Tenendo presente che la storia del credo religioso in Albania abbia avuto un percorso tortuoso negli anni della dittatura instaurata a partire dal 1944 con l’ascesa del comunismo sotto la guida del dittatore Enver Hoxha, occorre soffermarsi nello sventurato anno 1967, anno in cui, il regime comunista proclamò de facto l’Albania “stato ateo”, ponendo il divieto ad ogni credo religioso, considerando ciò come “importazioni od influenze straniere pericolose”, proclamando l’Albania come “primo stato ateo al mondo”.
Per arrivare anni dopo, nel 1976, anno in cui l’ateismo di Stato venne iscritto anche nella Costituzione.
L’articolo 37 citava:
“Lo Stato non riconosce alcuna religione e supporta la propaganda atea per inculcare alle persone la visione scientifico-materialistica del mondo”
In questo periodo, al posto della Bibbia e del Corano – essendo che in Albania esistevano principalmente tre religioni: cattolica, mussulmana ed ortodossa – si diede inizio alla stampa ed alla divulgazione delle opere scritte dal dittatore e della sua bibliografia che inneggiava alla dottrina comunista. E nel 1977, l’articolo 55 del codice penale stabiliva la reclusione da tre a dieci anni per propaganda religiosa, distribuzione o possesso di testi religiosi.
A seguito di dirette ordinanze di Enver Hoxha, nel 1967 in Albania ebbe inizio la proibizione delle celebrazioni delle festività religiose quali Natale, Pasqua, per i cristiani e Bajram, Ramadan e tutte le rispettive festività per i mussulmani.
Celebrare Pasqua di nascosto sotto dittatura …
Quando Pasqua bussava alle porte, per chiunque del rispettivo ramo della religione cristiana, cioè sia cattolico che ortodosso, qualunque fosse stata la sua credenza nello specifico, i nostri nonni o genitori, essa la conservavano dentro di sé, senza esprimerla e tanto meno sbandierarla come tale, ma celebravano questa ricorrenza di nascosto in famiglia, con parenti o con gli amici più fidati …
Potremmo affermare con tranquillità, un’altra verità:
Il nostro, è sempre stato un paese che ha convissuto principalmente con tre religioni: con una maggioranza mussulmana, con ortodossi e cattolici. Delle nostre stesse famiglie e della nostra parentela, prendevano parte degli zii e delle zie che avevano sposato persone della fede diversa dalla propria, senza pregiudizi. O meglio: un po’ di pregiudizi da parte delle generazioni più remote e conservatrici nei confronti di queste unioni sussistevano, ma da parte dei giovani questo avveniva un po’ meno.
Di conseguenza, con questa fusione abbiamo saputo convivere in pace, rispettando le tradizioni e le usanze di ognuno. Dovremmo anche dire che, il grado di intensità della credenza nella fede, era più elevato negli anziani, in coloro che un tempo avevano potuto anche frequentare istituzioni religiose, praticare luoghi di culto e preghiere, ma alla nostra generazione, quella più giovane e recente – quella degli anni ’70, ’80 – che non aveva mai avuto modo di conoscere una chiesa oppure una moschea, risultava un po’ difficile e astratto il discorso di credenza. Tutto ciò, per le ragioni succitate e che tutti conosciamo molto bene: per i tempi che correvano, per il regime sotto cui vivevamo e la sua linea ideologica, fattori che impedivano la stessa possibilità di conoscenza e tanto meno di pratica della religione.
Detto questo, tanto per ricordare l’occorrenza di Pasqua, ognuno, oltre al fattore relativo che lo legava alla preghiera, cercava anche di festeggiare a tavola, con i piatti tipici secondo la tradizione e, la cosa più problematica, secondo le possibilità economiche.
Ma, l’aspetto più divertente e più particolare per me, allora una bambina, era il momento della colorazione in casa delle uova sode!
Con quanta gioia aiutavo mia nonna in cucina e mi sporcavo le mani di colori!
Ma, attenzione: avremmo mai potuto definirli colori alimentari industriali? In realtà, non avevamo le comodità, elementi e preparativi pronti oppure gli accessori di oggi in questa disciplina, ma ci affidavamo a colorazioni vegetali.
Escludendo completamente d’altro canto, le uova di cioccolato. Quelle costituivano un’altra mancanza a parte …
Dunque, la colorazione delle uova non era affatto facile e diventava una vera impresa!
Un’impresa per un altro motivo ancora ben più importante: per il fatto che prima di iniziare “il processo” della colorazione, dovevamo procurarci la materia prima, cioè le uova stesse!
Esse, erano delle “signore uova”, talmente ricercate e limitate nel mercato che, per la riuscita del festeggiamento in questa ricorrenza, per quanto riguarda le uova in primis, ci si doveva organizzare per tempo.
Una volta procurate le uova, per le sostanze coloranti non ci si poteva rivolgere al negozietto di alimentari vicino casa, tanto meno al supermercato ( quest’ultimi nemmeno esistevano), neanche alla pasticceria. Occorreva mettere in atto la propria fantasia ed il proprio ingegno creativo!
Allora, la nonna si metteva all’opera.
Per colorare le uova di colore verde, mi faceva raccogliere in un campo accanto a casa mia, delle ortiche, che prima di arrivare a portarle a casa, mi avrebbero già bruciato le mani e riempito pieno di bollicine, le quali causavano un prurito fastidioso. Le metteva a bollire ed esse emanavano un liquido verde, di un colore forte e acceso. In questo modo per le uova colorate di verde, ce l’avremmo fatta!
Per le uova rosse, metteva a bollire la barbabietola, che faceva venir fuori un liquido rosso scuro, vicino al bordeaux e pure questa versione veniva fantastica!
Per ottenere il colore giallo era un po’ più complicato in quanto, lei cercava di ottenerlo dai funghi di campo. Ma i funghi non era facile trovarli, e poi dovevi essere in grado di riconoscerli. Allora chiedeva l’aiuto di un nostro caro amico di famiglia, un signore anziano che aveva la passione di esplorare la natura e la sua flora, che girava nei campi e nelle colline attorno la città, per procurarsi delle erbe medicinali, le quali le adoperava per le cure ed i medicamenti popolari, tradizionali. Ed ecco, una volta procurati i funghi da campo, li metteva a bollire ed otteneva il colorante giallo per le uova!
Praticamente questi preparativi acquisivano una forma particolare di fascino, non solo perché c’era difficoltà nel procurare tutto l’occorrente per questa cosiddetta “missione”, ma anche perché tutto si svolgeva di nascosto, appoggiandosi solo nelle persone di cui si godeva la meritata fiducia, solo in quelle persone che si sapeva che non ti avrebbero tradito e non ti avrebbero fatto pagare delle gravi conseguenze per te e per la tua famiglia, consapevoli della trasgressione in atto delle regole ferree dittatoriali che vietavano categoricamente e perseguivano per legge il credo religioso e qualsiasi manifestazione di celebrazione nei suoi confronti.
Ah, un altro particolare!
A me, le uova piacevano non soltanto colorate, ma anche decorate con qualche disegnino sopra! A quei tempi, non ci potevano venire in aiuto colori a pastello o di altri tipi, perché alla fin fine, avevamo si e no, delle matite colorate per la scuola … Naturalmente, anche gli adesivi per questa tipologia di decoro non esistevano nemmeno.
Allora, la fantasia della nonna si espandeva nei disegni: prendeva delle foglie di prezzemolo, le attaccava sopra le uova, prima di colorarle, le legava con un ritaglio da calze o collant di filanca e, dopo la bollitura in acqua colorata, il posto ricoperto dalla foglia di prezzemolo, rimaneva bianco ed ecco fatto pure il disegno!
Augurando Buona Pasqua a tutti, mando a distanza, un augurio ed un pensiero ai nostri nonni ed a tutti i nostri cari, che ormai non sono più vicini a noi fisicamente, ma che sono stati protagonisti di momenti indimenticabili della nostra infanzia, avendo così, fatto in modo a rimanere per sempre nei nostri cuori.
Questo post è stato originariamente pubblicato il 29 marzo 2013.