“Bella città: colorata, grande, rumorosa, caotica, piena di vita Tirana.Un po’ come tutte le grandi città, le aree metropolitane..”, – mi disse la mia amica italiana,appena rientrata da una visita dalle mie parti.
“E’ bella sì, la mia città,-le confermai con una certa luce agli occhi,- è speciale”….
Ha un fascino particolare, con il suo misto architettonico,in cui si è parzialmente tenuto conto della sua dimensione e struttura urbana. Ad ogni modo, lei affascina tutti:I propri abitanti,coloro che la visitano frequentemente,ma specialmente coloro che la visitano per la prima volta..
La transizione lunga e continua, sofferta e travagliata ha segnato degli effetti particolari nella vita della capitale e in quella dei suoi cittadini.
Attira Tirana..attira come una calamita tutti coloro che in Albania,fino a poco tempo prima, vivevano nelle zone limitrofe ed anche più o meno distanti da essa. Tutti coloro del paese che, pretendono e sono dotati dell’ ambizione di camminare nella loro vita con dei passi che solo una zona urbana di tale importanza,una città di tali dimensioni e opportunità ne possa offrire;di possibilità e spazi dove potersi esercitare o applicare. A Tirana, lo spazio c’è, anche per coloro che spesso amano fare il passo più lungo della propria gamba …
Generosi i suoi abitanti originari, gente pacata,dalle caratteristiche positive, ospitali, di cuore..
“ Ho visto dei bei edifici, molti ancora in attesa di essere terminati e definiti; ho visto bella gente; siete anche dotati di bei lineamenti fisici tra l’altro,un po’ come tutti nei Balcani;bella gioventù ed all’avanguardia..”- proseguì a riportarmi le sue impressioni la mia amica dal suo recente viaggio..
“Ma” … continuò …
La riconosco la mia amica quando inizia a sentire la necessità di introdurre un ‘ma’ nei suoi discorsi. In generale, i ‘ma’, non mancano ovunque … I ‘ma’ da aggiungere sono molteplici, specialmente gli ultimi tempi, un po’ dappertutto..
Proprio perché la conosco bene e ci vogliamo altrettanto bene, i suoi commenti li prendo obiettivamente,in buona fede,privi di sensi di ironia,polemica e tanto meno offesa..
Non si soffermava questa volta, con le sue considerazioni, su aspetti della mia città di chissà quale genere ( di decisioni o scelte politiche,nella sua amministrazione locale, nel misto delle religioni praticate o altro..)
Forse,soffermatasi su un aspetto apparentemente superficiale, mi fece riflettere per un attimo, quando la sentii dire:
“ Là ho visto della gente molto ben vestita. Ho visto anche della gente vestita molto male..
“Tutto qui? – le risposi. Situazione analoga anche qua in Italia, no? “..
“Certo,- ribadì,- come qua decisamente. Però non saprei.., a parte delle differenze molto accentuate, ho avuto come l’impressione che, mentre per una buona percentuale di gioventù, l’occidente abbia già iniziato a far parte del suo proprio stile e condotta di vita in pieno,grazie anche alla loro apertura intellettuale, ai loro orizzonti esplorati con efficacia, ad esperienze e scambi con l’occidente.., per una buona parte della gente, ti devo dire che non capivo un particolare:
Dove andassero vestiti con degli abiti da sera, già di prima mattina..?”
Qui, mi bloccò su un particolare,quello della gestione dell’abbigliamento di una buona parte di gente della mia città, laddove non la potevo di certo contraddire per il semplice fatto che a volte,fatico a essere di parte.. Non solo: Perché dietro questa osservazione,vedevo una sfilata del ‘guardaroba personalizzato’ abitudinario della mentalità mista, del pensiero multicolore e multiforme della mia città.
Questa constatazione era cruda, ma vera! Senza pregiudizi,serena la nostra conversazione, perché era comunque basata su un argomento leggero e profondo allo stesso tempo. Trattandosi di persone che, in fine dei conti, si possono permettere un certo portamento,di conseguenza associato anche ad un abbigliamento sofisticato,il discorso diventerebbe accettabile e coerente e, rispettando i diritti ed i gusti di ognuno, lo diventerebbe accessibile ancora di più.
Ma nel caso in cui ci si debba sforzare al punto da trasformare sé stessi solo per essere ‘al passo e piacere agli altri’,stando a disagio con sé stessi, questa cosa,un po’ mi infastidisce. E questo,è chiaramente un concetto senza delimitazioni nelle usanze di città o paesi tra il mio o il tuo..
E’ alla fine, questione di personalità e carattere, indipendentemente dalla formazione o cultura, ma che, in certi paesi come il nostro, l’Albania, viene accentuato, determinato da fattori ben più remoti.
Sforzi enormi per preparare delle cerimonie di matrimonio, per esempio, o celebrazioni di qualsiasi genere, festeggiamenti in locali che gareggiano per il lusso,il comfort e i servizi che offrono,quando l’indomani della festa, ci si deve rimboccare le maniche per iniziare a pagare i debiti in cui ci si è immersi..( crisi e situazione economica in generale, a parte..) Solo per il prezzo che tu stesso sei tenuto a pagare all’apparire..
E non mi dire che è la ‘corrente ‘ che ti impone e ti detta questa ‘fatica’, ma il responsabile sei solo tu e il peggio è, che spesso di ciò non te ne accorgi nemmeno..
Mi verrebbe da dirti: “ Ma chi te lo fa fare..?”
Esiste tuttora,per una piccola parte dei cittadini di questa nostra città,una confusione per quanto concerne l’ eleganza e la sua applicazione in concomitanza con il luogo, il momento, le persone, gli ambienti ed i contesti appropriati.
Un’altra cosa importantissima:L’abbigliamento dei bambini! Ma vogliamo metterci in testa noi mamme in primis che, i bambini sono belli da sé e non hanno bisogno di essere vestiti con abiti scomodi da cerimonia,anche semplicemente andando alla scuola materna o partecipando ad una cena con genitori, nonni e zii,o ad una festa di compleanno dei loro coetanei? Che per i piccoli,la praticità e la comodità dei loro abiti, è fondamentale nei loro movimenti e nella loro attività, altrimenti diventa un condizionamento assurdo per la loro felicità,fatta di piccole cose?
Vogliamo accettare e dare sempre più spazio all’abbigliamento sportivo, ( come finalmente una buona parte della gioventù oramai fa, a Tirana)oltre al concetto di praticare dell’attività sportiva in palestra e all’aperto?
Mi vennero in mente le parole di una mia concittadina, quando stavo per preparare la valigia, con l’abbigliamento da portare nell’imminente viaggio che avrei affrontato nella mia città, dopo un po’ di tempo che mancavo da essa..: “E questa valigia? Ma dove stai andando con questi vestiti così …? Così come? ,-le chiesi,- meravigliata,una come me che l’abbigliamento,nel mio piccolo, ci tengo particolarmente a curarlo..
Mah, così ‘semplice’ intendo, affatto ‘appariscente’…,- mi rispose..
Feci un sorriso, perché pensavo di aver capito dove volesse arrivare la mia amica,con questa ‘messa in guardia’ che mi offriva da parte sua, su come mi avrei dovuto vestire per il soggiorno nella mia città..
Attenzione, non è che avrei dovuto preparare chissà quali capi d’abbigliamento secondo lei, ma l’importante che quei pochi che avrei portati, fossero di colori, modelli e fantasie che in poche parole, non passassero inosservati..
Ma con ‘inosservati’, non vorrei lasciare spazio a fraintendimenti di chissà quale genere, solo che la mentalità del posto, in generale, richiede, anzi esige ‘presunzione’. Tale da essere alimentata da una certa superficialità che di certo a me non appartiene. Per cui, tenni in valigia il solito:un tailleur,delle camicette,pantaloni e gonne,una via di mezzo tra elegante e sportivo, scarpe, anch’esse pratiche e fini allo stesso tempo, da non farmi uscire da me stessa, da non farmi sentire a disagio, solo perché il contesto lo imponesse..
Pensavo che per la mia città, l’epoca delle imposizioni fosse finita. Ma mi resi conto che altre e nuove imposizioni queste, per quanto riguarda questo aspetto dei ‘costumi’, sussistevano fastidiosamente. Fastidiose di certo, per chi se ne lascia influenzare, si lascia rapire dal vortice di una certa corrente, spesso confusa con la ‘moda e la contemporaneità’.
Ancora per una volta, Pirandello mi fece riflettere. Amo il suo saggio ‘L’umorismo’,di cui mi rapisce il passaggio: “Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile cosmetico, e poi tutta goffamente imbellita e parata d’abiti troppo giovanili per la sua età. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, in un primo momento e superficialmente, arrestarmi a questa impressione comica. Il comico è appunto un avvertimento del contrario.
Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a truccarsi e ad apparire così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s’inganna che, parata così, nascondendo così le rughe e i capelli bianchi, riesca a trattenere a sé l’amore del marito molto più giovanile di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andare oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario ( l’umorista non si accontenta di sorridere del contrario ma ci riflette e trae conclusioni). Ed è tutto qui la differenza tra il comico e l’umorista”.
Ed è tutto qui la differenza tra il giudicare e il pre-giudicare, il giudicare in maniera frettolosa. Se giudichiamo un fenomeno a modo nostro,è vero ed inevitabile che gli spalmiamo sopra uno’ strato’ di soggettività,ma è altrettanto vero che certi avvertimenti, se dovessero servire per migliorarci, sotto qualsiasi aspetto,ben vengano.
Perché spesso e volentieri,tornano di valore ed attuali i vecchi detti: “Non è tutto oro quel che luccica”..
Spesso, ho come l’impressione che la troppa lucentezza nasconda dei brividi, che non sono altro che un ‘dono’ di certe penombre..