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Home Cultura Interviste

“Shkodra Elektronike” trasforma il repertorio folcloristico di Scutari in electropop

Live @ Uzina, il primo EP del duo "Shkodra Elektronike"

Adela Kolea di Adela Kolea
28 Marzo 2022
in Interviste, Musica
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“Shkodra Elektronike” è un duo composto e rappresentato da Kolë Laca e Beatriçe Gjergji. Entrambi scutarini, nati quindi a Scutari, Albania e emigrati in Italia agli inizi degli anni ’90. La peculiarità del loro progetto artistico consiste nel fatto di rivestire la musica tradizionale e folcloristica della loro città, Scutari, dal sound elettronico, compreso accezioni trap oppure dance, senza distinzione.
Il repertorio tradizionale scutarino, in Albania è molto noto e contraddistinto per la sua ricchezza in melodie e testi e la rilettura in chiave contemporanea di questo genere musicale della loro terra natia, dal duo Laca e Gjergji, è definito “Post Immigrant Pop”. “[email protected]” è un loro disco di debutto, registrato dal vivo.

Live @ Uzina, il primo EP del duo “Shkodra Elektronike” Parliamo di Beatriçe e Kolë per i nostri lettori di Albania News, in quanto “Shkodra Elektronike” è proprio da loro due impersonata.

-Come nasce in voi la vostra passione per la musica in generale e, in particolare per quella tradizionale della vostra città, Scutari? Venite da famiglie d’arte?

Entrambi veniamo da famiglie di musicisti. La cosa divertente è che Beatriçe viene da una famiglia di cantanti (Bik Ndoja era suo prozio), mentre io [parla Kolë] vengo da una famiglia di strumentisti e compositori (Gjon Simoni era mio zio).

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La passione per la musica, per ambedue, nasce in famiglia, anche se abbiamo avuto percorsi differenti: Beatriçe ha studiato canto moderno in Italia – è emigrata con la sua famiglia all’età di 6 anni – mentre io ho studiato pianoforte a Shkoder, presso Shkolla e mesme artistike Prenkë Jakova, durante il comunismo, dove si seguiva obbligatoriamente il metodo sovietico. Infatti non mi piaceva e non studiavo. Ero (e sono) un pianista mediocre. La musica tradizionale invece la conosciamo, entrambi, da quando siamo nati, ma la passione è nata molto dopo. Da ragazzi ascoltavamo solo il pop/rock angloamericano, ovviamente.

Con l’età abbiamo capito che le canzoni tradizionali sono il nostro pop. Da qui a farle diventare electropop il passo è stato breve.

-Quanto, secondo voi, è importante anche l’impronta familiare nell’ ereditare l’etnocultura locale verso le nuove generazioni?

L’impronta familiare è importante in tutti gli aspetti, non solo nell’ereditare l’etnocultura locale. Quello che si impara in famiglia, da bambino (nel bene e nel male), te lo porti dietro per tutta la vita. Ad un certo punto però è sano staccarsene, creare i propri gusti, le proprie idee e la propria visione del mondo. Rimanendo nel campo musicale, il compositore Gustav Mahler ha sintetizzato molto bene questo concetto: “La tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri”.

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– La vostra collaborazione, dove prende spunto e quali, i punti di forza della fusione dei vostri talenti, idee…?

Anzitutto sono i brani scelti a indicarci la strada da percorrere. Poi ognuno fa la sua parte e, perlomeno fino ad ora, entrambi siamo entusiasti per quello che l’altro/a porta nel progetto. Sarà perché i nostri riferimenti musicali sono gli stessi: Massive Attack, Portishead, Björk e tanta elettronica contemporanea mediorientale; sarà perché siamo scutarini.

– Qualche aneddoto particolare risalente i vostri primi tentativi di lavorare insieme?

Il primo concerto l’abbiamo fatto dopo soli due giorni di prove! Ovviamente ognuno di noi si era preparato le parti individualmente, però due giorni di prove sono una partenza abbastanza avventurosa!

Ci sarebbero anche un altro aneddoto ma non so se Beatriçe vuole che vengano raccontati.

[Parla Beatriçe] Assolutamente sì!

Quando Kolë mi ha chiamata per suonare con lui ero operatrice in un’azienda tessile. Quel lavoro per me era un modo dignitoso per potermi mantenere ma, soprattutto, per poter sviluppare la mia passione per la musica. Tuttavia, chiedere giorni di ferie, in alta stagione, era una cosa che mi angustiava alquanto – spesso lavori di questo tipo, se non stai attento, ti allontanano da chi sei e dalle tue ambizioni – così, alla notizia dei primi impegni di Shkodra Elektronike, risposi che ci avrei

pensato. Alla proposta di suonare all’afterparty del Padiglione Albania – Kosovo della Biennale di Venezia, al festival di cortometraggi di Adrian Paci a Scutari, nel locale milanese di Manuel Agnelli, in un paio di eventi a Tirana, e in altri bei posti, risposi che ci avrei pensato! Kolë, difronte a questa mia titubanza, vide bene di pronunciare la frase meno polite possibile: “Allora cerco un’altra cantante”. Due giorni dopo consegnai le mie dimissioni e presi un traghetto per Durrës.

-Qual è la peculiarità che renderebbe “Shkodra Elektronike” un genere gradevole musicale, innovativo e attrattivo per il pubblico europeo in generale, più che quello dei Balcani forse, quest’ultimo dotato di una maggiore familiarità verso ritmi e suoni simili di Aheng?

In verità crediamo che siano le canzoni stesse ad essere gradevoli ad un pubblico europeo. Anche se non capiscono la lingua, la bellezza di questi brani suggerisce già parole all’ascoltatore.

– Una mia impressione personale. Vediamo se, altrettanto condivisibile anche da voi come gruppo musicale: “Emigrazione & Tradizioni”:

Io ho l’impressione che in noi emigranti, per ragioni rinomate, quale la nostalgia per le radici, la terra natia, la sua cultura, musica, i suoi sapori, la lingua madre ecc, questi concetti siano particolarmente accentuati.

Forse più di coloro che non hanno mai lasciato il proprio paese.

Dato che voi preservate in un perfetto connubio “Tradizione e Modernità” nel vostro genere musicale peculiare, credete che forse, il fattore emigrazione, vale a dire, la vostra propria lontananza dalla terra natia abbia incentivato e stimolato questa necessità di rielaborare la musica tradizionale locale – scutarina nel caso preciso – in chiave moderna elettronica, per farla conoscere e rivivere anche fuori dai confini albanesi…?

Non c’è dubbio che la lontananza dalla propria terra abbia incentivato questa necessità. Però credo che sia una cosa abbastanza naturale, noi esseri umani siamo fatti proprio così. Non sono del tutto certo ma credo che fosse William Shakespeare a scrivere: “Noi non apprezziamo il valore di ciò che abbiamo mentre lo godiamo; ma quando ci manca o lo abbiamo perduto, allora ne spremiamo il valore”.

– In Albania, come è stato colto il vostro progetto? Quale, di primo acchito, l’impatto locale albanese con un “aheng elettronico” in veste moderna?

Il nostro primo impatto con un pubblico albanese non è avvenuto in Albania ma a Venezia, nel Maggio del 2019, all’inaugurazione del padiglione dell’Albania e Kosovo (come citato da Beatriçe). Era la nostra terza data in assoluto. Anche nelle due date precedenti c’erano un bel po’ di albanesi tra il pubblico, ma all’afterparty della Biennale di Venezia, lo erano tutti, ma soprattutto erano tantissimi. Avere un

pubblico che canta a squarciagola tutti i brani alla terza data è una sensazione indescrivibile! Ci sembrava quasi surreale! Poi ci siamo abituati!

– L’ultima novità che presentate al pubblico?

L’ultima novità è Live @ Uzina, un video di 20 minuti, in cui eseguiamo 4 brani. Il video è stato registrato e filmato a Tirana da Kube Studios. Tutto il progetto (location, scenografia, riprese, regia e montaggio) è stato ideato da loro. Noi ci siamo limitati solo a suonare. Ne è venuto fuori un video bellissimo che cattura in pieno l’essenza della nostra musica: una festa molto nostalgica.

Progetti futuri?

Un disco con canzoni originali composte ricalcando la tradizione dell’Aheng (elettronico).

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Argomenti: Musica AlbaneseScutari

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