[…] “E che in realtà i talenti si riconoscono tra loro. Si cercano tra le altre facce sconosciute come per vedersi in uno specchio. Penso sia una sorta di attrazione.
“L’ attrazione dei talenti” concludo.
Recensione del romanzo: “L’attrazione dei talenti”
Les Flâneurs Edizioni, Bari.
Collana Bohemien.
Editing: Carlotta Susca.
Dirce Scarpello, laureata in giurisprudenza, ha coltivato la passione per la scrittura seguendo diversi corsi, fra cui uno di editing presso Les Flâneurs Edizioni e uno di scrittura intensiva con Franco Forte.
Diverse le sue pubblicazioni: l’ultima raccolta di poesie è l’ebook: “E non m’ami più”( Delos Digital). Al romanzo di esordio del 2010 “L’Angulus ridet”, Perrone LAB, hanno fatto seguito racconti pubblicati in varie antologie, fra cui il noir “Perdon pietà”
( premiato nel concorso Nerodipuglia 2011).
Scrive racconti e romances per Delos Digital e sul blog Logokrisia.
Da dieci anni lavora come imprenditrice e ha contatti con l’estero, soprattutto con i Balcani. Viene da sempre affascinata dal tema del viaggio e delle altre culture. Esse diventano sua fonte di ispirazione.
L’autrice mette a confronto le vite di due giovani donne: una albanese, Albana, di Petrelë, vicino a Tirana ed una italiana, Gioia, pugliese, di Brindisi. Due stili di vite diverse l’una dall’altra, ma questo forse solo apparentemente, perché in comune hanno varie sofferenze, disagi, frustrazioni. Nonostante le tipologie diverse hanno un forte denominatore comune, che diventa la scintilla del loro incontro e del loro riscatto personale e sociale: i loro talenti!
Albana è un’adolescente albanese piena di talento per il disegno e la pittura.
Non può esercitare questo talento nel suo paesino Petrelë, vivendo in povertà, lavorando ai campi raccogliendo mais e andando in giro a piedi scalzi, con una famiglia patriarcale, con un padre non presente in famiglia e alcolizzato, con nonni anziani e fratelli minori a cui badare.
[…]“Bisognava raccogliere il mais. Il mais era tutto per la sua famiglia. Ci si faceva il bukë misri, il pane e il kaçamak, la polenta.
Il mais accompagnava ogni preparazione di carne, insieme alla rakia – l’acquavite con cui pasteggiare – e, ai dolci, ma solo nei giorni di festa.”
Tutto questo, in una cornice di ignoranza e noncuranza per il futuro di un’adolescente, in una famiglia albanese di campagna, piena di problemi della transizione pesante che susseguiva agli inizi degli anni ’90, dal cambio dei sistemi politici e sociali in Albania.
Albana disegna molto bene, ha talento, questo suo talento per la sua famiglia è una cosa inesistente. Lei non viene presa in considerazione se non da una coppia di italiani, amici di famiglia, i quali mantenevano i contatti con i genitori di Albana e le mandavano spesso dall’Italia del denaro ed anche il materiale occorrente per esercitare la sua passione, il disegno: album da disegno, matite e pastelli.
Albana inizia le prime cotte adolescenziali a Petrelë, i primi sogni, i quali vengono ad un tratto distrutti per la piega che prende la sua vita:
in giovane età, lei viene tradita dalla persona più cara, suo padre alcolizzato ed indebitato, – la madre nel frattempo muore nel dare alla luce un’altra bambina e confidandole in punto di morte che Ilia non è il suo vero padre, lasciando la ragazza in un’angoscia continua …– viene consegnata in mano a gente spietata che la fa entrare in un giro di prostituzione. Lei inizia prima a lavorare a Valona, e poi passa di tutor in tutor, tra varie sofferenze e delusioni, in Italia a praticare la stessa cosa.
Casualmente, una giovane donna pugliese, sposata, senza figli, Gioia – qui i destini si incrociano – trova al mare a Brindisi un album di disegni abbandonato in spiaggia!
Tenace com’è, spinta soprattutto dall’apprezzamento del talento di per sé, cosa di cui nota subito ne sia in possesso proprio la persona che ha lavorato su quel album, e non solo: proprio perché lei stessa, appassionata dell’arte della fotografia, ha trascurato o per un motivo, o per un altro, la sua passione per essa e non ha potuto praticarla, decide di non darsi per vinta affinché non avrebbe trovato la proprietaria dell’album.
E questo accade. Dopo svariati tentativi, Gioia incontra Albana. Le due si confrontano come due tipologie totalmente diverse di donne, si evidenzia il rapporto “donna – femmina”. Gioia riporta la sofferenza di un abuso sessuale in giovane età, il dolore di non poter avere figli e, come per ironia della sorte, cosa che le viene spesso ricordata come un coltello girato nella piaga, il fatto che suo marito di professione fa proprio il ginecologo e segue altre donne gravide per lavoro …
Albana si trova nel Sud Italia a fare la prostituta, – sotto un altro nome, Mimoza e con documenti falsi – ma come Gioia precisa: Albana “fa” la prostituta, ma lei, non “è” tale. Ne è stata costretta in tenera età e si arresa al suo destino, impotente a ribellarsi.
Dopo le prime diffidenze da parte di Albana nei confronti di Gioia – teme lei sia della polizia – la loro confidenza accresce, Gioia le consegna l’album di disegno perso da lei in spiaggia e la invita ad abbandonare la vita che svolgeva fino ad allora. Dovrebbe invece intraprendere gli studi in un Liceo artistico, poiché è evidente che la ragazza possieda un forte talento per il disegno.
La chiave di lettura che l’autrice usa è generalmente semplice, scorrevole. Ha molte sfumature dal nostro quotidiano, e in vari momenti, è più raffinata ed elegantemente elaborata.
Il linguaggio è molto autentico, in quanto è composto da tre elementi: dall’italiano, lingua in cui il romanzo è scritto, da molti frammenti riportati in lingua albanese, e in più, dal linguaggio vernacolare, quello dialettale di Carovigno, Brindisi. Intrecciandosi tra di loro questi linguaggi, offrono al lettore un’ulteriore familiarità e naturalezza nella comunicazione, perché collegate alla provenienza delle protagoniste.
Per la tipologia, il romanzo si rappresenta, da un lato, come giornale di bordo. Questo, sia in tratti specifici, quelli legati al viaggio in traghetto Bari – Albania, che nella descrizione dettagliatissima della città di Tirana e le sue adiacenze per aspetto, usi e costumi durante la permanenza dei personaggi italiani in Albania.
Si narra in prima persona, quindi il narratore è interno e a momenti, prende forma di un diario personale.
L’analisi sociale per entrambe le società, quella albanese soprattutto, e quella italiana, è molto accurata ed è intrecciata con una forte carica narrativa.
[…] “È dalla musica che capisci che sei in una striscia di terra che è un ponte tra Oriente e Occidente, che sembra avere tante identità, tante religioni, eppure ne ha una sola, inconfondibile, una sorta di albanesità che l’ha tenuta insieme nei secoli. Che prima ancora che uno Stato, anzi, oltre i confini dello Stato, l’Albania è un popolo.”
Due gli aspetti caratteristici del romanzo:
Per quanto riguarda l’Albania, l’autrice è molto documentata ed informata sullo stile di vita e le usanze albanesi, sulla storia albanese ed i personaggi che la compongono.
Lei arriva nel cuore dei problemi sociali della società albanese dei primi anni ’90, anni in cui l’Albania effettua la dolorosa transizione e come in un’ elettrocardiogramma accurato, lei riporta sensibilmente i problemi della società albanese e anche sue tradizioni e costumi:
Il crollo economico delle società piramidali, problemi delle famiglie col regime ed in seguito a questo, i loro trasferimenti in zone sperdute del paese con l’obbligo a lavori manuali anche per gli intellettuali dissidenti, “besa” ( la fedeltà e la buona fede, come principio fondamentale degli albanesi), società’ patriarcale, celebrazione della cerimonia funebre e riti funebri: lavaggio e preparazione del defunto, il pranzo di lutto, legame delle famiglie, conservazione in silenzio della religione, matrimoni combinati, il rito nuziale albanese tradizionale, gestualità: albanesi che muovono la testa al contrario degli italiani in segno di approvazione o di negazione, la musica albanese, un misto tra Oriente ed Occidente, la gastronomia, il boom dell’edilizia approssimativa in Albania agli inizi anni ’90, investimenti degli italiani nel paese delle aquile e soprattutto, il problema della prostituzione che tratta più dettagliatamente attraverso la storia della protagonista del romanzo, ecc.
Per quanto riguarda l’Italia, l’autrice tratta accuratamente i problemi all’interno della famiglia: quello del rapporto marito e moglie, tradimenti, problemi degli adolescenti: distaccamento dalla vita reale e tuffo nel virtuale, apatici e disinteressati alle faccende familiari ed ai legami familiari stessi, attaccamento fino a dipendenza patologica ai giochi elettronici, assenza della figura della madre che non racconta una favola al proprio bambino, ma lo lascia passivamente davanti alla TV, adolescenti che faticano a leggere, presi dal mondo tecnologico, rabbia repressa nella nipote in età adolescenziale, lamentando che la mamma comunica poco con lei, look e trucco stravagante della ragazza adolescente, anoressia, dietro ai quali si nascondono le tipiche insicurezze adolescenziali e le sofferenze psicologiche che portano addirittura a dipendenze tossiche ed altri pericoli a cui i giovani fragili di questa fascia di età vengono esposti.
La copertina, selezionata con cura, rappresenta in linea coerente il tema del romanzo: le chiome di due alberi, apparentemente distanti tra di loro sulla superficie della terra, ma le cui radici sottoterra si allungano, si intrecciano, si uniscono e si nutrono a vicenda.
Così come si uniscono i destini di vita delle due giovani donne, protagoniste del romanzo, da una sponda dell’Adriatico all’altra, in cerca della loro realizzazione e dignità, in cerca della loro meritata posizione sociale e familiare.
“La compagna di sempre per Gioia: la luce!”, precisa l’autrice ed è proprio questo l’elemento – che così legato alla fotografia ed al disegno, le passioni di entrambi le giovani donne – alla ricerca del quale, le due donne andranno, la luce in fondo al tunnel delle loro vite.
E aiutandosi a vicenda, con la luce che emanano i loro talenti, ci riusciranno!