Per scrivere un saggio o uno schizzo letterario su questo poeta contemporaneo bisogna avere molto coraggio; sarebbe necessario chiedere scusa a VISAR ZHITI e aspettarsi da lui che accetti delle scuse da tutti gli uomini per i terribili, paurosi torti, addirittura per tutto il MALE del mondo esistente, dall’inizio della sua esistenza e dopo la cacciata dei primi uomini, ADAMO ed EVA dal PARADISO TERRESTRE fino ai tempi odierni. IL PROCESSO di Visar Zhiti – autenticoVisar Zhiti, dopo aver portato a termine gli studi pedagogici nella città di Scutari, lavora come insegnante nella città di Kukës in Albania. Quale poeta nutre il desiderio di pubblicare i propri versi in riviste letterarie.
Nel 1973 appronta per la stampa il volumetto Rapsodia e jetës së trëndafilave (Rapsodia dalla vita delle rose) e lo trasmette alla casa editrice Naim Frashëri.
Questo avviene nel periodo in cui ha inizio la purga avviata dopo il quarto plenum del Partito del Lavoro d’Albania durante il periodo del sanguinario regime di Enver Hoxha (detta “purga dei liberali”).
Il manoscritto con i versi, trasmesso da Visar Zhiti alla casa editrice, diventa la prova principale nel processo, a dimostrazione del fatto che l’autore avesse commesso degli errori di natura ideologica e che si fosse allontanato dalla formula in vigore del canone del socialismo realista.Visar Zhiti viene riconosciuto dalle autorità del regime monopartito dell’Albania di allora colpevole di agitazione anticomunista, non viene difeso in nessun modo dagli ambienti letterari e in autunno, nell’ottobre del 1979 viene anzi pubblicamente condannato da questi stessi ambienti.Visar Zhiti viene arrestato l’8 novembre 1979 a Kukës, dove aveva fino ad allora lavorato come insegnante presso una scuola locale.
Trascorre alcuni mesi in carcere preventivo e nonostante la prigionia Visar Zhiti continua a scrivere versi.Visar Zhiti, in seguito al processo nei suoi confronti, svoltosi nel mese di aprile del 1980 (un processo obbiettivamente ingiusto), con una sentenza pronunciata da una corte di un sistema totalitario viene condannato a 13 di carcere.
Inizialmente la pena consiste nella detenzione nel carcere di Tirana, dopo viene trasferito nei terribili e duri campi di lavoro di Spaç e Qafë-Bar.Visar Zhiti viene rimesso in libertà con la condizionale il 28 gennaio 1987, con l’obbligo però di prestare un duro lavoro fisico nel mattonificio di Lushnja, dove vive sotto il rigoroso controllo della Sigurimi* fino al 1990.
*SigurimiDirezione della sicurezza di stato (alb. Drejtoria e Sigurimit të Shtetit), nota comunemente come Sigurimi (Sicurezza) – polizia politica albanese, in funzione durante il periodo del governo di Enver Hoxha.Nell’inferno del carcere Visar Zhiti continua il suo lavoro creativo, scrive versi su pezzettini di carta, di giornali, su foglietti e, cosa più importante, i versi li scrive anche solo nella sua mente, nella sua memoria, sperando e fermamente contando sul fatto che l’incubo nel quale si è trasformata la sua vita senza che abbia commesso colpa alcuna sarebbe terminato ancora nel corso della sua vita.Visar Zhiti – “Corrono gli attimi”in questa fossa carcerariapiena di fango e di sofferenzarimango seduto e aspettoahimè, come duole essere guerrieroe non combattereVale qui la pena citare una frase dal saggio “Visar Zhiti – il poeta del trionfo eroico” del celebre scrittore, poeta, saggista e traduttore Mazllum Saneja, albanese del Kosovo residente in Polonia, chiamato il “NORWID D’EUROPA”. cit.:… anche se nell’Albania di allora questo fosse proibito, in lui (Visar) era sempre presente la fede in Dio e la preghiera. Non lo abbandonava mai la speranza che un giorno sarebbe giunta la fine di questo regime sanguinario, la fine delle sue sofferenze e di quelle dell’intero popolo albanese e che sarebbe giunto il giorno in cui …un altro sole nasceràdal nostro sangueavrà la forma di cuore(un altro sole)Visar Zhiti, cristiano, dalla fede profonda, che nella vita si fa sempre guidare dalla sua incrollabile fede nel Salvatore e che, come Franz Kafka, parla di Gesù Cristo.Cristo è un abisso pieno di luce… colui che vi volge il proprio guardo deve gettarcisi dentro.Visar Zhiti quale seguace di Cristo, affida la propria vita e il proprio destino incondizionatamente a Dio e ciò gli permette di sopravvivere all’incubo e all’inferno della prigionia, come dimostrano i suoi versi:“Sigaretta in carcere”Strappa una cartina da un foglio di giornaleaggiungi un pizzico di tabaccorecuperato dai mozziconie arrotolami una sigaretta.Le notizie che mi giungono furtivamentedalla libertàentrano nei polmonicome fumo acree la patria tossisce ammalata.“Le icone arrestate” – frammento:Gocce di sangue cadonosul pane, sugli articoli della costituzione,sui carri da noi trainatisul giorno incarceratosui nostri voltisolo Satana non vuole andare … viaNonostante l’evidente tradimento di Visar Zhiti da parte dei poeti e dei letterati balcanici, nei terribili momenti dopo l’ingiusta critica da parte dell’ambiente letterario e la sua condanna da parte del regime di Enver Hoxha (analogia al processo di Gesù Cristo, quando alla domanda di Ponzio Pilato riguardo a chi questi deve liberare, la folla grida: Barabba; LUI comunque non li biasima) scrive i seguenti versi:“Il tuo dolore in me come un piccolo sole” (ai poeti balcanici)Poeti balcanicicosì vicini l’uno all’altro, eppur così divisicome le loro terresfuggono le parole insieme al ventosi fermano davanti ai confinihanno ali feritedal filo spinatodella memoriama il tuo dolore mi pervadeinsieme al sole piccolo tramontantePOETI BALCANICICOSÌ VICINI L’UNO ALL’ALTROCOME TOMBEcontinuano a nascere elegie sulle nostre tombeE non riescono a placarsicome cullequanta realtànell’irrealtà nei BalcaniIl celebre saggista, poeta, scrittore, traduttore Mazllum Saneja riguardo a Visar Zhiti: “Continuava a essere presente in lui anche l’amore che si manifesta nella predilezione dell’inestimabile valore della “VITA”, che ci ordina di sopravvivere, di esistere, di vivere nonostante tutto e di continuare ad avere in sé la speranza, l’incrollabile fede nella vittoria del bene sulle tenebrose forze della violenza”.
Il suo amore nei confronti del prossimo, puro e incontaminato, continua a dargli forza,gli permette di vedere e di gioire della bellezza e del fascino dell’esistenza persino nelle sue manifestazioni più semplici, come p.es. le nuvole che si muovono sul cielo, l’azzurro del cielo al di là delle sbarre del carcere, ritagli di prato verde nel campo di lavoro, il canto notturno di un usignolo.Così bello era il canto dell’usignolo al di là delle sbarre della mia cella che queste sbarre mi son sembrate un ramo verde di ciliegio. (“le sbarre alla finestra della mia cella”)Il carcere priva Visar Zhiti della giovinezza, del calore degli uomini e di quello, ancora più importante, di una d
onna, ma non lo priva mai dei suoi sogni.
Il sogno è un motivo frequente nella poesia di Visar Zhiti.
Forse la eccessivamente densa, tenebrosa e letterale realtà gli appare come un sogno, o forse il sogno come un letargo è una forma di sopravvivenza al cospetto del pericolo perenne di morte.
Nei sogni degli anni della prigionia vede sé stesso come un uomo libero, nei sogni incontra la donna amata, sente il calore delle sue labbra e delle sue mani, non è solo.vieni, nei sogni puoi venireda lì, così si puòi sogni sono come un cielo bianco, come una foresta,come la riva del mare, come un sogno in un sogno:una foresta ondeggiante, un mare pieno di alberi, il cielo delle mie manie io intero nei sogni (“le sbarre della prigione”)Visar Zhiti nonostante sia stato privato della libertà non resta mai solo perché gli fanno sempre compagnia, tra l’altro, i personaggi della mitologia greca e dell’epica di Omero. Visar Zhiti si forma nell’ambito della tradizione e della cultura mediterranea e l’antichità classica gli è sempre stata più vicina del tenebroso mondo della dittatura totalitaria. E poi i miti sono delle favole nelle quali possiamo trovare un rifugio quando ci sentiamo male. In essi il bene vince sempre sul male, anche se deve affrontare delle durissime prove.Visar Zhiti riesce a sopravvivere, a vincere, a mantenere indenne la sua dignità e la sua umanità ma gli anni di carcere per molto tempo divengono per lui un punto di riferimento al quale viene adattata la realtà. Ormai per sempre porterà in sé il peso del passato, un inferno colmo di ferite, di morte, di paura, di lamenti e di grida. Il segno dell’ingiusta condanna è così fortemente impresso nella sua psiche per gli anni a venire della sua vita che mai riuscirà a liberarsi da tutto ciò.Visar Zhiti anche in un mondo libero in cui non ci sono frontiere, muri, sbarre di prigioni: a Roma, Parigi, Vienna, Washington, porta sempre con sé il proprio bagaglio permeato dal suo tragico passato, un passato che fino alla fine sarà inseparabilmente presente nella sua vita.dietro alla vetrata – catene,separate dagli occhi del mondonon le trasciniamo forse adesso per interi anninoi schiavicome il Corpo spossato del Santo? (“l’immagine del Creatore”)La poesia di Visar Zhiti rappresenta uno dei fenomeni più originali delle letteratura albanese della fine del XX° secolo. In Visar Zhiti si manifesta una corrente poetica che potremmo definire “martirio carcerario”; il poeta ricorre a esperienze così dolorose ed eroiche alle quali soltanto un numero esiguo di poeti ha il coraggio di attingere per farne l’oggetto del proprio lavoro creativo, per tradurle in parole. Ma anche tra questi solo a pochi è riuscito di creare da questa materia delle opere di un così alto valore.
La poesia nata dalle sofferenze immeritate di Visar Zhiti appartiene alle opere di portata mondiale e anche nella letteratura albanese ed europea rimarrà per sempre come testimonianza del destino e della posizione di un grande umanista, pacifista, che con coerenza si è opposto al sistema totalitario in modo simile alla figura del Mahatma Gandhi.Breve biografia di Visar ZhitiVisar Zhiti nasce nel 1952 a Durazzo (Albania). Porta a termine gli studi in un college di formazione per l’insegnamento a Scutari. Poeta, scrittore di prosa, saggista, traduttore, redattore. In seguito alla sua prima raccolta trasmessa a una casa editrice, “Rapsodia e jetës së trëndafilave” (1973), viene accusato di decadentismo, errori ideologici e di denigrazione della realtà comunista. L’autore viene processato e condannato nel 1979; trascorre dieci anni in carcere e in campi di lavoro.
Il suo primo volume di poesie, “Kultesa e ajrit” (“La memoria dell’aria”) viene da lui pubblicato nel 1993. In seguito pubblica le raccolte: “Hedh nje kafke te kernbet tuaja” (“Lancio un teschio ai tuoi piedi”) (1994), “Mbjellja e vetetirnave” (“Lampo di semina”) (1994), “Dyert e gjalla” (“Le porte viventi”) (1995), “Kohe e vrare ne sy” (“Tempo ucciso nello sguardo”) (1996), “Si shkohet ne Kosove” (“Dov’è la strada per il Kosovo”) (1999), “Thesaret e frikes” (“I tesori della paura”) (2005). Nel 2001 vengono pubblicate a Tirana le sue memorie dal carcere “Rruget e ferrit” (“Le strade per l’inferno”) (2005).È autore delle seguenti raccolte e romanzi: “Kernba e Davidit” (“Il piede di Davide”) (1996), “Valixhja e shqyer e perrallave” (“La valigia lacera delle leggende”) (1996), “Ferri i care” (“Inferno lacero”) (2002), “Funerali i pafundrne” (“Corteo funebre senza fine”) (2003), “Djali dhe legjenda” (“Il ragazzo e la leggenda”) (2004).
Apprezzato traduttore dalla lingua italiana e spagnola. Le sue opere sono state tradotte in parecchie lingue, come: l’italiano, l’inglese, il francese, il polacco, il tedesco.
Ha ricevuto i premi letterari “Leopardi d’oro” (1991), “Ada Negri” (1997), “Mario Luzi” (2007).È membro del PEN Club italiano. Svolge la funzione di attaché culturale presso l’Ambasciata d’Albania a Roma. Vive a Durazzo (Albania) e a Roma.Vedi anche:il saggio di Mazllum Saneja sul poeta dal titolo: “Visar Zhiti – il poeta del trionfo eroico”, pubblicato nella rivista socioculturale indipendente Inter Mosty, n. 1, p. 9–12, ISSN 2082-0011 Piotr Stanislaw Król