Quest’anno, prescelti per la categoria Nuova Generazione, portano a Sanremo la canzone “Buio e Luce”, scritta e cantata da Ermal Meta.
“Buio e luce sono figli del sole” dice il testo, come per dire che il buio non può impedire il ritorno della luce del sole, che la ragione non può cancellare l’identità del cuore.
Ermal Meta ha 28 anni e da quando ne aveva poco più di 10 vive a Bari dove si trasferì con la famiglia. In Italia ha portato con sé la sua passione per la musica, della quale si nutrì fin da piccolo, grazie a sua madre, insegnante di violino.
Ermal canta, suona la chitarra e il pianoforte. Come racconta lui stesso, gli sono familiari perfino i suoni – disturbanti per i più – degli strumenti mentre vengono accordati. Ha cominciato a studiare il pianoforte nella sua città natale quando aveva sei anni, ma la severità degli insegnanti e la sua testardaggine non andarono d’accordo a lungo. Due anni dopo abbandono la scuola di musica ma non la passione.
Come tante famiglie albanesi, a metà degli anni ’90, anche la sua decise di emigrare in Italia. Qui ricominciò a studiare il pianoforte da autodidatta. Poi anche la chitarra, scoprendo così “un nuovo mondo”. Mentre la voce, l’ha sempre avuta intonata, e gli piaceva cantare fin da bambino. Dall’età di 16 anni ha cantato e suonato in pubblico, con diversi gruppi. Perché, come spiega, capita spesso che alcuni musicisti si mettono insieme, ma dopo un certo periodo prendono strade diverse e si dividono. Così è successo anche a Ermal, però valuta positivamente tutte le esperienze fatte, nelle quali è cresciuto professionalmente.
Dal 2007, con altri tre musicisti di Bari, giovani ragazzi come lui, ha fondato il gruppo pop-rock dal nome La Fame di Camilla. Ermal è voce, pianoforte, chitarra del gruppo. Gli altri componenti sono Giovanni Colatorti, chitarre, Dino Rubini, basso, e Lele Diana, batteria.
La band è tra le più apprezzate dalla critica. I testi e la linea melodica che, da un lato, ti ricordano i grandi cantautori, dall’altro, sono originali, colpiscono il pubblico al cuore.
I quattro ragazzi, incontrati per caso, ben presto cominciano a lavorare insieme in studio ed a pubblicare le prime canzoni. In italiano ed in albanese (i testi sono di Ermal), che entusiasmano il pubblico e convincono la critica, per le emozioni del testo, poetici e diretti, per la grazia e l’intensità della musica.
Per i giovani inizia un periodo di intensa ed ininterrotta attività fatta di concerti live, in locali, festival e concorsi vari. Arriva il singolo “Storia di una Favola” e dopo, a settembre 2009, il primo vero album col nome del gruppo.
Adesso, è in uscita un nuovo album, con canzoni del primo e tre pezzi nuovi. La particolarità del primo disco: contiene anche una canzone in albanese “Në dorën tënde” (Nelle tue mani), accolta molto bene da tutti.
A gennaio “La fame di Camilla” venne prescelta, tra centinaia di concorrenti, per partecipare al festival di Sanremo nella categoria Nuova Generazione. Per Ermal non è la prima volta, poiché ha già partecipato al più popolare festival della musica leggera italiana anche quattro anni fa. All’epoca con un altro gruppo, Ameba4, della fine del quale parla senza dispiacersi tanto ma comunque apprezzandola come un’esperienza utile.
La band porta a Sanremo la canzone “Buio e Luce” scritta e cantata da Ermal, canzone che da circa un mese si può sentire al sito del Festival. “Buio e luce sono figli del sole” dice la canzone, come per dire che il buio non può impedire il ritorno della luce, che la ragione non può nascondere l’identità del cuore. Con la sua poesia, melodia sognante, la canzone ti segna già la prima volta che la senti.
Siamo incontrati con Ermal verso la fine di gennaio, a Roma dove registrava i pezzi nuovi del disco in uscita.
Complimenti, La Fame di Camilla è stato prescelto per Sanremo Giovani. E per te non è la prima volta…
Sono molto emozionato, come fosse la prima. Questa volta vado a Sanremo con una canzone scritta e cantata da me.
La canzone porta le mie emozioni nel testo e nella musica. Si chiama “Buio e Luce”. Oggi abbiamo provato con l’orchestra di Sanremo e mi sono emozionato veramente tanto.
La partecipazione di quest’anno è molto diversa dall’altra volta, io sono molto più emozionato oggi che allora, anche se di solito succede il contrario.
Chi sono i componenti della tua band?
Siamo in quattro nel gruppo.
Io che canto, suono il pianoforte e la chitarra e tre ragazzi di Bari: Giovanni Colatorti, chitarre, Emanuele (Lele) Diana, batteria, e Dino Rubini, basso. I tre ragazzi hanno tanti anni di studi sulle spalle, praticamente io sono quello che ha studiato meno di tutti. Ci siamo messi insieme tre anni fa, per caso.
Ci incontrammo in un negozio di strumenti musicali dove lavorava uno di noi, e dove andavamo spesso tutti. Cominciammo a parlare e subito capimmo che avevamo tanto in comune. Decidemmo di fare una prova in studio per capire se potava funzionare.
E fu una cosa inaspettata: andò tutto benissimo. Dalla prima prova al primo concerto passarono due mesi e da allora non ci siamo più fermati. Ho visto veramente poco casa gli ultimi due anni.
Tutti venivamo da lunghe esperienze, sapevamo cosa volesse dire musica live, per questa ragione ci siamo riusciti subito a dare concerti live.
Comporre e registrare un pezzo in studio è una cosa, ma cantare live in pubblico e tutt’altro. Devi saper rispettare i tempi, devi interpretare, devi dare le giuste nuance, non basta più suonare con esattezza il pezzo.
Tutti e quattro dovremmo essere in piena sintonia, come un corpo solo. Per riuscirci in questo o hai tanta esperienza, o hai tanta fortuna. Penso che nel nostro caso, la fortuna non c’entra affatto.
Avete già pubblicato un disco…
Si, a settembre è uscito il nostro primo disco e questi giorni ne esce un secondo, che contiene alcuni pezzi del primo e alcuni nuovi, fra i quali anche la canzone di Sanremo.
I nostri dischi vengono pubblicati da Universal. Abbiamo un ottimo rapporto: loro hanno fiducia in noi in quanto artisti, noi abbiamo fiducia nel loro lavoro.
Ci troviamo molto bene, sono tutti giovani, capiscono i bisogni di noi giovani artisti, conoscono bene le difficoltà dell’inizio quindi ci aiutano al massimo. Non abbiamo bussato a tante porte per produrre il primo disco.
Siamo stati fortunati che la prima, quella di Universal, è stata quella giusta. Eravamo in un festival dove dovevamo ritirare un premio, e lì abbiamo conosciuto una persona che portò il nostro disco a Universal.
Quando mi telefonarono per dirmi che il disco era piaciuto, quasi svenni. Inizialmente non ci credevo, temevo che qualcuno mi stesse prendendo in giro. Dopo ho visto il prefisso 02 e capii che era una cosa seria. Il prefisso 02 preannuncia sempre qualcosa di importante. Potrebbe essere cattiva oppure buona, ma sempre importante è.
Nel primo disco c’è anche una canzone in albanese “Në dorën tënde”, che per una band italiana non è usuale…
No, no, ti sbagli, il gruppo nostro è italo-albanese. Comunque per un gruppo rock in Italia è qualcosa particolare.
La canzone si piace molto. Il pubblico si gusta fino in fondo la musicalità della canzone senza capire il testo; dopo averlo sentito mi chiamano per chiedermi del testo. Nella maggior parte dei casi preferisco non tradurre le parole del testo, è qualcosa che voglio tener dentro di me, se lo tiro fuori mi sembra che perda valore.
“Në dorën time” mi è venuto in modo naturale in albanese e ai miei amici della band piace tantissimo, tanto che insistono che scriva di nuovo in albanese. Non solo scrivi in albanese, tratti pure temi albanesi.
Hai scritto una canzone per i nostri connazionali che persero la vita nel canale d’Otranto a marzo 1997.
Sentivo che dovevo scrivere qualcosa su quella storia, non perché ero obbligato a farlo, ma perché volevo tirar fuori il dolore che avevo dentro di me. E l’unico modo che conosco è la musica. Qualcuno fa un quadro, un altro una scultura, io faccio musica. Ho dato forma ai sentimenti miei.
Sono molto legato all’Albania, fa parte di me. È fonte di ispirazione: ogni volta che torno da
là scrivo con voga.
Sei venuto a Bari che eri bambino. Ti ha mai pesato il fatto di essere straniero, albanese, in particolare?
Am e mai, ma forse a qualcun altro ha dato fastidio il fatto che sono albanese. Scherzi a parte, il razzismo l’ho sentito qualche volta, ma sono fiero e testardo e non mi lascio mettere sotto. In questo aspetto, con me, è come sbattere la testa al muro, rompi la testa.
Ascolta la canzone “Storia di una favola”
Tradotto con abbreviazioni da “La fame di Camilla zbarkon në Sanremo”