Nel corso del 2011 quanti danno vita a questo giornale on line si sono interrogati e confrontati sul futuro del sito; collaboratori occasionali, presenze assidue, redattori e direttore hanno discusso sul senso da dare al futuro di questo luogo immateriale.Nessuno può dire come sarà Albania News fra un anno, quali strade imboccherà, ma, mentre riguardo la sua prima pagina, mi pare di vedere in trasparenza la stessa trasformazione della comunità che lo ha voluto e animato. Dietro le quinte c’è un gruppo di ragazzi albanesi, sempre meno ragazzi, sempre più adulti, ma gli strilli della prima pagina parlano di green economy, di Balcani, di futuro dell’Italia e dell’Europa. Insomma nulla a che fare con l’aria viziata dei circoli chiusi, delle comunità etniche autosufficienti, nessuna riserva indiana. AlbaniaNews semplicemente somiglia a ciò che oggi è la comunità degli albanesi in Italia. Non è poco, visto che tanti giornali fatti da professionisti di questo mestiere non riescono invece a somigliare per niente all’Italia vera, all’Italia che ci si ritrova accanto in autobus, dal panettiere,al bar e quasi ci si stupisce che esista ancora.
Ed ecco perché, mentre il nostro Paese cambia, noi, che pure lo abitiamo e gli diamo corpo, ancora lo pensiamo come era un tempo, senza riuscire a vederlo per com’è davvero, oggi.
Qualche spunto di vita quotidiana. A febbraio scadono i termini per le iscrizioni dei bambini a scuola. E c’è ancora chi va a scegliere l’istituto scorrendo gli elenchi dei ragazzini iscritti per vedere quanti ce ne sono con cognomi stranieri. “È pieno di cinesi!”, o di serbi, o di albanesi…Bene. La realtà dice però che quei bimbetti cinesi, serbi, albanesi o ghanesi parlano perfettamente l’italiano, i dialetti delle nostre città e né loro né i loro amichetti italiani fanno alcun caso alla diversità dei cognomi. La realtà dice anche che ormai la quasi totalità di questi ragazzini è nata in Italia. Nelle loro classi non c’è alcun bisogno di programmi specifici o di insegnanti di supporto. I programmi ministeriali scorrono come l’olio… l’unico intralcio sono i tagli al personale, la mancanza di manutenzione agli edifici, le carenze di fondi per progetti educativi e materiali di laboratorio, non certo la piccola Chang o il piccolo ’Ngwen, con i quali i maestri dialogano senza difficoltà, come col piccolo Mario Rossi.
Questa è la nuova Italia che ancora non percepiamo pur avendola intorno.
L’anno si sta concludendo con una corsa forsennata. In pochi giorni si mettono in atto manovre economiche complicatissime per evitare che l’Italia cada nel burrone del fallimento economico. In pochi giorni si lanciano segnali al mondo affinché torni a credere in noi e nella nostra serietà. E’ urgentissimo farlo, perché poco al di là c’è il precipizio. Ed è solo ora che siamo sul ciglio di esso, che (forse… non è detto) ci rammarichiamo per il tanto tempo perso. La crisi era cominciata nell’autunno del 2008, tre anni fa. Ma il parlamento che ora sforna decreti a raffica, discuteva allora del “processo lungo” dopo aver archiviato la discussione sul “processo breve”. In fondo i ristoranti erano ancora pieni.
Ma non solo in economia l’Italia ha perso tempo. All’inizio di questo dicembre 2011 a Torino una ragazzina sedicenne rimasta incinta, per non aver problemi a casa, ha detto di essere stata stuprata dagli “zingari”. E così è stato assaltato e distrutto il campo nomadi. È successo vent’anni dopo il delitto che Erika ed Omar, a Novi Ligure, cercarono di attribuire a “degli albanesi”.
Ecco, l’Italia si è cincischiata nel nulla se una ragazzina ancora oggi sente colpa e vergogna per essere rimasta incinta. E siamo rimasti fermi se ancora una volta, come vent’anni fa, la colpa viene riversata non su qualcuno a caso, ma su una categoria “marchiata” da una specie di colpa d’origine, gli stranieri, gli zingari, gli “altri”.
Sempre dicembre 2011. Il fanatico che a Firenze esce di casa e spara ai senegalesi al mercatino era un pazzo? La risposta è in internet: si vada a vedere quanti apprezzamenti ha ricevuto per il suo gesto. E la stessa cosa vale per l’assalto al campo rom di Torino: ci sono blog pieni di post di gente “per bene” che ha plaudito al raid della squadraccia, tutti ovviamente molto arrabbiati nei confronti della ragazzina che con la sua bugia ha sminuito la “legittimità” della lezioncina impartita ai rom…Pensavamo che vent’anni di un certo linguaggio razzista potessero non dare frutti? Pensavamo di potercela cavare all’infinito definendo quel linguaggio “provocatorio”, “colorito” ma alla fin fine innocuo? È andata anche bene se questo veleno sparso a piene mani per vent’anni non ha prodotto tragedie peggiori.
Anche questo è un campo in cui l’Italia deve correre e far presto. Forse è addirittura più difficile che rimettere a posto i conti, ma è una ragione in più per darsi da fare.Un segnale efficace di cambiamento sarebbe, per esempio, una nuova legge sulla cittadinanza, per la quale sono innumerevoli le petizioni in corso in tutto il Paese e innumerevoli sono le firme raccolte. Renderebbe l’Italia ufficiale, quella dei registri di stato civile, più aderente all’Italia reale, quella dei piccoliChang e ’Ngwen che non si sentono per nulla stranieri.
Ad AlbaniaNews, l’augurio di conservare la capacità di descrivere questi cambiamenti, ritrovando fra un anno, alla fine del 2012, la sua prima pagina ancora somigliante alla realtà.Buon Anno Nuovo ai vostri lettori, ai collaboratori, alla redazione e al direttore.