Ho appena terminato la lettura del libro I pranzi dell’Ambasciatore, di S.E Paolo Foresti, ambasciatore d’Italia in Albania per il periodo 1993-1997.
In primis, potrei affermare che già dall’annuncio sull’uscita di questo libro da parte sua, un senso di sorpresa non posso negare di averlo avvertito.
Questo, a primo impatto ovviamente, basandosi sulle sensazioni che semplicemente fa scaturire il titolo e le sue parole chiave, “pranzo” e “ambasciatore”.
Ora, la mia curiosità suscitata, era plasmata nel focus del denominatore comune tra “la diplomazia” e “la gastronomia” – di quale correlazione si potrebbero mai accomunare?- e in modo spassionato e senza essere meramente un’esperta né di uno e né dell’altro di questi ambiti, ho dedotto che forse un collante tra di loro si sarebbe forse potuto scovare, collegato ad esempio con l’equilibrio necessario da stabilire tra alcuni elementi o contesti sia in diplomazia che in gastronomia, nell’intesa, nella fusione o nell’empatia perfetta di idee, gusti o fragranze, nel divieto categorico d’altronde dell’inclusione di alcuni “ingredienti”, di pesi o misure adeguate sia in diplomazia, che in gastronomia, ecc…
Questi sono naturalmente accostamenti figurativi che mi sono sorti spontaneamente, ma che se ci si pensa a fondo, un filo comune conduttore in essi, si troverebbe probabilmente …
Avrei dovuto avere in mano il libro in seguito, per accantonare le ipotesi e le fantasie e giudicare in modo obiettivo il contenuto delle sue pagine, di questi incontri conviviali dell’ambasciatore -autore.
Ho scoperto con grande sorpresa e soddisfazione da parte mia, un autore eclettico, come l’ambasciatore Paolo Foresti, in una veste del tutto peculiare: All’idea consueta di opere scritte e curate da lui di profilo tecnico, accademico, politico, economico e diplomatico, in questo volume ho trovato l’autore sotto un altro – e molto gradevole – profilo.
I pranzi dell’Ambasciatore è una creazione molto peculiare, in quanto l’autore, con delicatezza e semplicità al contempo, con un registro adatto ad un ampio target di lettori, spazia tra le sue esperienze nella carriera diplomatica e quella professionale in generale, nei pranzi istituzionali, quelli formali ed informali, nella sua passione individuale per la cucina e la cultura della buona tavola e il tutto lo riporta nelle pagine del libro ponendolo su due piani paralleli.
Racconta da un lato, avvenimenti ed esperienze lavorative, spostamenti, viaggi, luoghi, persone, elementi storico- culturali ed etnologici di paesi diversi e, dall’altro, tratta separatamente, riservandone uno spazio tutto suo, la tradizione gastronomica di un paese o di un altro, in cui lui si è recato in fasi diverse della sua carriera professionale, con attenzione particolare alla preservazione da parte sua, della valorizzazione della gastronomia e della cultura italiana in modo costante e intatto, super partes. Ovunque lui si sia recato fuori Italia, ha portato un pezzo d’Italia con il suo carisma.
Il tutto, nel libro è corredato di foto di personaggi ed ambientazioni inedite, addirittura il volume è arricchito di menu proposti nei suoi pranzi e ricette.
È un privilegio possedere una tale opera poliedrica nella propria biblioteca, in quanto si viene a conoscenza e si verifica l’apprezzamento non solo di una figura pubblica ed istituzionale di alto calibro, ma grazie al modo di porsi da parte dell’autore, molto autentico e umile – con una dose notevole di talento naturale nella narrazione – si crea un’idea limpida dell’uomo, della persona in primis, che precede quella del professionista del suo spessore, facendoli camminare a pari passo entrambi i profili.
Tanto per rimanere “in tema di pranzi” ed accessori da cucina, come un preciso timer che suona al momento della giusta cottura dei cibi, “il timer” dell’accesso inoltrato da parte del lettore, nei fatti e nelle vicende diplomatiche, in cui l’autore Foresti è protagonista o partecipe, in modo diretto o trasversale, nelle pagine del libro “suona” tempestivamente.
Viene ovviamente raccontato ciò che l’etica professionale ed il protocollo a lui concedono e il resto degli avvenimenti appartiene all’archivio diplomatico.
Ma, sono cenni storico-sociali e politico-culturali, chicche molto interessanti, che non possono che essere raccontate da una persona informata ed esperta, che si trova coinvolto all’interno dei fatti, come nel caso dell’ambasciatore Foresti.
Spazio “Albania”
Dovrei sicuramente anche io da buona lettrice ed osservatrice – non solo per essere semplicemente obiettiva, ma perché ne sento la soddisfazione di sottolinearlo – riportare l’ampio spazio che l’autore dedica alla sua permanenza in Albania, durante il suo incarico da ambasciatore d’Italia a Tirana, per l’arco temporale 1993-1997, la sua dedizione al lavoro nella Terra delle Aquile, in un periodo delicatissimo e ingarbugliato come quello sopracitato, che coincide con il cambio doloroso dei sistemi politici.
L’ambasciatore Foresti racconta di luoghi visitati in Albania, di esperienze vissute sul terreno, di incontri formali ed informali con albanesi, riporta fatti storici e geopolitici importanti, racconta delle sue preferenze sulla gastronomia albanese al contempo, confermando tra l’altro un detto di Marco Tullio Cicerone:
“Il piacere dei banchetti non si deve misurare dalle squisitezze delle portate, ma dalla compagnia degli amici e dai loro discorsi.”
In questo modo, il binomio “tavola-relazioni umane”, asse principale del suo libro, acquisisce ancora per una volta un valore prezioso, oserei dire, ‘una garanzia’, detto da un esperto di diplomazia – e come ci ha appena svelato, anche di gastronomia – l’ambasciatore Foresti.
Io ho avuto l’onore ed il piacere di conoscerlo personalmente in occasione di qualche evento culturale italo-albanese qua in Italia.
La stima che nutro nei suoi confronti, a percezione mia personale e osservando il suo operato professionale, in particolare, l’affetto e l’interesse con cui lui segue a distanza tutt’oggi ogni sviluppo nell’Albania che gli è rimasta nel cuore fin dal termine del suo incarico istituzionale nella Terra delle Aquile, mi portano ad essere fiera di chiamarlo:
“L’ Ambasciatore degli Albanesi”.
Perché, la nomina “ambasciatore di un paese” costituisce di per sé un prestigio ed un’importanza considerevole ma, l’altra nomina, “Ambasciatore di un popolo”, degli Albanesi nel nostro caso, questo è ciò che concerne un’onorificenza, di cui non viene insignito un qualunque diplomatico.
E l’ambasciatore Foresti in questo aspetto è stato unico per l’Albania.
La lettura di questo libro, che consiglio vivamente, credo sarà la conferma effettiva delle mie percezioni. Niente iperbole!
Questa è esclusa dall’autore stesso in primis, il quale si pone ai lettori sempre con professionalità, pragmatismo ma senza perdere, nemmeno per un attimo, un valore aggiunto: l’umiltà.
In particolare, quanto ai lettori albanesi del volume in questione, loro devono assolutamente sapere di questi colloqui che avvenivano nei primi anni ’90 tra i leader politici albanesi e l’ambasciatore Foresti, nella sua residence – l’ex – museo di Lenin e Stalin a Tirana – alla “mensa del grande amico degli albanesi”, come lui stesso cita nel libro.
Spesso, incontri quelli, molto più efficaci forse degli incontri pubblici e formali, in cui il dialogo stesso tra quelle persone era impossibile.
Dimenticavo:
“Byrek alla cipolla e al pomodoro” e “raki Skrapari”, mi prendo la licenza di svelare in anticipo a chi non avesse ancora letto il libro, che siano tuttora presenti nei gusti e nelle preferenze dell’ambasciatore Foresti!
Perché rappresentano per lui – tra svariate cose – un pezzo di Albania, di quella Albania, inizialmente non desiderata da parte sua come incarico e destinazione lavorativa, ma che presto si è rivelata per lui di grande interesse ed affetto, modificando completamente il suo parere iniziale.