Dal sapore acido dolce, una bevanda conosciuta nei Balcani e nel Caucaso, tutt’oggi presente nel panorama alimentare albanese, anche se in dimensioni ridotte, in Albania durante la nostra infanzia, anni ’80, sempre per via della varietà limitata e ristretta nell’ambito del settore alimentare, la “Boza” occupava una posizione di primato nelle preferenze della consumazione alimentare popolare.
Una bevanda da considerare “popolare” in quanto, non solo preparata con elementi semplici e genuini a base di mais, ma soprattutto perché servita fredda e consumata anche in strada, nelle piazze, senza grandi raffinatezze.
E’ in Albania che viene preparata specialmente a base di mais, invece in Turchia, Bulgaria ed altri paesi balcanici potrebbe essere prodotta anche con altri cereali come grano, ceci e orzo.
Certo, giunta da noi come tante altre specialità della tradizione gastronomica turca, ma ottenendo col tempo una formula nella sua composizione caratteristica del posto, i nonni raccontavano che fin dai primi del ‘900, la Boza veniva preparata e commercializzata in maniera addirittura molto pratica: da venditori ambulanti i quali, dall’aspetto bizzarro e dal linguaggio tipico e caratteristico, non sempre attrezzati di chioschi o vari punti di ristoro e vendita, ma semplicemente trasportando sulle spalle ed a tracolla enormi recipienti pieni di Boza, andavano porta a porta nelle vie dei paesini, cercando di richiamare l’attenzione della gente, invitandola ad uscire dalle case per comprare un po’ di questa bevanda, preparata artigianalmente e dalle ricette autentiche.
In Albania, nel periodo del regime totalitario, in cui anche le pasticcerie, come tutto l’ambito commerciale ed altro erano gestiti da un unico grande Ente, lo Stato, essendo stata abolita già dagli albori del sistema la proprietà privata, questi singoli commercianti, naturalmente, non potevano più esercitare la loro attività per conto proprio; il loro posto venne occupato dai dipendenti statali del settore.
Questo, sia per quanto riguardava il personale fisso che prestava servizio in quelle poche pasticcerie dove tra l’altro, compravamo le nostre solite paste, cassate ed un’altra bibita simpatica e frizzante, che faceva un po’ da nostra “Coca – Cola”, il famoso “Vapik” – che in italiano si tradurrebbe con un’espressione divertente del tipo: “Caldo, vattene via” – che quei venditori ambulanti che giravano nei nostri quartieri, soprattutto per la gioia dei bambini.
Quando i venditori ambulanti dei gelati passavano sotto lo stabile in cui abitavamo, prendeva inizio una gran festa per tutti i bambini che correvano a comprare il loro gelato, dall’unico gusto in circolazione: rigorosamente fiordilatte e magari, della Boza. Entrambi però, dal sapore e dalla qualità affidabili. Questi, volendo, venivano anche consumati mescolandoli insieme; il connubio Boza – Akullore “Gelato”, per molti era considerato una prelibatezza indiscussa e lo era naturalmente anche per me.
Stringendo in mano qualche moneta, i bambini correvano dal simpatico venditore anziano dei gelati, il quale ormai conosceva tutti loro, sia di viso che di nome.
Questo diventava anche un momento di aggregazione molto bello e abitudinario da parte di tutti, che gustando il gelato in compagnia in pieno caldo, avevano modo di scambiare anche scherzi e parole tra di loro.
Si trattava di quei periodi insomma, per certi aspetti complicatissimi per noi, e per altri, tanto semplici, in cui per stare bene tutti insieme bastavano la buona compagnia ed il trovarsi in un punto di ritrovo tanto “chic” come:
davanti al triciclo carrettino del gelataio del quartiere!