“Shtëpia është e Zotit dhe e mikut – La casa è di Dio e dell’ospite”. Esiste un elenco degli “Stati Giusti tra le Nazioni” e l’Albania ne fa parte grazie alle persone e a enti che durante la II Guerra Mondiale hanno salvato centinaia di Ebrei dall’Olocausto anche a rischio della propria vita.
Ermal siede di fronte a me in un pomeriggio estivo, uno spritz per rinfrescarsi il palato e riprendere fiato, e io assorta ad ascoltare la sua storia fatta di tanti personaggi, albanesi, bulgari, americani e gli intrecci delle loro vite dagli anni ’40 ai giorni nostri.
E’ il 1943, il giorno della Festa della rottura del Digiuno e Rifat Hoxha di buon mattino si reca nella sua pasticceria nei pressi della sua casa di Tirana. Lo aspetta molto lavoro, sa che i suoi dolci sono molto apprezzati nella zona e sa anche che è un giorno di festa per lui e la sua famiglia, devoti alla fede islamica, un giorno speciale che può aiutare a dimenticare per qualche ora la guerra in corso e le sorti ignote della sua terra.
E’ infatti il periodo della capitolazione italiana e il testimone è già passato all’occupazione nazista. Improvvisamente alla sua porta entra un signore accompagnato da una giovane signora ed un bambino intorno ai 6 anni.
Io vengo dalla Bulgaria, mi chiamo Nissim Aladiem, questa è mia moglie Sara e poi c’è anche il mio piccolo Aron” – dice l’uomo con voce timorosa e prosegue – “noi…noi siamo ebrei e dovevamo prendere la nave da Kavaje per sfuggire alle barbarie che compiono nella nostra terra, ma abbiamo perso la nave e non conosciamo la vostra lingua, non conosciamo nessuno e un poliziotto del porto, non ricordo il suo nome, mi ha detto di venire da lei, perché lei parla il macedone e forse può capire … ”
Venite dentro, venite” sono le parole che il buon Rifat pronuncia abbassando la saracinesca della sua bottega e promettendo a quelle persone indifese che avrebbe trovato il modo di aiutarle.
La stessa forza d’animo nel reprimere la naturale paura per le conseguenze del suo atto d’amore lo sprona a trovare una sistemazione idonea e poco appariscente per la famiglia Aladiem.
Per i genitori trova rifuggio da alcuni parenti in paese ma tiene nella sua casa il loro bambino. Il piccolo Aron segue Rifat e sua moglie Fejzie come un figlio, nel negozio, mano nella mano per 6 mesi, mano nella mano mentre raggiungono il negozio, mano nella mano nelle strade di Tirana dove il piccolo affronta la tragica situazione serbanone un ricordo sereno.
Dopo 6 mesi giunge il momento per la famiglia Aladiem di tentare la fuga e raggiungere Israele, ma è d’obbligo non dare nell’occhio, sembrare la gente del posto, nascondere la loro fede e le loro usanze, un ultimo sforzo prima di poter raggiungere la libertà e ritrovare ancora il senso di una vita normale.
Forte è il dolore della separazione, gratitudine, affetto, nessuna delle emozioni provate nell’ istante dell’arrivederci, può essere descritta con parole, la si sente a pelle e un brivido attraversa perfino noi spettatori. Prima dell’ultimo abbraccio Nissim affida all’amico Rifat i Testi Sacri Ebraici per paura di venire perquisiti durante il loro percorso.
Questi testi devono essere passati da padre in figlio il giorno del suo matrimonio e il valore simbolico è indefinibile. Rifat promette di custodirli con cura e lo farà per il resto della sua vita, in attesa di poter mantenere la parola data all’amico.
Dopo il ‘45 in Albania si instaura la dittatura comunista ed il paese si isola sotto il feroce controllo del regime.
Pochissime sono le lettere che le due famiglie riescono a scambiarsi, Rifat sa solo che loro si sono stabiliti ad Israele e che stanno bene; nessuna confidenza e poche verità per non cadere vittima della censura del Partito. Gli anni passano, ormai Rifat è un uomo anziano e stanco ma sempre vivo nella sua memoria il ricordo della parola data a Nissim.
Ora però tocca al figlio Rexhep mantenere la promessa. La Besa si tramanda di padre in figlio come onere e onore. Per tanti, troppi anni Rifat non ha mai confidato a nessuno il suo segreto, non una parola al figlio che si ritrova ambasciatore della volontà del padre, incerto sulla riuscita ma convinto nel tenere fede alla parola data. Gli anni si susseguono.
Rexhep si sposa e ha un figlio, Ermal. Si ha la caduta del regime comunista in Albania e si instaura una instabile democrazia. Le frontiere si aprono e la realtà del paese si modifica ad ogni ora.
Nel fratempo Rexhep inizia i suoi tentativi alla ricerca di Aron Aladiem in internet ma si rivolge anche ad una associazione che custodisce documentazioni delle famiglie ebraiche in Albania. Per molti anni le sue iniziative non hanno esito ma il fato vuole che 3 o 4 anni fa si rechi a Tirana il fotografo americano Norman H. Gershman alla ricerca di informazioni sulle famiglie che hanno accolto e protetto centinaia di ebrei in fuga.
Norman viene subito indirizzato alla casa di Rexhep dove viene a conoscenza della stupefacente vicenda e tocca con mano i libri religiosi ottimamente conservati dalla famiglia Hoxha. Norman promette di aiutarli a realizzare il loro scopo.
Alcuni giorni dopo Rexhep richiama il figlio Ermal che si è trasferito in Italia per studiare architettura e gli chiede di accompagnarlo nel suo viaggio in Israele nell’intento di poter consegnare personalmente i Testi Sacri Ebraici ad Aron Aladiem.
La loro incredibile ed emozionante avventura è stata raccolta nel documentario “God’s House” girato in Bulgaria, Albania, Israele e Stati Uniti con racconti e filmati di straordinarie esperienze e testimonianze. Per sapere se i 3 libri sacri sono tornati al leggittimo proprietario non possiamo che aspettare impazienti la visione del documentario.
Esiste un elenco degli “Stati Giusti tra le Nazioni” e l’Albania ne fa parte grazie alle persone e a enti che durante la II Guerra Mondiale hanno salvato centinaia di Ebrei dall’Olocausto anche a rischio della propria vita. Molti documenti nascosti durante il regime comunista e riapparsi solo negli anni ’90, testimoniano questo profondo atto di umanità alimentato dalla Besa, codice morale della parola data e dal rispetto dei valori, dell’ospitalità e della difesa della vita umana minacciata e innocente.
Sono queste le ragioi che spingono ben 2000 Ebrei a raggiungere l’Albania durante la II Guerra Mondiale e a trovare un rifugio sicuro durante la loro fuga.
Un caloroso ringraziamento e Ermal Hoxha, Christine Brahmi Romero e Rachel Goslins
L’articolo è disponibile anche in lingua albanese
Pagina web: Besa, The Promise