La strada verso il successo passa attraverso il sacrificio. E’ questa la filosofia del direttore sportivo della Lazio, Igli Tare, in un’intervista alla piattaforma televisiva albanese a pagamento Digitalb si è raccontato parlando della sua vita lavorativa e di quella privata.
Intervista a Igli Tare
Hai dovuto affrontare lo scetticismo generale quando avete ottenuto il ruolo di DS?
Scetticismo no, ma le persone erano giustamente dubbiose in quanto il mio curriculum non aveva esperienze di questo genere. Nessuno se lo aspettava, per questo era lecito che in molti si ponevano domande al momento del mio annuncio come ds.
La prima sfida che volevi realizzare?
Il momento più bello è stato quando ho annunciato il mio nuovo ruolo in Albania in una conferenza stampa indetta per il mio annuncio al calcio giocato. Molti si chiedevano: “Com’è possibile che questo diventerà direttore sportivo?”. Per me è stato molto semplice, perché la mia carriera è stata sempre ricca di sfide da quando ero al Partizani, poiché sono il figlio di Isa Tare. Qualsiasi cosa mi accadeva era merito di mio padre, secondo loro. Una volta andato all’estero la sfida è diventata contro me stesso.
Ti ha ‘perseguitato’ il nome di tuo padre?
Ha perseguitato gli altri, perché per me è stato sempre un onore. Con la sua educazione ci ha trasmesso a me e ai miei fratelli il valore del sacrificio, che più tardi nel corso della mia carriera è diventata la chiave del mio successo.
Cosa ti manca del calcio giocato?
Sono due mondi differenti. Il calciatore vive in un mondo irreale: è la professione più bella. Cose semplici, belle senza starsi tanto a spremere le meningi. Parlo molto con i giocatori ora, come se fossi parte di loro. Loro devono sbagliare per capire come possono correggere i loro errori.
Come ti chiamano i giocatori?
Igli. Non ho mai voluto che mi chiamassero direttore, perchè ho sempre voluto instaurare un rapporto amichevole. E’ la chiave per una collaborazione di successo.
Quanto tempo al giorno vi prende la Lazio?
E’ una professione che ti dà tanto ma ti toglie anche tanto. Lo noto quando vedo mio figlio: ho iniziato a fare questo lavoro quando lui aveva due anni e ora è quasi un uomo come me. In questi anni gli è mancata molto la mia presenza e gli sono riconoscente, così come anche a mia moglie, perché comprendono perfettamente cosa richiede questa professione.
Se tuo figlio dovesse giocare in futuro per la Roma, cosa gli direte?
E’ l’unica cosa che non posso accettare (ride, ndr). Non penso che accadrà.
L’obiettivo più grande per la Lazio?
Senza dubbio la qualificazione in Champions League.
Cosa dice ai giocatori Igli Tare prima della partita?
Solitamente entro poco negli spogliatoi, perché lo ritengo un luogo sacro per i calciatori. Nei corridoi e nei box massaggi vado spesse, invece, e mi basta uno sguardo per capire l’umore dei calciatori e vedere chi di loro magari ha bisogno di fare due chiacchiere in privato.
Che lezione hai imparato alla Lazio?
Il passaggio da calciatore a direttore è stato in un certo senso la mia maturità. Ho un carattere molto positivo nei momenti difficili, è questo spesso si è rivelato decisivo.
Cosa dicono i giocatori di te?
Mi etichettano come molto forte dal punto di vista caratteriale. La filosofia ‘ogni traguardo è raggiungibile’ è la chiave del successo per me.
Il luogo più bello di Roma?
Il lago di Bracciano. Passo molto tempo con la mia famiglia lì. E’ uno dei posti più belli per rilassarsi.
Com’è Igli Tare in famiglia?
Non sono un papà severo o rigido. I tempi sono cambiati, cerco di soddisfare ogni richiesta dei miei figli.
Come sei cresciuto tu invece?
Papà ci svegliava ogni giorno alle 6.30 per fare ginnastica. Nei momenti difficile della mia vita mi è servita molto.
Il poster in camera?
Non ne ho avuti. Tuttavia ero un grande ammiratore del Milan degli olandesi, quello di Sacchi, Van Basten, Gullit e Rijkaard. Sono cresciuto avendo Van Basten come idolo.
La gioia più grande che hai dato ai tuoi genitori?
Quando segnavo e loro ascoltavano il mio nome urlato a gran voce da tutto lo stadio.
Il problema di Tare?
Mi sento sentito sempre uno straniero in Italia. Non c’è nessun posto come la tua terra natale.