“La Nazione e lo Stato albanese rinascono nei nostri tempi moderni dalla visione, dall’idealismo, dalla dedizione e dai sacrifici dell’elite intellettuale della diaspora in Oriente e in Occidente.”
Skënder Buçpapaj – “Lei è uno dei pochi Albanesi che scrivono in una lingua straniera. A dire il vero, lei è l’unico Albanese che scrive solo in lingua straniera. In qual modo questa “dualità” (l’essere un Albanese che scrive in inglese) la influenza come scrittore?
Gëzim Alpion – Io sono partito dall’Albania per studiare al Cairo nel 1985 e da allora che comunico, scrivo e pubblico in inglese.
Skënder Buçpapaj – Importante e anche di interesse per Lei come filosofo, sociologo, scrittore e pubblicista è stata la rappresentazione del “diverso” nei media britannici ed europei, cioè nel dare spazio all’immagine dell'”altro” in questi luoghi. In questo contesto si trova anche l’immagine dell’albanese; fino a ieri totalmente fuori da quest’ambito, oggi in un certo senso ancora estraneo. Quali sono le sfide che tengono dentro di sé il suo interesse riguardo la questione albanese? E, com’è l’albanese in rapporto con l’altro straniero?
Gëzim Alpion – Il mio obiettivo come studioso e autore quando affronto la tematica albanese per i lettori e l’audience occidentale è quella di essere più possibile informato e obiettivo, e di trattare non temi esotici, che in Occidente continuano ad essere preferiti, ma dei temi quali testimoniano per i veri valori e le sfide della nostra Nazione. In Occidente l’argomento sull’Albania e altri piccoli paesi “non civilizzati” e “non importanti” continua ad essere tendenzioso, non sempre ben-informato, e in alcuni casi anche insidioso.
Skënder Buçpapaj – Lei scrive in lingua straniera e per un pubblico straniero. E scrive più che altro per l’elite straniera. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questa scelta che Lei ha fatto? E poi, quanto le manca il pubblico albanese e quanto le manca quello comune?
Gëzim Alpion – Gli studi accademici sicuramente non sono destinati ad un alto numero di lettori. Da studioso e scrittore ho le nozioni d’elite su che significa essere autore. Questo non significa che sottovaluto il lettore comune, ma, che l’autore non deve fare dei compromessi con la tematica e/o lo stile nello scrivere per avere un numero più alto possibile di lettori. L’autore non deve puntare sul livello del lettore, ma deve far sì che il lettore arriva al suo livello.
Questa non è molto facile, ma, si può arrivare se la lingua applicata negli studi scientifici non si complica pesantemente e a volte inutilmente per una forma di snobismo intellettuale. Le tematiche complesse e le conclusioni ricercate si trattano e si esprimono molto meglio con termini semplici. Prima di tutto lo studioso, come lo scrittore, deve essere maestro della scrittura. La lingua in letteratura è sicuramente più vicina alla lingua quotidiana delle persone, ma la “semplicità” di questa lingua deve avere le capacità di trasmettere le idee più importanti, e deve essere uno strumento efficace nel trattare delle delicate questioni dove il lettore comune – diversamente dal lettore-studioso – si mette in contatto solo tramite la letteratura. Le questioni soprastanti della lingua di cui parlo, le ho in considerazione nelle mie pubblicazioni come studioso e scrittore, particolarmente negli studi su Madre Teresa di Calcutta o negli scritti letterari artistici trattando il tema dei rifugiati e di asilo politico degli albanesi in Occidente. Il pubblico non mi manca. Sono in contatto continuo con dei lettori e studiosi stranieri e albanesi, dove mi scrivono interessati di sapere sulla mia attività scientifica e letterale; di farmi delle domande dopo che hanno letto i miei libri o semplicemente di condividere con me le loro impressioni e i pensieri riguardo le mie pubblicazioni.
Skënder Buçpapaj – Lei è lettore nell’Università di Birmingham. Fa delle ricerche in sociologia dei media, della fama, della religione e della nazionalità. Oltre a questo opera anche nella letteratura artistica. La sua visione e le sue conclusioni le affronta nei forum accademici. Si sente un pò diviso fra tutti questi interessi. Come riesce ad organizzarsi e trovare un equilibrio, e dare quell’armonia fra la ricerca scientifica e l’attività letteraria? E nella vita privata?
Gëzim Alpion – Il ricercatore e lo scrittore in me sono due “fratelli” che non sono in rivalità fra loro ma complementari. Ci sono delle questioni che si possono trattare meglio, in modo più completo e più profondo tramite gli studi scientifici in diverse discipline accademiche. Stessa cosa anche per la creatività. Alla fine sia lo scienziato che lo scrittore hanno lo stesso scopo: gettare luce sui misteri dell’uomo.
Skënder Buçpapaj – Uno dei suoi libri degli ultimi anni è “Madre Teresa: Santa o Celebrità ?”. Su questo Personaggio sono stati scritti infiniti libri, però quello suo ha attirato un particolare interesse come l’analisi più esauriente e autorevole di questa figura. L’uscita del libro coincide in un periodo quando nell’opinione albanese si stanno riguardando tutte le figure della nostra storia, addirittura anche il nostro eroe Scanderbeg; a tal punto che si stanno mettendo in dubbio anche tutti i valori positivi di una volta. Come vede questo fenomeno nella visione dell’immagine dell’albanese nel mondo, e dell’identità albanese in sé, e che ruolo gioca l’elite albanese in questo contesto?
Gëzim Alpion – Il fatto che le nostre figure nazionali vengono analizzate e riguardate è positivo e inevitabile. Una figura nazionale che non attira l’interesse nei momenti cardini della storia di un popolo, forse non merita nemmeno di essere classificata come personalità di quel popolo. I personaggi nazionali sono un po’ come le Divinità; le generazioni si rivolgono a loro per ispirazione, per trovare delle risposte sui grandi problemi da affrontare. Dispiace però constatare che i motivi per i quali si riguardano ignorano e infangano alcune di queste figure nazionali al giorno d’oggi; sono o infondati o insensati. Per quanto riguarda lo studio e l’analisi della nostra storia e delle nostre figure storiche, noi siamo rimasti lì dove eravamo: autodidatti e soggettivi. Scrivere la storia è sempre un lavoro difficile, ma nel nostro caso sembra come impossibile. Questo è il motivo per cui uno dei popoli più antichi del mondo come il nostro è rimasto con un profondo deficit nei record storici e per quanto riguarda le analisi obiettive dei momenti fondamentali della nostra storia, soprattutto dei tempi moderni. Se per il periodo precedente fino al 1912 non esitiamo dar la colpa agli altri per la mancanza delle documentazioni storiche e per le interpretazioni tendenziose della storia, negli ultimi cent’anni i peccati sono principalmente nostri, La storia come disciplina è quella più danneggiata delle scienze sociali albanese. La politizzazione della storia rimane un serio problema adesso nel pluralismo politico quanto nei tempi dei regimi del Re e quello comunista. Il consiglio di Konica nel 1902 riferendosi all’Ali Pashe Tepelena che “le figure storiche si devono analizzare e studiare no nel contesto del presente, ma nel medesimo tempo in cui loro hanno svolto la loro attività”, ancora oggi non viene presa in considerazione con attenzione dagli storici albanesi. Sia Zogu, che Hoxha e altri personaggi della politica albanese delle ultime due decade, per quanto si vede, pensano che, sono loro che hanno fatto nascere l’Albania. Questa è la ragione principale del perché la storia albanese dell’ultimo secolo è – e temo che andrà ancora avanti così purtroppo per un bel po’- una storia frammentata.
Skënder Buçpapaj – L’identità albanese e l’immagine albanese sono due dei temi più discussi tra i diversi livelli dell’opinione albanese, nel quadro della nostra integrazione occidentale e globale. Nel frattempo i suoi interessi di ricerca scientifica e letteraria sono concentrati nel triangolo Occidente-Mondo Arabo-India. Come spiega ai nostri lettori questa scelta geografica dei suoi interessi? E, quanto può trovare di se stesso l’albanese in questo caso, e anche Lei come individuo in questa geografia?
Gezim Alpion – Così come adesso, gli albanesi per quasi duemila anni hanno vissuto nell’ apogeo delle civiltà dominanti senza piena integrazione generale in tutto. Indipendentemente da questa esistenza periferica, il nostro popolo ha fatto nascere in continuazione personaggi di una importanza internazionale i quali con la loro visione hanno dimostrato che gli Albanesi sono predisposti di essere idoli nell’emancipazione dell’umanità. Questo nei tempi moderni, nella prima metà del diciannovesimo secolo lo ha dimostrato Muhamet Aliu il quale con la forza della volontà e la sua perspicace visione fondò l’Egitto moderno orientandolo verso la civiltà occidentale. Dopo, come sintesi dello spirito pratico e della ricchezza d’animo del nostro popolo diventa Madre Teresa di Calcutta che durante la seconda metà del ventesimo secolo incarnò in pratica la beneficenza cristiana e il rispetto per la dignità umana in un paese come l’India dove la cristianità con tutte le sue tradizioni di duemila anni è rimasta ancora una religione “straniera”. Io ho avuto la fortuna di studiare in Albania, Egitto e Inghilterra e il privilegio di conoscere da vicino e scrivere su temi che trattano le civiltà occidentale, egiziana e indiana.
Skënder Buçpapaj – Le sue due opere artistiche: la tragedia “Vouchers” e il dramma “If Only the Dead Could Listen’ trattano i temi dell’asilo politico e dei rifugiati in Gran Bretagna. Il conflitto più doloroso in queste opere drammatiche è quello del riconoscimento fra gli albanesi nelle due zone della frontiera di un tempo: quello di un traduttore albanese e un kosovaro in cerca dell’asilo politico. Come vede questo fenomeno nel quadro del riconoscimento fra Albanesi, soprattutto nell’ambito della diaspora albanese in Occidente e nei suoi rapporti con la nostra dimensione nei Balcani?
Gëzim Alpion – Come drammaturgo nel trattare il tema del riconoscimento il mio obiettivo è di evidenziare che non ci sono “una nazione albanese” e “una nazione kosovara” ma solo una nazione albanese. Non dobbiamo confondere le nozioni di “stato”, “nazione” e ” nazione-stato”. I confini geografici come Nazione dettati forzatamente non hanno cambiato il nostro carattere nazionale. La specifica degli sviluppi sociali in Albania e Kosovo (e anche nei territori dove vivono albanesi in Montenegro, Macedonia e Grecia), deve essere studiata come un fenomeno naturale, ma questa specificazione non è un’affermazione e non deve essere interpretata come testimonianza della nostra identità “dimezzata”.
Skënder Buçpapaj – Queste opere sono state messe in scena nei teatri occidentali. Ha pensato di metterle anche sul palcoscenico albanese?
Gëzim Alpion – Dopo la prima britannica, la Compagnia Teatrale Dreamscape che ha messo in scena in Birmingham e Wolverhampton nel 2006 e 2008, ha ricevuto degli inviti dal Teatro Nazionale di Tirana e di Pristina. Amanti dell’arte drammatica in Serbia e Croazia sono rimasti impressionati dalla tematica e il messaggio del dramma per le regioni dei Balcani; e si sono impegnati per la troupe inglese di poter fare un tournee in questi due paesi. Per quanto ne so, dirigenti di teatro, registi e attori di Tirana, Scopje e Tetova, hanno mostrato interesse per il dramma. Siccome è scritto e pubblicato in inglese, rimane il problema della traduzione. Io seguirò con grande piacere e interesse la prima albanese dovunque e in qualunque momento che si realizzi. Ad Agosto farò la presentazione del dramma in Hotel Tirana; questa attività si organizzerà dal Sr Mujo Buçpapaj, Direttore del Centro Internazionale della Cultura Arbnori.
Skënder Buçpapaj – Parte della diaspora in Occidente siamo anche noi gli intellettuali che viviamo e lavoriamo qui, indipendentemente dalle caratteristiche di ognuno di noi come individui e categoria. Come vede il ruolo della elite albanese nella diaspora riguardo l’immagine albanese, l’identità albanese nel contesto dell’integrazione della diaspora in Occidente e il suo ruolo in Patria?
Gëzim Alpion – La Nazione e lo Stato albanese rinascono nei nostri tempi moderni dalla visione, dall’idealismo, dalla dedizione e dai sacrifici dell’elite intellettuale della diaspora in Oriente e in Occidente. Anche oggi l’elite intellettuale albanese in diaspora può e deve avere un grande ruolo, e non solo per migliorare l’immagine ancora negativa del nostro paese nel mondo.
Oggi l’elite albanese nel mondo è attiva, ma non ben organizzata. Quello che faceva imperativo l’organizzazione della diaspora nei tempi dei fratelli Frasheri, Konica, Noli e Qemali era la mancanza di uno Stato albanese. Nel giorno d’oggi l’elite intellettuale che è emigrata sarà in grado di organizzarsi ancora meglio e di conseguenza di servire con più efficacia al nostro paese, se in Albania e in Kosovo esisteranno istituzioni governative a lavorare in diretto contatto con l’emigrazione e con la propaganda della cultura albanese nel mondo. È assurdo che un popolo come il nostro dove una parte considerevole si trova in tutto il mondo, ancora non ha un ministero di emigrazione né a Tirana, né a Prishtina. Lo Stato albanese e quello kosovaro devono investire per creare un ministero o istituto dove operare principalmente per la propaganda della cultura nazionale nel mondo. Una tale istituzione deve avere dei fondi a disposizione ed essere adoperati in forma di borsa ecc, per dei studiosi stranieri interessati per la cultura, la lingua e le nostre tradizioni. Se veramente vogliamo essere conosciuti dal mondo dobbiamo investire, e anche molto. Gli Istituti Goethe e British Council sono degli esempi dove il governo di Tirana e di Prishtina possono imparare in questa direzione. Fin dalla nascita dello Stato albanese, la propaganda della nostra cultura nel mondo è stata fatta e ancora si fa in maniera amatoriale e spesso in modo ridicolo dai diplomati albanesi. Purtroppo un numero considerevole dei diplomati albanesi ancora oggi non sono in grado di rappresentare il nostro paese dignitosamente nel mondo. Alcuni di loro sono non solo non qualificati come si dovrebbe nell’arte della diplomazia, ma non hanno nemmeno il livello dell’istruzione, quello culturale e linguistico come degni servitori della cultura albanese nel mondo.
Skënder Buçpapaj – Quando ci troviamo nell’identità e l’immagine come parte della nostra crisi spirituale, si vede anche l’abbandono che ha fatto il lettore albanese alla letteratura albanese? Dall’altra parte abbiamo anche un’ansia di affanno degli autori per rimaner nella storia della letteratura albanese o per entrare con lo stesso status di prima in ogni storia della letteratura riscritta? Come vede questo problema soprattutto nel modo dello studio della letteratura albanese nelle scuole?
Gëzim Alpion – Io non ho abbastanza informazioni per commentare di come e quanto si studia la letteratura albanese in Albania quest’ultimi venticinque anni. Ma se il lettore albanese è davvero distanziato in questo grado dalla letteratura, questo fatto è preoccupante perché non esiste letteratura senza lettori. Per quanto riguarda la tendenza di alcuni autori per rimanere o entrare a tutti i costi nella storia della letteratura albanese posso dire che, chi è convinto che la sua opera resisterà alle prove del tempo, lui non ha perché preoccuparsi, perché la vera arte si riscopre e sopravvive anche se può venir ignorata o dimenticata per negligenza in breve tempo. I veri scrittori sanno che la loro opera viene apprezzata in modo obiettivo solo dopo la morte. Sicuramente questa non è una bella cosa per quelli che scrivono, ma gli scrittori seri non scrivono per rimaner nella storia, ma perché vedono la creazione come un dono misterioso e una missione divina per parlare in nome dell’umanità. Ezra Pound dice che “la letteratura è una notizia che rimane notizia”. Chi è convinto che ha detto una cosa nuova non si deve preoccupare perché non entra nella storia della letteratura da vivo.
Skënder Buçpapaj – Quanto siamo in grado noi albanesi di scrivere la nostra storia, in questo contesto, anche la storia della letteratura albanese? Dovevano decidere gli altri per noi? Quanto e come doveva essere il ruolo degli altri in questo aspetto?
Gëzim Alpion – Solo quando la scienza albanese sarà indipendente dalla politica noi saremo in grado di scrivere in modo obiettivo la nostra storia e la nostra letteratura. Gli esperti albanesi della storia del paese e gli storici della letteratura albanese devono studiare di più ed assimilare meglio la grande esperienza che i loro colleghi nel mondo, soprattutto in Occidente hanno in questa direzione.
Penso che gli esperti albanesi devono collaborare con gli esperti stranieri della storia albanese e della storia della letteratura albanese, e noi dobbiamo sentirci felici che ci sono quelli, ma di non avere con loro rapporti di Guru e Discepolo. Lezioni in questo senso devono prendere anche gli studiosi albanesi delle altre discipline scientifiche. Per noi albanesi fino agli ultimi anni, hanno parlato solo gli occidentali, una buona parte dei quali non sono di competenza specialistica sulle questioni albanesi.
Dalla mia esperienza ho fatto caso che la tematica albanese nell’accademia occidentale non si considera di moda, e non si prende molto sul serio, soprattutto quando gli studiosi sono albanesi. Questo ha fatto sì che un numero di intellettuali albanesi, dove nelle due ultime decade hanno studiato in Occidente, o non trattano le tematiche albanesi o le trattano sotto l’influenza e la visione degli studiosi occidentali con i quali collaborano per dei temi di ricerca sull’Albania, Kosovo, le terre albanesi e i Balcani. All’inizio della carriera accademica questo è un metodo normale da parte degli studiosi albanesi i quali affermandosi dopo come studiosi spero in una loro piena autonomia nelle scelte e i trattamenti delle questioni albanesi.
Skënder Buçpapaj – Rimaniamo nel tema della letteratura. Prima con l’investimento dello Stato, adesso con l’investimento degli autori e i loro circoli, la nostra letteratura continua essere tradotta e pubblicata fuori dai confini. Indipendentemente da questo ancora non riesce a trovare il lettore straniero. Come si vede dagli ultimi scritti di questi giorni ‘Visar Zhiti dhe fundi i vetmisë së Kadaresë’, questa preoccupazione ce l’ha anche Lei. Come spiega questo fenomeno? Quant’è la responsabilità della letteratura e quant’è quella delle congiunture trasmesse o nuove. Quanto ci si deve preoccupare di questo?
Gëzim Alpion – Alcuni titoli di qualità della letteratura albanese sono pubblicati e continuano ad pubblicati in lingue straniere, ma in questo senso si deve fare ancora di più. Quando la critica letteraria albanese si alzerà di tale livello, ci saranno molte possibilità che gli editori stranieri si rivolgeranno a esperti della letteratura albanese per la scelta dei titoli che vorranno tradurre.
Skënder Buçpapaj – Può informare il nostro lettore con le nuove pubblicazioni e con i suoi piani creativi nel prossimo futuro?
Gëzim Alpion – Negli ultimi tempi ho studiato e pubblicato sulla creatività del cineasta Satyajit Ray. Pochi giorni fa Globic Press ha messo in circolazione l’edizione americana del libro “Encounters with Civilizations: From Alexander the Great to Mother Teresa”, che all’inizio è stato pubblicato dal Meteor Books in India l’anno scorso. È più di un anno che studio l’opera di Konica e prossimamente inizierò un modesto studio dove fra l’altro prenderò a trattare l’argomento sul Konica come l’intellettuale albanese non solo il più illuminato dei suoi tempi come fin adesso si è argomentato dagli esperti albanesi di Konica, ma anche – secondo me – uno dei più grandi intellettuali occidentali della prima metà del ventesimo secolo. A mio parere, l’analisi che Konica fa alla produzione massiva del capitalismo e lo standard dei gusti come una delle conseguenze di esso, lo rendono uno dei precursori della scuola di Francoforte.
Fonte: VOAL – Voice of Albanians
Tradotto da: Viola Kaltra