Come un po’ tutti i nipotini, da piccola andavo volentieri a casa della nonna. Così, alla fine delle elementari ed agli inizi delle medie, quando iniziai ad avere il consenso dei miei per girare da sola o in autobus per la città,il fine settimana dopo scuola, prendevo l’autobus con delle amiche e raggiungevo la nonna! Ero contentissima, non solo perché per me,lei era una persona così speciale e che nel mio cuore ha sempre occupato un posto privilegiato, anche ora che fisicamente se n’è allontanata per sempre, ma anche per un altro motivo: Lei viveva da sola.
Era felice di vivere da sola,perché era una donna molto forte,indipendente,anche se con una collezione di malattie, ma non voleva mai convivere con i figli, i quali avevano ormai creato le loro famiglie. Per il modo di organizzare la vita familiare in Albania,per i figli, vivere insieme ai genitori anziani, anche da dopo sposati, era una cosa consueta per la maggior parte dei nuclei familiari. Un po’ per mentalità, un po’ perché la situazione fragile economica delle famiglie, in un certo modo imponeva questa convivenza per facilitarne la gestione.
Lei invece, no! Lei doveva vivere da sola nel suo appartamento in città e guai chi le nominava di spostarsi per poter usufruire dell’aiuto e assistenza dei figli. Io dunque,da bambina, a parte che le volevo molto bene, ma vedendola da sola,perché si univa a noi certamente la domenica di solito, oppure eravamo noi tutti,figli e nipoti ad andare a mangiare da lei,sentivo questa necessità affettiva di andarla a trovare nel fine settimana.
Appena arrivavo dopo scuola, era oramai ora di pranzo, trovavo il pranzo pronto, possibilmente con qualche piatto che lei sapeva che mi piacesse, come il’ byrek’, il quale come lo faceva lei, non lo faceva nessuno.., o qualche dolce ,’kek’, oppure ‘revani’.. Mangiavamo tutt’e due, io dopo sparecchiavo e le dicevo: ‘Nonna, ora tu vai a riposare, io faccio le pulizie della casa..’Ci tenevo a sistemare ed a darle una mano in casa, anche se lei era una grande lavoratrice e si dava molto da fare, ma ad ogni modo, la salute le impediva di fare più di tanto..
Quando si svegliava dal riposo pomeridiano, trovava la casa bella e profumata..
Io, sapevo che il nostro rituale del pomeriggio, sarebbe presto arrivato, e sapete di cosa si trattasse?
Del momento di tostare e poi macinare il caffè! Io ne ero appassionata..
La nonna era anche una grande fumatrice,non riusciva a smettere di fumare e il caffè per lei, assieme al fumo,erano i suoi buoni amici durante le sue giornate … Per la salute, essi ‘buoni’ lo erano un po’ meno, ma comunque le servivano da colmare forse dei vuoti che le causavano certi pensieri, uno dei quali, forse, la lontananza dalla sua terra…
Il caffè lo prendeva rigorosamente ‘alla turca’, così come in tutte le case albanesi e nei Balcani in generale. Per di più,il caffè alla turca era ‘il suo’ caffè, perché lei stessa non era albanese, lei veniva dalla Turchia!
Per la sua preparazione,oltre ai pentolini speciali,chiamati ‘xhezve’ ,ci si doveva pensare prima alla tostatura.
Dunque per la tostatura, che era tra l’altro uno dei miei incarichi così divertenti,occorreva:
Non avendo cucine attrezzate, a limite un piccolo fornellino elettrico,che lei scartava, tradizionale com’era,ma preferiva il fornello a kerosene sul quale appoggiavamo l’antico tosta caffe’ ( dollapi i kafes ose qebapi i kafes)..! Mi mettevo seduta e facevo girare questo tosta caffè destra e sinistra, da non sentire più il polso..
La nonna, dopo un po’ arrivava per verificare se la tostatura era giusta, aprendo la finestrella dell’utensile e se il colore e il profumo erano adatti, potevamo ritenere ottimata la tostatura..
Ero meravigliata da questi bei chicchi di caffè, che li immaginavo danzare dentro questa ‘pista da ballo’,bollente e che, allo stesso tempo, si scaldavano cosi’ tanto, come i danzatori quando ballano energicamente,essi addirittura abbrustolendo ed emanando un profumo meraviglioso in tutta la casa.
Ma non era finito qui: Il caffè andava anche macinato! Quindi, il tempo di far riposare un po’ i polsi, mi mettevo appassionatamente a macinare il caffè nel vecchio mulino di ottone della nonna. Il mulino,girando a fatica inizialmente, in quanto le sue lamette interne si scontravano con la durezza dei chicchi del caffè, pian – piano, iniziava ad alleggerirmi il lavoro e il caffè diventava una bella polvere fine..
La nonna lo versava nel suo apposito contenitore e quando arrivavano le sue amiche, i miei genitori, gli zii e così via, il momento della consumazione del caffè, da sempre così gradevole, diventava per me anche un bel momento di soddisfazione per il mio impegno…
Sono piccole cose queste certamente, ma per noi della generazione che ha vissuto il passaggio da un’epoca così arretrata per il nostro paese,ad un’altra più all’avanguardia da molti punti di vista, lasciano un buon gusto dentro di noi,indipendentemente dalla vita difficile, le privazioni e le carenze di ogni tipo,tranne la carenza affettiva di parenti e amici che teneva orgogliosamente,un primato di importanza..!