Tradurre in albanese un libro con la ricchezza terminologica, concettuale e teorica qual è Architettura e Modernità mira, tra l’altro, anche all’arricchimento del bagaglio relativo al linguaggio dell’architettura in questo paese.
Ciò contribuirà, in qualche modo, allo sviluppo di un dibattito professionale basato non sulla retorica, ma su argomenti teorici, teso anche allo sviluppo della critica di architettura, attualmente quasi assente in Albania.
A questo proposito vorrei dire che personalmente sono convinto che la povertà dell’architettura, della città e del territorio nasce prima di tutto dalla povertà spirituale, che a sua volta, deriva dalla povertà del bagaglio culturale e concettuale.
Per ragioni storiche, il linguaggio dell’architettura e dell’urbanistica, e quindi la comprensione di molti fenomeni in Albania, sembra talvolta ancora preda dell’isolamento degli anni Novanta, immediatamente prima del collasso della dittatura. Il caos territoriale e urbano rifletterebbe, tra l’altro, la nostra confusione mentale sul significato delle cose e, soprattutto, la mancanza di comprensione comune di certi fenomeni (Le stesse espressioni “urbanistica”, “pianificazione del territorio” e “spatial planning” usate contemporaneamente, non sono ugualmente condivise da tutti nei loro significati).
Il che comporta la difficoltà non solo nel comprendersi reciprocamente, ma perfino e ben più grave, quella relativa alle negoziazione e agli accordi. Quindi non solo dobbiamo continuare a tradurre in albanese un maggior numero di libri che appartengano ai diversi settori professionali ma dovremmo creare anche le condizioni per una partecipazione profonda del mondo professionale a tali iniziative, nonostante il fatto che alcune tematiche possano avere un numero limitato di lettori.
Leggendo Architettura e Modernità, alcune domande sorgono spontaneamente. Una che considero cruciale, è il chiedersi quanto ciò che viene descritto in questo libro, nell’arco di tempo che va dal Bauhaus alla Rivoluzione Informatica abbia influenzato l’Albania. Quanto noi Albanesi, siamo stati capaci di attraversare la forza emancipatrice descritta in questo libro, come è d’altronde successo con tanta fatica in altri Paesi? Quanto gli architetti e urbanisti in diverse fasi storiche dello sviluppo dell’Albania hanno aspirato e supportato l’idea di una società più giusta?
Il libro, voglio dire, aiuta a riflettere sulle nostre circostanze concrete e ispira a considerare perfino la nostra situazione, senza quegli ostacoli spesso creati dagli orgogli provinciali. E credo sia questo, l’unico modo per avventurarsi con ottimismo verso la Modernità in architettura e pianificazione. Per determinate circostanze storiche, l’Albania non solo non ha fatto parte di questo afflato, ma anche attualmente credo si facciano pochi sforzi per comprenderlo e studiarlo, e soprattutto per trasmetterlo alle nuove generazioni.
Gli stessi movimenti all’interno delle professioni di architetto e urbanista in Albania non sono infatti passati attraverso questi processi di consolidamento e di stratificazione del pensiero, come accaduto in molti paesi dell’Europa Occidentale. Va detto che, a partire dagli anni venti del secolo scorso (che coincide anche con il periodo nel quale sono narrati gli eventi descritti in questo libro) fino alla vigilia della seconda guerra mondiale, in Albania questi professionisti erano presenti e attivi sebbene in un numero limitato per riuscire ad avere una forza propulsiva.
Successivamente, durante il regime totalitario, la situazione è peggiorata, poiché la libertà di espressione, e di conseguenza le opportunità di aprirsi ad un dibattito più ampio, vennero semplicemente soffocate. Le conseguenze di questo lungo periodo di isolamento, si sentono ancora oggi soprattutto nell’assenza di una tradizione di un discorso basato su idee e concetti filtrati dalla storia come dalla ricerca scientifica. I professionisti che cercano di manifestare un atteggiamento nuovo, spesso si sentono oppressi dalla mediocrità del dibattito o dall’irrompere di quei segmenti della politica collegati con interessi che esulano dall’architettura e dalla pianificazione. Questa vuole essere solo una brevissima riflessione che i professionisti del settore dovrebbero accogliere con serietà e autocritica.
Sono multipli, ricchi e profondi i messaggi sostanziali che volevamo portare nel contesto albanese traducendo questo libro. Il più importante è quello relativo a vedere la Modernità come coraggio per aprire nuovi fronti, come ispirazione, come un tentativo di tradurre le crisi in valore, il che è il leitmotiv principale del libro, come l’autore stesso sostiene.
Così, diventa chiaro che la Modernità in architettura è Modernità nella storia. Il libro sembra concentrarsi su questa idea a partire dagli anni venti del XX secolo, vale a dire dall’accettazione del modello industriale in architettura, e dal Bauhaus procede fino ai giorni nostri, con la ricerca in architettura basata sulla Rivoluzione Informatica. La trattazione si svolge attraverso il racconto di catalizzatori chiave della Modernità e delle loro concatenazioni con altri campi disciplinari, nonché con gli eventi storici di impatto epocale, il che ci consente di intravedere una prospettiva complessa dei fatti accaduti e di quelli attesi. Questo è un valore unico del libro.
Articolo di Sotir Dhamo. Pubblicato in albanese il 02 giugno 2016. Titolo originale “Një mesazh optimizmi për kërkimin në arkitekturë dhe planifikim ”.