Si ha come l’impressione che quando si nomini la parola “Donna”, improvvisamente tutte le lingue del mondo diventino una sola, indipendentemente dalla posizione geografica, dalla lingua specifica di un determinato paese o continente, da usanze, fedi, tradizioni e costumi.
Potremmo iniziare a pronunciare le prime lettere: quelle di DONNA, GRUA, WOMEN, DAME ecc, e per magia, il termine che definisce questo essere speciale, inizia ad unire generazioni e generazioni in un unico ‘linguaggio convenzionale’ di cui simboli rappresentativi per darne l’esatta definizione sono quelli del tipo:
– Amore, come l’amore che solo una donna sa dare senza condizionamenti per il proprio figlio, per il proprio uomo, per i propri genitori, un amore costituito da varie forme e intensità, ma facente parte del suo meraviglioso mondo.
–Affetto, come solo una donna sa dimostrare nei confronti di chi la circonda, pensando sempre in positivo e dando lei in primis esempio e contributo, perché questi sentimenti si propaghino nel mondo.
–Sensibilità, come solo una donna può avere il privilegio di possedere di un tale livello, da rendere possibile anche ciò, apparentemente irraggiungibile.
–Generare, come solo una donna può avere la possibilità ed essere prescelta a procreare la cosa più preziosa che abbiamo tutti in questo mondo: un figlio!
–Forza, a volte, una forza latente, non sempre ‘sbandierata’ o esposta da farne un vanto, ma una tale forza indescrivibile, da smuovere situazioni dalle più complicate, nella risoluzione delle quali l’uomo, spesso è costretto a ricorrere al suo appoggio e sostegno.
–Intelligenza, un‘ intelligenza da ammirare, in grado di portare avanti questioni delicate e intricate contemporaneamente.
–Determinazione e tenacia, quando si tratta di seguire un sogno a cui crede con tutta se stessa.
–Creatività, come solo lei sa dare alla vita dei colori diversi e vivaci, anche quando le sfumature sembrano oramai in alcuni casi, spente e la cui accensione da parte di chiunque altro, sembra impossibile.
–Coraggio, dimostrato in vari ambiti e in relazione a vari aspetti della vita: nel momento in cui si mette in gioco l’incolumità di un figlio, del proprio amato, dei propri cari, della propria terra.
–Coraggio, come quando si mette in discussione la propria immagine.
Ma, proprio qui entra in gioco anche la fragilità della donna:
E’ relativa la fragilità nella donna, è differente da una donna all’altra. Come d’altronde, ogni caratteristica umana, in ogni essere umano.
La figura della donna in Albania è sempre stata di un’importanza tanto grande, quanto grande sia stata purtroppo l’insistenza nel cercare di far sminuire e far passare in secondo piano la sua influenza, gli effetti della sua presenza. O meglio: un’importanza, della quale l’uomo alla fin fine si è sempre reso conto, l’ha sempre percepita, l’ha sempre considerata nel profondo di sé.
Ma, per mentalità ed usi, per cause ben più grandi dell’uomo stesso, perché determinate da leggi patriarcali, predefinite da generazioni remote, che hanno condizionato direttamente il rapporto tra uomo e donna in Albania, non gli è stato permesso di poter ammettere apertamente l’importanza di questa figura. Anche se, ultimamente le cose finalmente stanno cambiando in positivo in questa direzione, nonostante i ritmi tipici lenti dei paesi sofferenti dalle prolungate transizioni.
– In Albania, nei secoli le donne non sono mancate nelle leggende, nei miti, nelle narrazioni popolari.
Si è narrato nella leggenda della Rocca di Rozafa, Scutari della più giovane delle tre cognate che portava le vivande al marito ed ai fratelli del marito, impegnati nella costruzione delle mura del roccaforte, le quali, non si sapeva per quale motivo crollassero di notte, nonostante il loro serio impegno investito nella costruzione durante il giorno.
Venuti a sapere del sacrificio che occorresse per sciogliere la maledizione- cioè la vita di una delle loro mogli – tutti i fratelli si raccomandano alle proprie mogli di non andarci quel determinato giorno a portar loro da mangiare, perché avrebbero dovute essere sacrificate. Il fratello minore non disse nulla alla sua. Quindi, la moglie del fratello minore che si presenta lì quel giorno, ignara del destino che l’attendesse, si sarebbe sacrificata.
L’avrebbero murata viva, in dono alla divinità malvagia che intralciava la costruzione del castello, causando i continui crolli di notte. La donna avrebbe accettato con coraggio questa sorte, per il bene altrui e delle generazioni future, ma avrebbe chiesto come ultimo desiderio, di lasciarle fuori dal muro, una mano per prendersi cura del suo piccolo figlio appena nato ed una mammella per continuare ad allattarlo. Da allora, da un lato della Rocca, il muschio è evidente e l’umidità non cessa si dice, per via delle lacrime versate nei secoli dalla donna e del latte destinato al figlio.
Mamica, era la sorella del nostro Eroe Nazionale, di cui porta il nome anche la nostra Associazione qui a Parma, Scanderbeg. Mamica, era una donna autoritaria, forte, condottiera anche lei come il fratello, determinata al punto che il fratello la considerasse come un’amica, la miglior confidente e persona di fiducia.
Shote Galica, era una condottiera kosovara, una donna senza paura, con un coraggio che faceva invidia anche agli uomini. Lei ha combattuto a fianco del marito e ha fatto anche da guida per i combattenti fino all’ultimo. Così come tutte le madri, le figlie e le sorelle kosovare, che hanno dimostrato e dimostrano tutt’ora di aver avuto un’anima cosi profonda ed un coraggio così enorme, nel vivere in condizioni a cui solo pochi avrebbero potuto resistere durante la guerra.
Madre Teresa era una donna di cui non solo l’Albania, ma il mondo intero, l’umanità intera si può vantare e si può sentire fiera di aver beneficiato della sua opera.
Musine Kokalari e tante altre donne intellettuali e patriote, perseguitate ed uccise dalla dittatura comunista di Enver Hoxha che ha oppresso l’Albania per circa mezzo secolo.
Noi ricordiamo le nostre nonne, le nostre mamme, le nostre zie. Con tanto affetto, tanta nostalgia, non solo per l’amore che lega normalmente i nipoti ed i figli ai rispettivi nonni e genitori, ma anche per un altro fattore: per il fatto che la loro generazione, in Albania ha vissuto in pieno le sofferenze, le privazioni, le proibizioni e le conseguenze del regime totalitario. Non sappiamo cosa avremmo mai potuto fare per vederle felici, specialmente le nonne, talmente sacrificata la loro generazione. Le donne albanesi del periodo totalitario, parecchie sono state condannate, hanno scontato anni di prigione, sono morte nelle prigioni, per motivi politici, ideologici, per la lotta delle classi. Alcune, per la semplice colpa di avere avuto legami di parentela o amicizia con qualcuno che aveva commesso qualche cosiddetta ‘infrazione’ nei confronti del potere allora vigente.
Nonostante ciò, essendo stata l’istruzione, pilastro della società, con tutti i problemi e le difficoltà che la massa subiva, le donne albanesi sono sempre risultate molto preparate nel campo dell’istruzione, in tutti i rami del sapere.
Quando il vento del cambiamento iniziò a soffiare anche sull’Albania, oramai in maniera inevitabile, avendo già coinvolto anche i vicini, le donne albanesi furono quelle che assistettero ad un’altra piaga, che vide come protagonista un popolo intero: l’Emigrazione!
Le donne versarono tante lacrime per i propri figli, di cui molti, in tenera età scavalcarono le recinzioni delle ambasciate e dei consolati esteri presenti sul territorio albanese in cerca di una speranza di vita migliore, per altri che occuparono i porti e salirono sulle navi in attesa di quella traversata che per loro sarebbe significata ‘ libertà ’.
Non solo: delle donne albanesi, diventarono anche loro stesse, protagoniste di questa emigrazione!
Alcune giovanissime, direttamente dai banchi di scuola, con il coraggio e l’euforia che caratterizza la giovane età. Altre, arrivate più avanti con i ricongiungimenti familiari. Altre ancora con gli studi lasciati a metà. Alcune, diventate madri in età molto giovane, in un paese straniero di cui non conoscevano la lingua, le usanze, o meglio: si trovarono in tutto e per tutto di fronte ad una realtà completamente nuova, esattamente estranea per loro!
Di fronte a questioni delicate e importantissime, come la crescita di un figlio, e non solo: in giovane età, spesso senza il sostegno di familiari, dover impegnarsi in primis loro stesse a conoscere questo nuovo paese ospitante, per poter ‘presentarglielo’ al proprio figlio/a, per trasmettergli dei veri valori interculturali. Il tutto, senza negargli la possibilità ed il diritto di vivere con le usanze della terra natia dei propri genitori, ma di integrare ciò anche alla cultura del posto che i loro figli ospita.
Come delle rondini che intraprendono il volo della migrazione, anche queste donne albanesi si trovarono davanti ad un mondo, con porte spalancate da un lato, ma ignare del destino che attendeva dietro ad esse. Certo, nella loro collocazione in questo nuovo paese, il fattore personale, quello di essere in grado meno di adeguarsi anche ai suoi “angoli” più scuri, costituì un fattore determinante per la piega che avrebbe preso la loro vita. Come tutti gli angoli, anche quelli del nuovo paese, ospitavano delle ragnatele e, alcune di queste ragazze rimasero impigliate proprio in mezzo a queste ragnatele soffocanti per la società, per loro una nuova società, piena di nodi difficili da sciogliere …
– Alcune, arrivate più avanti per motivi di studio in Italia, quando l’Italia, il fenomeno “esodo di massa” non è che l’avesse totalmente smaltito, ma comunque, l’aveva un po’ meglio assorbito. Ragazze determinate, amanti dello studio, che con tenacia proseguirono gli studi in Italia, nel caso più preciso anche qui a Parma, così come tante ne continuano a frequentare l’università ancora oggi.
Le scuole di Parma – dei vari cicli scolastici – sono piene di ragazze albanesi delle seconde generazioni, di coloro che con l’emigrazione hanno avuto a che fare solo indirettamente diciamo, in quanto sono stati i loro genitori che hanno raggiunto l’Italia con le modalità dell’emigrazione dalle più travagliate. Tante, che si sentono in parte italiane, che hanno oramai deciso di rimanere qui per tutta la loro vita e rimangono in attesa di cambiamenti o sollecitamenti burocratici per l’acquisizione della cittadinanza italiana. Tante, le donne albanesi in Italia impegnante nella vita sociale, economica e politica del paese, alcune nel campo scientifico e della ricerca, altre nell’arte.
Per quanto riguarda la situazione lavorativa ed occupazionale, nei riguardi della donna immigrata in generale, in particolare a Parma, ci sono vari aspetti da tenere in considerazione, accantonando per un attimo il fattore “crisi” che ha colpito tutti gli strati della società, specialmente il ceto medio e senza distinzione di genere o nazionalità:
C’è il caso della donna che lavora in fabbrica, facendo fronte al lavoro difficile, orari difficili da essere conciliati anche con gli impegni familiari e con la crescita dei figli, ma che allo stesso tempo, vengono portati avanti con determinazione da parte sua, in quanto il lavoro è sacro, questo per tutti, ma specialmente per gli stranieri (almeno quelli onesti), considerato unico mezzo per vivere. La donna / mamma migrante, deve fare i conti anche con un altro fattore: la crescita dei figli che risulta difficile, in quanto non sempre lei gode dei privilegi, come quello di avere i nonni dei bambini vicini, per poter contare sul loro appoggio quando lei va a lavorare.
C’è il caso della donna che lavora anche più di otto ore al giorno, perché a causa della crisi in corso, magari il proprio marito ha perso il posto di lavoro, facendo diventare in questo modo lei ed il suo operato, unico mezzo di sostentamento della famiglia.
C’è la donna immigrata istruita, che ha dedicato anni ed anni della sua gioventù allo studio, ma che per un motivo o un altro, non è riuscita a realizzarsi, a trovare un posto di lavoro adeguato alle sue vere capacità intellettive ed emotive. Ma questo diventa poi, anche un fattore relativo, in quanto in questi momenti di crisi e precarietà, anche per le donne italiane il terreno in questa direzione, non è facile.
C’è la bambina o la ragazza giovane albanese, che è nata e sta crescendo a Parma, sta frequentando le scuole di vari gradi e cicli in città. C’è quella gioventù che sarà parte del futuro attivo della città stessa.
Tra le donne albanesi a Parma ci sono tante amiche, compagne, mamme, sorelle, perché no, anche delle nonne, quindi donne di varie generazioni, tutte con una ricchezza dentro di sé, tutte con una storia in sé da raccontare, tutte contribuenti ad un’ottima integrazione nella vita della città. Di questa città, Parma, che ci ospita con generosità, ma che allo stesso tempo, è ricambiata da parte della comunità albanese in generale con un atteggiamento altrettanto civile e collaborante nella vita cittadina.
Per la Festa della Donna, un augurio speciale per un futuro migliore a tutte queste donne!
Alla donna in generale: albanese, italiana, tedesca, americana, cinese, indiana, africana chiunque essa sia, a tutte le donne del mondo, all’insegna del rispetto della loro immagine e dei loro valori.
Un augurio che serva da buon auspicio per la realizzazione di tutti i loro obiettivi e desideri per una vita sempre migliore!