Dopo la soppressione della ribellione del 1703, il sultano Ahmed III intraprese una serie di riforme con l’aiuto del Gran Visir Nevsehirli Ibrahim Pascià per il bilanciamento del budget, aumento delle tasse e la riduzione del numero degli giannizzeri pagati dallo stato.
Dopo 1718 l’impero intraprese una politica di “pace” con le potenze europee. Questa politica guidata dal Gran Visir Nevsehirli Ibrahim Pascià portò in una crescita economica e ravvivamento culturale conosciuto come l’epoca del tulipano (Lale Devri),che indica la moda per i tulipani che svilupparono alcuni segmenti della società ottomana. Si costruirono nuovi edifici, privati e pubblici, sui modelli europei, palazzi, fontane, acquedotti, e giardini. Furono ricostruiti alcuni ministeri ed edifici governativi, sono state riparate scuole e moschee, i ministri erano in competizione con l’un l’altro per la costruzione di scuole e moschee, cambiando l’aspetto all’area di Bosforo. Anche culturalmente ci fu un risveglio, parzialmente seguendo la tradizione ottomana, ma parzialmente apportando altre novità nello stile, contenuti e interessi. Questo periodo che iniziò nel 1718 finì bruscamente nel 1730 a causa di una ribellione scoppiatasi ad Istanbul. Nel estate del 1730, il nuovo governatore dell’Iran Nadir Shah, vinse in una bataglia contro le forze turche e li obbligò a ritirarsi dall’ovest dell’Iran. La notizia della disfata si propagò ad Istanbul dai soldati che tornavano dal fronte, si chiedeva una guerra contro la Russia ed Iran per riconquistare le province perse. Il Gran Visir aveva imposto una nuova tassa per la guerra, con lo scopo di raccogliere un nuovo esercito, causando malcontento diffuso fra la popolazione della capitale. Questa nuova tassa colpiva soprattutto i piccoli commercianti e gli artigiani. Il sultano e il suo Gran Visir erano accampati in Uskudar, aspettando gli emissari persiani prima di marciare contro l’Iran.
Circolavano notizie secondo le qualiil Gran Visir voleva concludere un trattato di pace con gli emissari persiani dopo aver saputo della ritirata delle forze turche dalle province iraniane, mentre la popolazione di Istanbul continuava a pagare le tasse per la guerra. L’accordo con l’Iran e le continue difficoltà economicheportarono ad una nuova ribellione che scosse le fondamenta dell’impero turco. Il 28 settembre 1730, un gruppo di 25-30 ribelli armati guidati dal Patrona Halil si raccolse nel grande bazar di Istanbul, tirarono fuori le loro spade e issarono la bandiera verde della ribellione. Chiesero la chiusura dei negozi e l’applicazione della sharia (legge islamica).
Loro marciarono dalla strada imperiale al mercato, distribuirono cibo ai giannizzeri e accamparono nell’ippodromo. Molti soldati si unirono a loro, anche se l’agha dei giannizzeri rifiutò. Ibrahim Efendi, un insegnante di religione, rilasciò un fatwa dove dichiarava legale la rivolta.
I ribelli marciarono contro Agha Kapi, il quartier generale degli giannizzeri, liberarono i prigionieri che si trovavano là, poi nelle prigioni di Baba Ca’fer e anche lì liberarono i prigionieri che si unirono ai loro liberatori. Chiesero la destituzione di otto dignitari, incluso il Gran Visir ed il suo genero, Mehmed Pasha. Anche alcuni membri da parte degli ulama appoggiarono le richieste dei ribelli, loro erano contro la guerra contro altri musulmani (Iran), contro il trattato con la Russia che cedeva le province caucasiche alla Russia, si opponevano alle riforme politiche, economiche e culturali di Ibrahim Pasha e i suoi stretti legami con la Francia. Fra gli oppositori di Ibrahim Pascià c’era anche Zulali Hasan Efendi, un albanese, ex giudice di Istanbul, rimossoproprio da Ibrahim Pasha. Anche il predicatore di Aya Sophia, Isperizade, era contro il Gran Visir a causa della sua condotta morale e sessuale e appoggiò i ribelli.
Patrona Halil era un albanese, conosciuto come Horpesteli Arnavut Halil, nato a Horpesti nelle vicinanze di Monastir attorno al 1690, era stato un marinaio nella nave chiamata Patrona, aveva guidato una ribellione a bordo senza successo, era stato condannato a morte, ma era stato salvato dall’intervento di Kapudan Pascià (ammiraglio della flotta turca), era scapato a Nish, era entrato nei giannizzeri nel 17 reggimento, nel 1718 aveva partecipato in una ribellione fallita contro il governatore di Vidin, città di frontiera, dove era stato mandato in servizio. Era scapato ad Istanbul, lavorando come venditore ambulante nel mercato delle pulci, spendendo i suoi giorni in strada e le notti nelle taverne. Qui diventò parte del network albanese che costituiva le classi marginali, molti dei quali erano ex-giannizzeri e lavoravano nei bagni pubblici. Durante una bravata a Galata, uccise uno dei suoi amici, fu condannato a morte dal sindaco della città, e di nuovo fu salvato da Kapudan Pascià.
Con l’assenza del sultano e la sua riluttanza di usare il pugno duro, il numero dei ribelli raggiunse i 4000 unità, fra i quali parecchi giannizzeri e molti albanesi, nel giro di poche ore. Il sultano e il suo entourage tornarono di nascosto, issaro la bandiera del profeta al di fuori del palazzo come simbolo di chiamata alle armi per proteggere il califato, promiserò di pagare 25 monete d’argento a chi si riuniva a loro.
I ribelli continuavano ad attaccare e saccheggiare le case degli ufficiali statali e distribuire i soldi fra i suoi seguaci. Anche poveri greci e armeni si erano riuniti a Patrona Halil. I ribelli saccheggiarono la casa del sindaco di Istanbul e i soldi li butarono dalla finestra per i poveri di Galata. Saccheggiarono e distrussero negozi, mercati, case. Il sultanosi rivolse al predicatore di Aya Sophia, Isperizade ed a Zulali Efendi, di intercedere presso i ribelli, i quali chiesero la rimozione del Gran Visir, Zulali Hasan Efendi doveva ritornare nella sua vecchia funzione di giudice, abolire le tasse imposte dal Gran Visir e altre richieste. Il sultano ordinò la morte del Gran Visir, suoi nipoti, e i suoi assistenti e generi, Mustafa Pascià e Mehmed Pascià. Il corpo del Gran Visir vene consegnato ai ribelli che lo maltrattarono per le strade di Istanbul, per lasciarlo poi ai cani. I favoriti di Ibrahim Pascià furono allontanati dai loro incarichi. Furono pagati gli arretrati ai giannizzeri. Il nuovo Sheyhulislam chiese la destituzione del sultano e la sostituzione con il suo nipote, Mahmud. Il passaggio avene il 1 ottobre 1730.
Il nuovo sultano annullò le riforme di Ibrahim Pascià, e Patrona Halil divento de facto per un paio di mesi il governatore di Istanbul. Molti albanesi raggiunsero i posti di comando. Tutto ciò però ha attirato l’odio di una parte della popolazione di Istanbul, ai quali erano saccheggiate le proprietà. Mentre erano contenti per la rimozione di Ibrahim Pascià, non erano contenti con i disordini che seguirono.
Il sultano decise di eliminarlo, invitandolo al palazzo con la scusa di averlo nominato governatore di Rumelia insieme con un altro suo amico, di sorpresa il 25 novembre 1730 furono attaccati dalle guardie del palazzo e furono uccisi. Il governo ordino l’esecuzione di tutti i ribelli e l’espulsione di tanti albanesi dalla città. Circa 7000 dei loro seguaci furono trucidati. La repressione durò sino a dicembre 1732. Molti albanesi, anche innocenti, furono perseguitati per anni.È stato una ribellione delle classi più disagiate dell’Istanbul, che mise a dura prova l’ordine dell’impero ottomano. I suoi partecipanti erano per di più artigiani, ex-soldati, venditori, lavoratori, che dimostrava come le tensioni sociali a Istanbul portavano alla violenza e alla criminalità. Le cause di questa rivolta erano non solo le tasse aumentate, ma anche l’instabilità monetaria dovuto alla speculazione sulla moneta e tutti i problemi che derivavano da questo, i problemi dovuti alla migrazione che coinvolse l’Istanbul all’inizio del XVIII secolo, la gente proveniva da tutto l’impero, di diverse nazionalità, i più problematici erano gli albanesi, aggiungendo ai problemi economici anche quelli sociali e etnici. Si ritiene che all’inizio della ribellione c’erano ad Istanbul circa 12000 albanesi, i quali formerebbero il nocciolo della rivolta.
Importanti furono anche i fattori culturali, questa ribellione avrebbe portato alla fine di un’epoca nella storia Ottomana, quella del tulipano.
Questa rivolta è stata spesso descritta come una rivolta reazionaria dei fanatici musulmani contro le maniere occidentali adottate da parte della corte di Ahmed III. In una visione superficiale hanno ragione, ma in realtà era contro l’eccesso dell’elite e della disparità che regnava sotto il sultanato di Ahmed III. Se i dignitari facevano a gara chi costruiva di più, chi elargiva larghe somme in beneficienza, le tasse aumentavano e la gente era irrequieta, si sentiva che nonostante l’apparenza qualcosa non andava.L’oppressione stava soffocando la popolazione che vedeva lo sfarzo del sultano e chi lo circondava, che si occupavano dei tulipani, l’impero era entrato in una nuova era di inflazione incontrollata, fame e miseria, con il governo che rimaneva a guardare senza fare niente. Rivolte occasionali comparvero in varie parti dell’impero, le bande, i contadini impoveriti, i ribelli militari conosciuti come levents (avventurieri) iniziarono a dettare legge in varie parti di Anatolia e Rumelia.
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