La FIT (la Federazione internazionale dei traduttori) lanciò l’idea di una Giornata mondiale della traduzione ufficialmente riconosciuta nel 1991, per cui da allora, i traduttori di tutto il mondo hanno una giornata tutta loro.
Quindi dal 1991, l’International Translation Day è un evento celebrato ogni anno il 30 settembre, in corrispondenza della festa di san Girolamo, il traduttore della Bibbia considerato il santo patrono dei traduttori.
L’interculturalità, come concetto e come sostanza, ha sempre convissuto con me, anzi, dentro di me. Io dell’intercultura sono una creazione.
Perché? Per le mie origini miste. Le mie due nonne erano straniere. La nonna paterna era napoletana, quella materna era turca di Smirne, ma cresciuta in Grecia, a Salonicco.
I miei due nonni erano albanesi
Basandomi nelle caratteristiche del gene, dell’ereditarietà, nella predisposizione verso una professione già praticata in famiglia, credendo un po’ anche nel destino, sono principalmente questi i motivi che mi spingono a proiettarmi sempre più verso ciò che io ero predestinata a fare l’interprete ed in seguito, la traduttrice.
L’interculturalità ha sempre convissuto con me, anzi, dentro di me. Io dell’intercultura sono una creazione. Adela Kolea
È chiaro che non tutti i traduttori del mondo provengono da famiglie di origini miste oppure hanno avuto nell’albero genealogico della propria famiglia, tracce ancestrali di traduttori ma insomma, io parlo del mio caso.
Nella mia famiglia, per generazioni, ci sono stati dei membri che hanno fatto i traduttori, che conoscevano professionalmente svariate lingue. Questo, a partire dal mio antenato Sotir Kolea , grande patriota, pubblicista, filologo albanese, ex-Direttore della Biblioteca Nazionale e del Museo Nazionale Albanese negli anni 1928-1937.
Chi era Sotir Kolea?
Noto patriota albanese, pubblicista, filologo, ex-Direttore della Biblioteca Nazionale e del Museo Nazionale Albanese negli anni 1928-1937. Lui conosceva ben otto lingue straniere già all’età di diciannove anni.
Nel 1914, dopo degli incontri a Brindisi ed a Lecce in Italia, con la cerchia dei patrioti albanesi, Kolea si trasferì a Losanna, in Svizzera, dove nel 1915 diresse in lingua francese il giornale “L’Albanie”, noto per i suoi meriti particolari, in quanto rese possibile al lettore straniero, la conoscenza della situazione albanese.
Viene nominato membro della delegazione albanese nella Conferenza di Parigi e nel Consiglio Amministrativo franco-albanese a Parigi. Nel 1920, il governo provvisorio di Valona, scelse tra i membri della delegazione albanese nella Conferenza di Londra, anche Sotir Kolea, come attivista noto e patriota della colonia di Egitto.
La sua tenacia nell’impegno con la Biblioteca Nazionale come Direttore, rese possibile l’accesso numeroso da parte dei giovani. Nel 1928 furono letti 459 libri e vi frequentarono 1785 lettori. Nel 1930 furono letti 3021 volumi. Nel 1931 in Biblioteca furono letti 5805 volumi e vi frequentarono 11280 lettori.
“Tanti signori benefattori ci hanno offerto cortesemente vari oggetti preziosi per il Museo, -“ dichiarava in un rapporto Kolea stesso nel gennaio 1928. Questi oggetti erano 1851 pezzi.
Il 15 maggio 1929, alla ricerca di libri in albanese stampati in tempi remoti, ricevette la risposta del British Museum London, dal dipartimento di stampa che, tra l’altro citava che:
”[…] non possediamo libri di Gjon Buzuku, Luk Matrenga, E Pjeter Budi.(Speculum confessionis)…ma, abbiamo in nostro possesso libri come:Pjeter Budi –la dottrina cristiana dell’anno 1664 Ni 4051,d5;…abbiamo in lingua albanese i seguenti libri:
P.Francisco Maria de Lecce – Osservazioni grammatically nella lingua albanese,1716; Johann Thunmanus una edizione del 1774, da Daniel Voskopoja “ Vocabolario in 4 lingue del 1902”.
Nel 1929 Kolea informa che:
“Il professore Gustav Wingand ha donato alla Biblioteca 100 volumi, sistemati in una cassetta”, nel frattempo altre donazioni come cartine geografiche “Coste dell’Epiro- la parte di Narta e Preveza”, “Parte dell’ Albania turca con Montenegro, Venezia 1789”, “Dalmazia”, “Corso dei fiumi Drino e Bojana”, “La Scanderbeide, poema heroico (signora Margherita Sarrocchi), Roma 1623; “Pouqueville – Histoire de la Regereration de la Grece” Bruselle, 1843”; il Messale di Gjon Buzuku, opera in albanese, con immagini dal Vaticano, stampato nel 1555.
Arricchisce la Biblioteca nel 1929, pagando la cifra di 80 franchi d’oro, a Scutari, del libro “Storia di George Castrioto ditto Scander-begh”, dell’autore Gianmaria Biemmi, pubblicato a Brescia nel 1742.
Mio nonno altrettanto, dopo aver studiato in Italia negli anni ’20, al suo ritorno in Albania, accompagnato dalla donna che divenne sua moglie, lei un’italiana, oltre alla sua professione di economista e finanziere, praticava anche il mestiere della traduzione per le lingue albanese, italiano e francese.
Io, cresciuta in una famiglia principalmente bilingue – per non dire multilingue – italo-albanese, l’italiano lo parlavo da piccola con la nonna in casa. Ero assettata di imparare sempre più dall’italiano e dal francese, quest’ultimo lo studiavo a scuola. Infatti, a scuola mi feci subito notare per la predisposizione verso questa lingua e essendo che in Albania, il sistema scolastico negli anni’80 era considerato un pilastro per la formazione delle nuove generazioni, per cui molto esigente e rigoroso, venivano organizzate frequentemente delle olimpiadi per matematica e lingue soprattutto queste come materie.
Tutto ciò, in medie e superiori. Ebbene: io vincevo sempre il primo posto, facevo figurare bene il mio gruppo e la scuola che rappresentavo. Intanto, facevo collezione di attestati di riconoscimento per il francese.
Ma, sia per l’italiano, imparato in famiglia, sia per il francese scolastico, non mi bastavo unicamente da queste fonti di conoscenza.
Approfondivo con lezioni private, per impararle a fondo, anche come lingue scritte e grammaticalmente perfette. Prendevo lezioni private anche per il tedesco, da un ottimo professore di Tirana per questa lingua. Lui aveva frequentato l’università nella Germania dell’Est di allora.
Correvano i mesi di luglio e agosto ’90…
Che privilegio conoscere le lingue!
Questo vale sempre ed in ogni contesto ma, soprattutto in casi di emergenza, diventa uno spiraglio, una mano dal cielo …!
La gente, in quel periodo confuso per l’Albania – quando i figli, i parenti e gli amici, avevano da poco lasciato il paese, dopo essere entrati nelle ambasciate straniere accreditate a Tirana, dalla voglia di comunicare con i propri, aveva necessità di collegamenti telefonici con l’estero, con i paesi in cui, i loro cari avevano emigrato da poco. E, dall’altra parte del telefono, rispondeva di certo una persona straniera …
Quella persona, l’albanese non lo conosceva di sicuro come lingua, per cui, dovevano essere coloro che avevano bisogno di contattarli dall’Albania, a conoscere le lingue rispettive straniere naturalmente.
Uno di quei giorni andai all’ufficio postale per accompagnare mia nonna, la quale doveva telefonare alle sue sorelle ed ai nipoti in Italia. Ultimamente, loro si sentivano spesso.
Prima di avvicinarci del tutto all’ufficio, già da lontano si notava una lunghissima fila di gente..! “Oh, nonna – le dissi – non è meglio se torniamo indietro, perché non mi sembra il caso di fermarci. Come fai a riuscire a telefonare con tutta questa folla? “ Ma la nonna non ne volle sapere …”Tentiamo! -mi disse.”
Ci avvicinammo e notammo che quelle tre o quattro cabine telefoniche poste all’interno dell’ufficio, erano di certo occupate. Le impiegate avevano messo a disposizione del pubblico, degli apparecchi telefonici, posizionati sul lungo banco della posta, da cui le persone, una ad una telefonavano.
Le telefonate di quei giorni non erano nazionali.
Erano per l’appunto, tutte internazionali ed effettuate da tutti i genitori, a cui i figli, avevano scavalcato le mura delle ambasciate straniere a Tirana!
Cercavano notizie dei figli, ciascuno con un numero di telefono scritto su un pezzo di carta che stringevano forte in mano, con quelle mani che tremavano.
Quel pezzo di carta, per loro era come una bussola, come una cartina geografica, su quel pezzo di carta, c’era un prefisso telefonico differente, proprio come un pezzo staccato dal globo! E su quel pezzo del globo, erano arrivati i loro figli!
Numeri con vari prefissi telefonici, a seconda del paese dove i loro figli erano ormai collocati. Telefonavano a vari centri di accoglienza, alla Caritas in Italia, alla Croce Rossa, in qualche parrocchia, istituzione e altrove insomma, in vari paesi …
Le linee stavano per scoppiare
Ci si accontentava pure di quei impianti, per così com’erano, anche se lasciavano molto a desiderare, ma alla fine, meno male che c’erano..
Alcuni di loro, appena ci sentirono parlare italiano, ci chiesero di aiutarli per metterli in contatto al più presto, consegnandoci in mano e affidandoci quel pezzo di carta con il numero di telefono, che per loro significava così tanto …
Lo facemmo volentieri, telefonammo per loro in primo luogo, e dopo per noi …
Erano contenti di sentire la voce a distanza dei figli. Di quei figli che fino a qualche giorno prima, non sapevano che fine avessero fatto. Nei loro occhi, dopo averli sentiti, si notava una luce particolare, si sentivano dei sospiri di sollievo…
Per un popolo sofferto, sapere che i figli erano in salvo e che, davano segni di speranza e di rassicurazione, che lasciavano intendere di stare bene, questa non era cosa da poco …
In casa nostra iniziarono ad arrivare tante persone che chiedevano a me, alla nonna italiana, a mio padre, di scrivere delle lettere di ringraziamento in italiano, indirizzate alla Caritas Italiana, a persone private, italiani che avevano accolto ed ospitato così generosamente i loro figli o parenti albanesi in Italia.
Noi abbiamo scritto tante di quelle lettere in italiano in quel periodo, abbiamo ricevuto così tanti ringraziamenti. Che la cosa ci faceva emozionare a non finire. Eravamo contenti come famiglia, di contribuire ad alleviare la preoccupazione dei familiari degli “albanesi delle ambasciate” ed a far trasmettere come mediatori, la loro gratitudine al popolo fratello italiano.
Io non mi fermai mai con le lingue. All’inizio degli anni ’90, tutto il mio modesto sapere in merito, lo misi in pratica scrivendo sul giornale più noto della capitale di allora, il giornale dall’omonimo nome, “Tirana”, dei testi che traducevo dall’italiano, per svariate rubriche.
Allo stesso tempo, frequentavo il liceo scientifico, ma il pomeriggio andavo a lavorare nel centro più importante di aggregazione giovanile di Tirana, “Pallati i Pionierëve”, in cui insegnavo l’italiano ed il francese a dei bambini. Si trattava di un’esperienza che ha segnato molto positivamente la mia vita.
Nel pomeriggio altrettanto, – quindi in giovane età – iniziai ad impartire lezioni private su queste lingue, anche a persone più grandi di me, ad adulti e oggi posso dire con orgoglio che qualche persona nota dell’odierna élite albanese, l’italiano lo ha imparato proprio da me, almeno per le prime nozioni di base, che sono le più importanti, ma che naturalmente andavano approfondite col tempo e con ulteriore studio da parte loro .
Insomma, in poche parole, ci tenevo a condividere con voi queste chicche della mia vita ed in particolare, la mia passione per le lingue e la professione del traduttore ed anche quella dell’interprete.
Mi ha fatto piacere ripercorrere questi miei “passaggi linguistici” tra Italia ed Albania, tenendo presente che di traduzioni mi occupo tutt’oggi, ma in particolare, sono stata contenta di ricordare proprio oggi, nella Giornata Mondiale della Traduzione, anche le mie radici ancestrali multiculturali e da sempre collegate alle lingue ed alle culture miste.