Il 4 marzo 1981, studenti albanesi del Kosovo organizzano una protesta per migliorare le condizioni nella mensa. La protesta ha acceso le prime scintille per la protesta dell’11 marzo 1981, che ha portato alla brutalità della polizia e alla detenzione di molti studenti.
Come conseguenza della protesta studentesca, “le proteste dei lavoratori” seguirono, chiedendo che gli studenti venissero rilasciati dal carcere. E ancora, le autorità statali hanno brutalmente oppresso gli incontri e l’Esercito jugoslavo fece la sua prima apparizione.
Le manifestazioni – ricordate da Bruno Maran nel libro [amazon link=”B01C3O4Z0G” /] – prendono alla sprovvista il governo centrale di Belgrado, che tenta di minimizzare, specie con la stampa estera, poi passa al contrattacco, gridando alla “controrivoluzione fomentata da nemici interni e esterni”.
[amazon box=”B01C3O4Z0G”]
Scatta la repressione con morti, feriti e decine di arresti. I dati ufficiali parlano di nove morti tra i dimostranti e un poliziotto, 75 feriti e 55 arrestati, mentre gli albanesi del Kosovo dichiarano 160 morti e 250 feriti.
Dopo due mesi, nella “Provincia socialista del Kosovo” viene dichiarato lo stato di emergenza, seguito in seguito dal coprifuoco. La catena di eventi continua fino all’inizio della guerra in Kosovo.
L’insurrezione popolare di marzo e aprile di quell’anno segnò la svolta irreversibile per la separazione degli albanesi dall’ex Jugoslavia.
Per la prima volta in queste proteste, i manifestanti hanno chiesto lo status della Repubblica per il Kosovo all’interno della Jugoslavia.
Nei processi sono comminate pesanti condanne ai capi del movimento di protesta. Viene abolita la Difesa territoriale del Kosovo.
Articolo consigliato
- One storm has passed but others are gathering in Yougoslavia (New York Times, 19 Aprile 1981)