città di Foiniki (Fenice). Alla scomparsa della cognata riuscì ad assurgere al Trono ardieo. Dopo un’audace azione bellica contro la Messenia nel 220, divenne alleato degli Etoli contro Filippo V di Macedonia, poi di Filippo V (dal 219 al 218) contro gli Etoli. Fu ammesso nella Simmachia Corinzia e cooperò attivamente sul mare, con i suoi lembi, alle successive imprese ai danni sempre degli Etoli. Nella primavera del 217, però, preventivamente accordatosi con i Romani (ricordiamoci che siamo in piena Seconda Guerra Punica!), ruppe con Filippo V e invase la Dassaretide, ma venne presto ricacciato dal sovrano macedone, il quale nel 216 si spinse per mare contro Apollonia. Avvertiti da Scerdilaida, i Romani intervennero e Filippo V si ritirò. Per cinque anni (dal 217 al 212) il successore di Teuta fu l’unico e sincero alleato di Roma nello scacchiere balcanico. Nell’anno 208 colui che alcuni studiosi hanno definito il “Richelieu illiro” ebbe la temerarietà di progettare addirittura l’invasione del Regno di Macedonia! Fu il suo ultimissimo atto politico-militare.

PLEURÀTI i MIRË (Pleurato il Buono –
Dal 208 al 181 a.

C.) / Figlio di Scerdilaida. Seguì pedissequamente la politica di stretta collaborazione con Roma, ai danni della Macedonia, scelta da suo padre nell’ultima fase del suo Governo. Condivise quindi, nelle debite proporzioni, le fortune ascendenti di Roma nella penisola balcanica. Comparve la prima volta nel 212 associato al padre come correggente nel trattato tra Roma e l’Etolia, in quanto Roma vi faceva riconoscere il diritto di Scerdilaida e di Pleurato di aderirvi posteriormente. Nel 205, ormai unico titolare del potere regio da tre anni, rappresentò il suo popolo nella pace di Fenice tra Roma e Macedonia: vi ottenne la restituzione di gran parte di quanto Filippo V aveva occupato negli anni precedenti in Ylliria. Nel 199 fu di nuovo accanto a Roma nella guerra contro Filippo V. La sconfitta di quest’ultimo consentì al Regno di Pleurato di espandersi tangibilmente ai danni della Macedonia (con il territorio di Lichido e con la regione della Partinia) sino a diventare uno dei Potentati balcanici più importanti dell’epoca. Ritroviamo nel 189 Pleurato, ancora una volta, con i Romani contro gli Etoli: e sappiamo pure che il suo aiuto non fu solo terrestre, ma anche navale. Morì prima dell’anno 180 lasciando due figli Platòr e Genzio, il secondo dei quali, come vedremo, diede alla sua politica un indirizzo del tutto diverso da quello paterno. Pleurato fu, inoltre, uno dei primi tipici vassalli-alleati semibarbari che Roma seppe, per tradizione costante della sua strategia politica, creare ai suoi confini. Alcuni dei Consoli romani più prestigiosi, come Marco Livio Salinatore e Publio Cornelio Scipione l’Africano, non mancarono di esprimere la loro stima nei confronti del grande dinasta illiro in considerazione della sua assoluta fedeltà alla ormai consolidata potenza di Roma!Genzio

XHËJÈNCI (Genzio – Dal 181 al 167 a.

C.) / Primogenito di Pleurato. Il suo Regno fu dapprima turbato dalla rivolta dei Dalmati e di altri sudditi; quando scoppiò la guerra tra i Romani e Perseo, nuovo Re di Macedonia, la sua condotta fu alquanto incerta. Infine parteggiò per il successore di Filippo V e dichiarò nel 168 guerra a Roma. Il pretore Lucio Anicio Gallo sbarcò in Ylliria, sconfisse l’esercito di Genzio (15.000 uomini) raccolto ad Alessio, e fece prigioniero lo stesso re. Quest’ultimo, privato del Trono, venne internato prima a Spoleto e poi a Gubbio, dopo aver sfilato (in catene) per le vie di Roma con i figli (Byri e Limpëja) e la consorte Regina Etëlèvja dietro il carro trionfale del Console Paolo Emilio, vincitore a Pidna nel 167. La dinastia degli Ardiei (avremo modo di trattare, in un nostro prossimo contributo, di un suo mitico esponente nonché testimone e protagonista di una vicenda storica che ha dell’incredibile!) cessò così di esistere, e il suo Stato fu diviso in tre piccoli distretti. L’antica e gloriosa Ylliria (la parola lirì = libertà deriva, appunto, dal suo diminutivo) divenne una semplice provincia romana!* Tiberio Occhionero – Spigolature biografiche di un intellettuale arbëresh “al vetriolo”————————-di Antonio HimarësÈ nato il 27 luglio 1945 ad Ururi (Campobasso) da una famiglia di lontane origini comitali shqipëtare. Il Capostipite, Ndoni Ndreu Syizì (Antonio Andrea Occhionero), abbandonò la natia Krujë (attuale Capoluogo dell’omonimo Distretto situato nell’Albania centro-settentrionale) per approdare sulle coste della Puglia nell’estate del 1468. A quell’epoca regnava a Napoli il grande Sovrano Ferdinando I d’Aragona, figlio di Alfonso I il Magnanimo. La sua formazione umanistica (Lettere Moderne con venature storico-linguistiche), plasmatasi all’Università “Gabriele D’Annunzio” di Chieti-Pescara, rimane debitrice nei confronti di almeno dodici insigni maestri: Carlo Izzo (1901-1979), anglista di fama internazionale (superbi i suoi commenti alle liriche del poeta britannico Robert Browning!); Paolo Chiarini (1931-2012), titolare della cattedra di Letteratura Tedesca nonché figlio di Luigi, primo direttore (negli anni “trenta” / secolo XX) della Mostra Cinematografica di Venezia; Arcangelo Leone De Castris (1929-2010), professore ordinario di Letteratura Italiana (fondamentali i suoi studi su Alessandro Manzoni); Dan Danino di Sarra (1914-1990), slavista d’eccezione al pari del grande Ettore Lo Gatto (memorabili le sue lezioni di russo e serbocroato!); Ivos Margoni (1929-2006), ordinario di Letteratura Francese; Luigi Pepe, ordinario di Letteratura Latina; Pasquale Villani (classe 1924 – vivente), ordinario di Storia Medioevale; Mario Agrimi (scomparso ultranovantenne nel 2010), ordinario di Filosofia Morale; Vittorio Bodini (1914-1970), ordinario di Letteratura Spagnola; Vitilio Masiello (classe 1934 – vivente), ordinario di Filologia Romanza; Pierluigi Scardigli (1933-2008), ordinario di Filologia Germanica; Corrado Gizzi (1915-2012), docente incaricato di Geografia. Appassionato, da sempre, delle vicende storico-culturali riguardanti la Patria dei suoi Antenati, nonché osservatore attento ed imparziale della complessa attualità balcanica dal punto di vista geopolitico, Occhionero ha già pubblicato (o in corso di ultimazione) una serie di interessanti lavori storico-giornalistici come: ● Sovrani avvicendatisi sul Trono d’Albania nel corso del secolo XX /● Eminenti Personaggi Shqipëtarë (dall’anno 356 a.

C. ad oggi) /● Gjaku Shprisht (il “Chi è” degli italo-albanesi che hanno contribuito ad illustrare l’Italia nei campi più disparati dal secolo XVI ai nostri giorni) /● A tu per tu con il discendente di Vlaika Kastriota /● Omaggio agli Ururesi più o meno illustri dei secoli XVIII-XIX-XX /● “Sandokhan” salverà la Patria di Giorgio Kastriota Skanderbeg! /● Apocalisse in Basso Molise /● Inghilterra 1970 (brandelli memorialistici di un esule shqipëtar nella Londra di Edward Heath) / ● Conversando in Via Asmara (Roma 1975) / Le ingenue ma profetiche dichiarazioni di Lorènc Nënshàti, un bravo ed onesto Addetto Culturale shqipëtar /● Il fantasma di Murat nella Ururi del 1818 /● Un terribile “J’accuse!” / Il vergognoso, lungo ed “assordante” silenzio di alcuni intellettuali arbëresh● Tirana, se ci sei batti un colpo!● Bucuresti e gli indegni figli del grande Decebalo! ● Nobildonne & Popolane nella gloriosa illiro-normanna Auròle degli ultimi quattrocento anni / ● Memorie di un ostinato e temerario arbëresh nazional-anarco-conservatore /Sempre di Tiberio Occhionero (testimone e storico della Grande Contestazione Studentesca del 1968) segnaliamo il dossier PAGINE DI STORIA PROIBITA (terzo della serie “Secret Service”) uscito cinque fa. Il lavoro passa ai raggi X, tra l’altro, l’apocalittico genocidio degli Ebrei e le vere origini familiari di Adolf Frankenberger (alias “Hitler”). Stigmatizzando i tanti silenzi, complicità ed omissioni registrati durante la Seconda Guerra Mondiale in ambienti politico-umanitari insospettabili, il ricercatore ururese scardina implacabilmente le tesi farisaico-menzognere della Vulgata Storica Ufficiale che impera da ben sessantasette anni! Ancora dello stesso autore, sono da menzionare alcune singolari ed esclusive interviste a personaggi italiani e stranieri a vario titolo famosi. Dei nomi? Giuliano Bonfante (Decano dell’Accademia dei Lincei, scomparso nel 2005), Romano Mussolini, Joaquìn Navarro Valls (Portavoce Ufficiale di Papa Giovanni Paolo II), Pieralvise Serego Alighieri (discendente diretto del Sommo Poeta), Mario Tanassi ecc.. Ricordiamo, infine, che Tiberio Occhionero (un pervicace outsider della Storiografia sia arbëreshe che nazionale) è da anni causticamente presente nell’agone politico-culturale del giornalismo d’Abruzzo, Lazio e Molise.

Argomenti: IlliriaStoria Albanese

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