L’anno scorso “Fuorirotta” aveva portato i suoi viaggiatori in Mozambico. L’anno prima in Vietnam. Questa volta la meta è più vicina, appena dall’altra parte dell’Adriatico, è l’Albania.
Il sito dell’Agenzia albanese del turismo è accattivante e pieno di foto ma con un numero telefonico inservibile, perché sbagliato alla voce “contact”. Alla voce “statistics”, invece, si legge che da gennaio ad agosto di quest’anno i turisti italiani sono stati 70mila.
Settantamila? E perché non mi capita di trovare persone che mi raccontano della loro vacanza in Albania? Amici, conoscenti, colleghi, parenti partono per le ferie e quando tornano non mostrano foto scattate a Durazzo o a Saranda o sul lago di Prespa. Dove sono questi settantamila viaggiatori?La nostra ambasciata a Tirana non ha stime. “C’è un grosso andirivieni, dalla Puglia soprattutto, ma i turisti italiani veri e propri sono pochissimi”, mi dice un cortese funzionario. “Questa estate abbiamo visto per esempio una dozzina di camper…”.
Marjola Rukaj, albanese, redattrice di Osservatorio Balcani, del suo Paese sa veramente tutto e le chiedo un parere. “Nelle statistiche ufficiali vengono considerati come turisti stranieri persino i migranti che tornano a casa”, mi risponde. E così una parte di quei settantamila italiani, è probabilmente composta da albanesi, ma con la nostra cittadinanza: ogni anno sono circa 2000 gli shqipetari che prendono il passaporto italiano. Ed ogni anno, da poco meno di vent’anni, sono centinaia di migliaia gli albanesi che a Natale e in estate tornano in patria per le vacanze.
Insomma non so se sono di più gli italiani che vanno in Vietnam o quelli che visitano l’Albania. Credo però che il Paese scelto quest’anno da “Fuorirotta”, benché geograficamente vicinissimo, ci sia ancora sostanzialmente sconosciuto.
Eppure gli albanesi in Italia sono ormai 450mila, 15mila di essi appartengono al “popolo delle partite IVA”, oltre 10mila studiano nelle nostre università.
Improvvisamente, nel ’91, comparvero dinanzi alle coste della Puglia e ci restituirono in un baleno la memoria di un Paese che avevamo completamente dimenticato (rimuovendo anche un pezzo della nostra storia, storia coloniale ma non solo). Poi, passata l’emergenza degli sbarchi, l’Albania è tornata nell’oblio. E per noi “gli albanesi” sono rimasti una pura categoria emotiva, suscitata dalla cronaca nera dei giornali. Loro percepivano la nostra paura, la nostra diffidenza, il nostro fastidio e per quasi vent’anni hanno “navigato” fra noi, nella nostra società, “sotto traccia”. Nascondendosi. Cercando di offrire la minor visibilità possibile, schiacciati dagli “albanesi” dei titoli dei giornali.
E così in una città del nord-est più mitteleuropeo ho scoperto che i gestori del rinomato ristorante greco erano in realtà albanesi, magari del sud, di quell’Epiro che ha tanto in comune, compresa la cucina, ma albanesi. Ed erano “sotto traccia” i due operai che sono venuti a fare una riparazione in casa e tra loro parlavano in italiano “perché se la gente sa che siamo albanesi ha paura e neppure ci fa entrare”.Vent’anni passati così. Ed anche peggio. Ed intanto nelle scuole i loro figli conquistavano maestri e professori. Se c’è una categoria che in Italia non ha mai avuto pregiudizi nei loro confronti, è forse proprio quella dei docenti. “Chi non sa niente di scuola parla di classi solo per stranieri sostenendo che rallenterebbero il programma”, ha sbottato un giorno un’insegnante d’italiano di un liceo triestino. “Ma i più brillanti, quelli più ricettivi, i più impegnati sono loro, gli albanesi e gli stranieri in genere…”.
A Tirana si rendono conto che, da quest’altra parte dell’Adriatico, di loro si sa ancora poco o nulla, e perciò l’Agenzia nazionale del turismo, per una campagna pubblicitaria, ha scelto lo slogan “Albania, the last secret”, l’ultimo segreto.
Pare abbia funzionato: quest’anno i clienti degli alberghi albanesi sono cresciuti del 24 per cento rispetto al 2008. E ciò nonostante l’impossibilità di telefonare all’Agenzia, a causa di quel prefisso sbagliato. Il fascino del mistero.
Antonio Caiazza (autore del libro “In alto mare. Viaggio nell’Albania dal comunismo al futuro”)Galleria Immagini{gallery}fuorirotta{/gallery}Foto Luca d’Agostino/Phocus Agency © 2009